XXII Domenica T.O. Anno B – 1 Settembre 2024
VANGELO
Dal Vangelo secondo Marco 7,1-23
I farisei ed alcuni maestri della legge venuti da Gerusalemme si radunarono attorno a Gesù. Essi notarono che alcuni dei discepoli mangiavano con mani impure, cioè senza averle lavate secondo l´uso religioso. I farisei e i maestri della legge, dunque, chiesero a Gesù: “Perché i tuoi discepoli non ubbidiscono alla tradizione religiosa dei nostri padri e mangiano con mani impure?” Gesù rispose loro: “Il profeta Isaia aveva ragione quando parlava di voi. Voi siete degli ipocriti, come è scritto sul suo libro: Questo popolo – dice il Signore – mi onora a parole, ma il suo cuore è molto lontano da me. Il modo in cui mi onorano non ha valore perché insegnano come dottrina di Dio, comandamenti che son fatti da uomini. ” Voi lasciate da parte i comandamenti di Dio per poter conservare la tradizione degli uomini”. Poi Gesù chiamò di nuovo la folla e disse: “Ascoltatemi tutti e cercate di capire! Niente di ciò che entra nell´uomo dall´esterno può farlo diventare impuro. Piuttosto, è ciò che esce dal cuore che può rendere impuro un uomo”. Infatti dall´intimo del cuore dell´uomo escono tutti i pensieri cattivi che portano al male: i peccati sessuali, i furti, gli assassini, i tradimenti tra marito e moglie, la voglia di avere le cose degli altri, le malizie, gli imbrogli, le oscenità, l´invidia, la maldicenza, la superbia, la stoltezza… Tutte queste cose cattive vengono fuori dall´uomo e lo fanno diventare impuro.
Gesù dovunque andava, incontrava le persone là dov’erano, con tutte le loro malattie, con le loro sofferenze e con i loro problemi quotidiani. Dovunque arrivava, nei villaggi, nelle città o nelle campagne, la gente gli portava i malati, gli presentava i propri diversi bisogni e lo pregava di essere aiutata. Ed egli non diceva mai di no! Se qualche volta, in un primo momento non interveniva, era soltanto per fare esprimere chiaramente davanti a tutti, la loro grande fede in Lui. Questo era il mondo di Gesú: dolore, sofferenza nella gente; amore, perdono, comprensione, guarigione, salvezza in Lui; gioia enorme nei guariti! Ora, davanti a queste tragedie umane, davanti a queste grandezze divine, davanti a queste azioni meravigliose di Gesú, la delegazione dei farisei e degli scribi, mandata dalle autoritá di Gerusalemme, che fa? Anziché gioire e lodare Gesú per quello che fa, lo provoca su delle piccolezze, su delle stupidaggini: mani lavate o no, questioni di posate a tavola, di stoviglie e di oggetti! Si capisce allora, come la risposta di Gesù sia secca, decisa e nello stesso tempo amareggiata: “Ipocriti! Voi avete il cuore lontano! Lontano da Dio e lontano dall’uomo”. Ecco, questa presa di posizione di Gesú vale per tutti, anche per i cristiani. Infatti, il grande pericolo per i cristiani di ogni generazione, quindi anche della nostra, è quello di vivere una fede fatta solo di pratiche esterne; di preghiere recitate solo con le labbra; di correre a destra e a sinistra, facendo migliaia di chilometri, per incontrare questo o quel carismatico. Il grande pericolo per tanti cristiani è quello di non vivere una fede fatta di perdono, di amore, di opere buone verso chi è nel bisogno. Il grande pericolo per i cristiani e per ogni uomo è quello di avere un cuore di pietra, un cuore indurito; è quello di avere la testa dura; è quello di avere il «cuore lontano» da Dio e dal prossimo. Questo è quello che Gesù teme di più. Per Gesù, il vero peccato è soprattutto quello di rifiutare di amare, rifiutare di perdonare, rifiutare comprendere, rifiutare di capire e di aiutare. Per Gesú, un rapporto solo esteriore e superficiale con Dio, fatto di gesti esterni, è un rapporto truccato, non vale niente. Per Gesú un rapporto vero, profondo, sincero, si deve esprimere con i fatti, con i gesti di solidarietá, di compassione, di misericordia verso ogni miseria e disperazione umana. Solo allora anche la pratica religiosa ha un valore. Gesù vuole una fede che parta dal proprio cuore e che arrivi al cuore dell’altro. È «dal cuore» dell’uomo che nasce il bene o il male, non da ció che è esterno all’uom, dice Gesú! Queste parole sono rivoluzionarie. Spesso pensiamo che il male provenga soprattutto da fuori: dai comportamenti degli altri, da chi pensa male di noi, da chi parla male di noi, da chi ci fa del male, dalla società. Quante volte noi diamo la colpa agli altri, per tutto quello che ci succede! È sempre colpa degli “altri”: è colpa della gente, colpa di chi governa, colpa della sfortuna, e così via. Sembra che i problemi arrivino sempre da fuori. E passiamo il tempo a distribuire colpe agli altri. Ma passare il tempo a dare colpa agli altri è perdere tempo. Si diventa arrabbiati, acidi e si tiene Dio lontano dal cuore. Come quelle persone del Vangelo, che si lamentano, si scandalizzano, fanno polemica con Gesú, anziché accoglierlo. Non si può essere veramente cristiani chi vive di lamentele: la lamentela avvelena la propria vita, porta se stessi alla rabbia, al risentimento e alla tristezza, la tristezza di un cuore, che chiude le porte a Dio. Non perdiamo tempo ad inquinare la nostra vita di lamentele. Se siamo sinceri con noi stessi, troveremo che noi, facciamo quasi tutto quello che critichiamo negli altri. E allora, è meglio chiedere a Dio di purificare il nostro cuore; allora sì che cominceremo a rendere più pulito e migliore il mondo che ci circonda. Sapete da dove si deve incominciare per purificarci? Il primo passo é quello di accusare sé stessi, davanti a Dio, dicono i santi. Lasciando a Dio il giudizio sugli altri. Proviamo a farlo, giá dall’inizio di questo nuovo anno pastorale. È una saggezza! Ci farà bene.