XXX Domenica T.O. Anno C

Dal Vangelo secondo Luca (18,9-14)

Gesú disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: “Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sará esaltato.

Gesú racconta questa parabola per farci capire quali sono le cose che hanno valore agli occhi di Dio. E quali sono le cose che hanno valore agi occhi di Dio? La cosa principale e piú importante che ha valore agli occhi di Dio è il giusto rapporto che noi dobbiamo avere con Lui. Da questo giusto rapporto deriva tutto il resto. E qual’è questo giusto rapporto da avere con Dio? 1) Un rapporto di umiltá: Dio è Dio, il Creatore dell’Universo e quindi il Creatore nostro; e noi siamo noi, cioè sue Creature: senza il suo atto d’amore creativo nei nostri riguardi, noi non saremmo esistiti. Quindi Lui è Tutto e noi siamo niente. Tutto ció che siamo e tutto ció che abbiamo, l’abbiamo ricevuto da Lui. Senza di Lui non possiamo fare niente. Essere umili, allora, significa riconoscere chi è Dio, riconoscere ciò che siamo noi, riconoscere, senz’altro, con la piú grande gratitudine, i doni ricevuti da Dio, riconoscere nella sua verità, sia il bene di cui Dio ci rende capaci, sia il male di cui noi siamo responsabili. Come il cane, l’asino e il bue riconoscono, ciascuno il proprio padrone, anche l’uomo deve riconoscere il suo Creatore. Chi non riconosce Dio, chi fa a meno di Dio, chi vive senza tener conto di Dio, chi addirittura vuole insegnare a Dio come si deve comportare, mostra di valere meno di un cane, meno di un asino, meno di un bue. 2) Avere un giusto rapporto con Dio, vuol dire avere anche un rapporto di obbedienza verso di Lui. Dio é il Legislatore delle leggi che regolano l’Universo. Dio è il Legislatore delle leggi naturali e morali, che regolano l’Umanitá. Come bisogna rispettare Dio, bisogna anche rispettare le sue leggi e ubbidire alle sue leggi, vivere secondo le sue leggi naturali e morali. Tutto l’universo rispetta le leggi naturali volute da Dio. Anche il concime è sottoposto alle leggi volute da Dio. Ebbene, come il concime e ogni altro essere materiale ubbidisce alle proprie leggi naturali, anche l’uomo deve rispettare e ubbidire alle leggi naturali e alle leggi morali volute da Dio. Chi non si sottomette alle leggi naturali e morali volute da Dio, mostra di valere meno di un concime, meno di ogni altro essere materiale. Ed è nella preghiera, dice Gesú, uno dei momenti in cui si vede chiaro qual è il rapporto dell’uomo con Dio. Quando preghiamo assomigliamo al fariseo o assomigliamo al pubblicano? E come prega il fariseo? Il fariseo è uno che mette al centro della preghiera se stesso. Io…, io…, io…, ed elenca tutte le opere buone che fa. In tal modo non esalta il Signore, ma se stesso, il proprio io; non ringrazia il Signore, ma se stesso, il proprio io; non loda il Signore, ma se stesso, il proprio io. E crede che per tutte queste opere buone che ha fatto, merita addirittura di essere ringraziato da Dio. E l’unica volta in cui questo fariseo ringrazia Dio è per sottolineare che lui non è come gli altri, per esempio, come quel tale che sta pregando in fondo alla chiesa. In realtá non sta nemmeno ringraziando Dio, ma sta ringraziando se stesso di non essere come l’altro e si sta mettendo, in tal modo, al posto di Dio, facendosi giudice. E se ne esce dalla chiesa con un peccato in piú, il peccato di presunzione, il peccato di superbia. E il pubblicano come prega? Il pubblicano prega come uno che è consapevole di essersi allontanato da Dio con le sue scelte sbagliate ed ora sa di essere troppo lontano da Dio. Riconosce con luciditá che si è lasciato ingannare dal male. Non si giustifica. E chiede pietá a Dio. Quest’uomo, quindi mette al centro della sua preghiera non se stesso, ma la pietá di Dio, la bontá di Dio, la sua misericordia di Dio. E se ne esce dalla chiesa perdonato. Gesú, certamente, non elogia la vita di peccato del pubblicano, così come non disprezza le opere buone fatte del fariseo, ma sottolinea il diverso rapporto che ciascuno di loro ha con Dio: il fariseo non si aspetta niente da Dio, non ha bisogno di nessun perdono, non ha bisogno della misericordia di Dio. E questo è superbia. È l’atteggiamento proprio di Satana. Il pubblicano, invece, si aspetta tutto da Dio, confida in Lui e si affida a Lui. E questo è l’atteggiamento proprio della persona umile. Per questo, conclude Gesú, chi si esalta sarà sempre, prima o poi, umiliato. Se non qui nell’altra vita. E chi si umilia sarà sempre esaltato, specie lassù nel Cielo, ove si vedono le azioni degli uomini nella loro vera verità. Stando cosí le cose, si puó dire che a Dio piace più l’umiltà, dopo che abbiamo peccato, che non la superbia, dopo che abbiamo fatto le opere buone.

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