I Novissimi – Paradiso
Corso Biblico 2017/2018
Nei Vangeli non si parla mai di paradiso. L’unica volta che dalla bocca di Gesù esce la parola paradiso non è durante un insegnamento in una sinagoga o nel Tempio o sui prati, ma quando Gesù è agonizzante, inchiodato ad una croce. Uno dei due criminali appesi con lui gli dice «…ricordati di me quando sarai nel tuo regno». Allora, a questo criminale agonizzante con lui sulla croce, Gesù non poteva mettersi a fare in quel momento a fare un lungo insegnamento e parla come l’uomo poteva capire. E gli dice «…oggi tu sarai con me in paradiso» (Lc 23,43) È l’unica volta nei Vangeli. Invece in tutto il NT, la parola “Paradiso” la troviamo soltanto 2 volte, una volta in S. Paolo; egli, parlando di se stesso, parla di uno che «…fu rapito al terzo cielo…, fu rapito in “Paradiso”» (2 Cor. 12,4). E la seconda volta nel libro dell’Apocalisse 2, 7, dove si parla del “Paradiso di Dio”, un luogo pieno della “gloria di Dio” (Apocalisse 21,11), e della presenza stessa di Dio (Apocalisse 22,5). Ma per quanto sia bella la descrizione del “Paradiso” da parte di Giovanni in tutto il libro dell’Apocalisse, la realtà del paradiso è al di là delle capacità umane di descrizione (1 Corinzi 2:9).
Il “Paradiso” viene descritto come un luogo del “non più”. Cioè, non ci saranno più lacrime, non ci sará piú dolore, non ci sará piú morte (Apocalisse 21:4), perché la morte sarà stata sconfitta (Apocalisse 20:6). La cosa migliore del paradiso sarà la presenza del nostro Signore e Salvatore (1 Giovanni 3,2). Saremo faccia a faccia con l’Agnello di Dio che ci ha amato e che ha sacrificato Sé stesso per noi per poter godere della Sua presenza per l’eternità.La parola „Paradiso“, è un termine preso dalle leggende dei popoli Iraniani e Babilonesi; il “Paradiso” cosí come lo intendevano i Persiani (gli Iraniani di oggi) e i Babilonesi (gli Iracheni di oggi) , peró, non corrisponde alla grandezza e alla pienezza del messaggio di Gesù.
IL PARADISO SECONDO GLI EBREI, NELL’ANTICO TESTAMENTO
Nel mondo della Bibbia, non esisteva l’aldilà, e il bene e il male venivano premiati o castigati su questa terra. Secondo quel modo di pensare, i buoni hanno una lunga vita, la moglie feconda e grandi ricchezze; i malvagi invece tutto il contrario.Ma nella vita pratica, invece, si vedeva che c’erano delle persone molto pie, molto brave, molto buone, che avevano una vita disgraziata, erano poveri, morivano giovani, a volte avevano delle mogli sterili; d’altra parte, peró, c’erano tanti mascalzoni, tanti corrotti, tanti ladri, tanti violenti e prepotenti che invece erano ricchi, vivevano a lungo e avevano molti figli. Quindi c’era qualcosa tra quelle idee e la vita pratica che non quadrava. In pratica il modo di pensare biblico non corrispondeva alla realtá. Per rimediare, l’autore del libro del Deuteronomio (circa 620 a.C.) dá la seguente spiegazione: Dio punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione. Quindi se tu sei una persona brava, una persona pia, una persona buona ma hai tante disgrazie nella tua vita, non è perché Dio ti castiga per le tue colpe, ma per le colpe che ha commesso tuo padre. Uno dice: ma mio padre era un santo, allora è stato tuo nonno, era santo pure lui, allora è stato il tuo bisnonno. Ma anche questa era una teoria campata in aria. Ha cercato di rimediare il profeta Ezechiele, (circa 50 anni dopo, verso il 570 a.C.).
Lui dice no, soltanto chi ha commesso il peccato ne sconta le conseguenze. Se c’è del male nella tua vita non è perché sconti il male di tuo padre o di tuo nonno. È il male che tu hai fatto e quindi ognuno è responsabile di se stesso. Ma anche questo non era poi così vero.
Ci fu un autore che visse verso il 450 a.C, che scrisse una bellissima, straordinaria e ancor oggi insuperata opera teatrale in cui all’uomo più buono, più santo, più pio di questo mondo, capitano tutte le disgrazie di questa terra. Questo testo è conosciuto come il libro di Giobbe. Giobbe naturalmente non è un personaggio reale, non è un personaggio storico, è un personaggio simbolico, simbolo di chi soffre innocentemente, creato in quest’opera teatrale. Ebbene, a quest’uomo, pio e santo, capitano tutte le disgrazie di questo mondo. Gli sono morti i figli, incendiati i campi, rubato il bestiame, lui è afflitto da una brutta malattia. Allora, dice lui, se il bene ed il male vengono compensati su questa terra, perché abbiamo persone buone che soffrono e malvagi che godono? Arriviamo al 160 circa a.C. Vedete come certe veritá di fede, teologiche, ci mettano secoli prima di affiorare. Ci fu una tremenda persecuzione a causa di un re, Antioco Epifane, che volle eliminare le tradizioni e la fede ebraica e sostituirle con la religione greca. Ci fu una terribile persecuzione e nella mente dei pensatori, ebrei giusti e fedeli alla legge di Mosé, cominciò a farsi strada l’idea di un ritorno alla vita soltanto per i giusti. Infatti nel libro di Daniele l’autore scrive «… molti di quelli che dormono nella polvere si desteranno, gli uni alla vita eterna (ed è la prima volta che nella Bibbia compare il termine vita eterna), gli altri alla vergogna eterna» (Dn 12,2) che non significa un castigo nell’aldilà, ma la sconfitta totale. Quindi nella Bibbia è qui che per la prima volta compare il termine che normalmente viene tradotto con vita eterna, che significa vita per sempre. Quando parliamo di vita eterna l’accento non è posto tanto sulla durata, ma sulla qualità. È una vita di una qualità tale, e lo vedremo poi nell’insegnamento di Gesù, che è indistruttibile e quindi eterna. Quindi la Bibbia ebraica finisce con questo messaggio: che i giusti, solo i giusti, ritorneranno nella vita. Poi ci sono dei libri che gli ebrei non hanno riconosciuti come ispirati, sono dei libri che considerano apocrifi, ma la Chiesa cattolica li riconosce come ispirati; sono libri che se voi prendete la Bibbia ebraica non li trovate. Li trovate soltanto nella Bibbia cattolica. Uno di questi libri è il libro dei Maccabei (circa 100 a.C.). L’idea della resurrezione si ritrova nel libro dei Maccabei perché c’era stata una grande persecuzione e il fior fiore della gioventù è morta martire. È possibile che questi martiri vadano a finire nel regno dei morti dove non esiste più niente? Per questi martiri c’è il ritorno alla vita. E questo è quello che si credeva ai tempi di Gesù.
I TEMPI DI GESÚ
Ai tempi di Gesú, si credeva che c’era una vita che iniziava, poi c’era la morte. Dopo la morte tutti temporaneamente finivano nel regno dei morti. Poi ci sarebbe stato un ultimo giorno, non si capiva bene quando, nel quale soltanto i martiri e i giusti sarebbero ritornati in vita. È la risurrezione dei corpi. Ognuno risorgeva esattamente con il proprio corpo, tant’è vero che i rabbini, nel Talmud, si chiedevano: uno che ha un difetto fisico, uno zoppo, quando risuscita, come risuscita, zoppo o con tutte e due le gambe? I rabbini rispondono zoppo, altrimenti non sarebbe riconosciuto. Quindi questa era la mentalità del mondo ebraico: la risurrezione era la rianimazione di quello che era stato cadavere. Nel brano del Vangelo (Mc 12, 12; Lc 20, 27) dove i sadducei che vanno da Gesù, l’evangelista dice che i sadducei non credono nella resurrezione. Chi sono i sadducei? I sadducei erano un partito composto dai sommi sacerdoti, coloro che detenevano il potere religioso e dagli anziani che detenevano il potere economico, persone che stavano tanto bene di qua che non avevano bisogno di un aldilà. Quindi queste idee di resurrezione vennero rifiutate dalle gerarchie dei tempi di Gesù. Allora, ai tempi di Gesù, l’idea di resurrezione è limitata ai martiri, ai giusti ed, è importante, solo nella terra di Israele. Fuori di Israele non c’è possibilità di resurrezione. Chi è abituato a leggere la Bibbia, vede che quando muore qualcuno dei patriarchi, essi desiderano, se muoiono all’estero, farsi portare le ossa in terra di Israele. Giuseppe, quando muore in Egitto, chiede che le sue ossa vengano riportate nella terra di Israele, perché si può risuscitare soltanto nella terra di Israele. Quando Gesù, poi, parla delle persone ambiziose, di coloro, cioè, che con la loro ambizione trascinano gli altri al male, dice: «.. è meglio che si metta loro una macina da mulino al collo e vengano gettate nel profondo del mare» perché, si credeva anche, che chi moriva annegato non resuscitasse. Allora Gesù dice che le persone ambiziose, che con la loro vanità sono motivo di scandalo per gli altri, non li vuole né su questa terra e neanche nell’aldilà. Gesù partirà dall’idea di resurrezione come era concepita nel suo tempo, ma ne cambierà profondamente e sostanzialmente il contenuto. Purtroppo noi abbiamo ancora le idee ebraiche della resurrezione e non quelle di Gesù.
LA DOTTRINA DI GESÙ
Intanto c’è da dire che Gesù, quando deve parlare agli ebrei, parla di resurrezione; quando parla ai pagani non parla mai di resurrezione. Gesù adopera due tipi di linguaggio: per gli ebrei adopera dei concetti che loro possono capire, ma cambiandone i contenuti; quando parla ai pagani non adopera mai termini ebraici, ma sempre termini che i pagani possono comprendere. Quindi quando parla ai pagani parla di “una vita capace di superare la morte”. Chi perde la propria vita per causa mia e del Vangelo la conserverà.
La grande novità che porta Gesù è che la vita eterna non è soltanto un premio futuro, per una buona condotta mantenuta nel presente, ma anche una realtà nel presente. Gli ebrei dicevano: comportati bene su questa terra che poi, dopo morto, Dio come premio ti darà la vita eterna. Gesù, invece, ogni qualvolta parla della vita eterna, non ne parla mai adoperando dei verbi al futuro, non dice credi e avrai la vita eterna, comportati bene e avrai la vita eterna, no; ma Gesù parla sempre con verbi al presente. Al contrario degli Ebrei, Gesú diceva: chi crede ha la vita eterna. Chi mangia il mio corpo e beve il mio sangue ha la vita eterna. Gesù porta questa straordinaria novità: la vita eterna comincia con quella qualità di vita, di pienezza di vita, che la morte non può scalfire. Gesù dice: perché aspettare dopo la morte per averla? Voi qui e adesso potete giá avere la pienezza di vita che è quella eterna. Per cui i cristiani non credono che avranno soltanto nel futuro la vita eterna: devono cominciare ad averla anche quaggiú, durante questa vita: o ce l’hanno già e continuerá dopo la morte, o non ce l’avranno più. Ecco perché c’è qualcosa di interessante nelle lettere di Paolo, qualcosa che a noi può sembrare incomprensibile. I primi cristiani non credevano che sarebbero resuscitati soltanto dopo la morte, ma credevano già di vivere, una volta battezzati, la condizione dei resuscitati. Paolo in una sua lettera dice: «noi che siamo già resuscitati». E allora, l’attesa del cristiano non è soltanto quella di andare in cielo: giá qui dobbiamo essere nei cieli (“i cieli” significa la sfera di Dio); se non lo siamo giá da qui, noi non ci andremo mai. Gesù parla della vita eterna anche come di una vita di una qualità tale che quando essa si incontra con il fatto della morte è capace di scavalcarla. Nel cap. 8 del Vangelo di Giovanni Gesù dice «se uno pratica la mia Parola non vedrà mai la morte». Ma che cosa significa questo, di non vedere la morte, dal momento che la morte è un’esperienza che capita a tutti quanti? Nei Vangeli e nel NT si parla di due morti:
si parla anche della morte seconda. Qual è questa morte seconda?
Nel Vangelo di Matteo e poi anche nell’Apocalisse troviamo il concetto delle due morti. Gesù dice «non temete chi vi può uccidere il corpo, ma non può fare nulla alla vostra vita, temete piuttosto colui che può far morire sia la vita, sia il corpo, nella Geenna» (Mt 10,28). Che cosa vuol dire Gesù? Gesù sta parlando della persecuzione che incontreranno i suoi discepoli. L’adesione a Gesù comporterà inevitabilmente la persecuzione e con la persecuzione forse pure la morte, la morte fisica. Ma la morte fisica non puó danneggiare la persona. Altrove, Gesú dice di stare attenti a non dare l’adesione al dio di questo mondo, cioè a mammona. Mammona era il dio dell’interesse, il dio del profitto, il dio del denaro: oggi lo chiameremmo il mercato, tutte cose di cui la societá va entusiasta. L’adesione ai valori della società porta alla distruzione totale della persona, ci dice Gesú. Quindi, aderendo a Satana, cioè a colui che governa sulla societá, non muore soltanto il corpo, ma muore anche la persona. Nell’Apocalisse si parla di morte seconda. Ma che significa? Quante volte si muore? La nostra vita biologica, il corpo, così ci intendiamo tutti, ha un inizio, una crescita e poi, dispiace a tutti, ma inesorabilmente inizia la fase irreversibile del declino. La vita fisica a un certo momento raggiunge la pienezza e poi c’è il declino fino al patatrac. C’è la dissoluzione della parte biologica della persona, ma non la persona. Quindi noi nasciamo con un corpo, questo corpo raggiunge il massimo delle sue capacità espressive e poi inizia una fase di declino che porta al disfacimento della parte biologica. Sapete che ogni giorno ci muoiono milioni di cellule, ce ne accorgiamo a distanza di tempo e poi viene il momento in cui tutte queste cellule muoiono. Durante questa vita, peró, insieme alla parte biologica, cresce anche lo spirito, la maturità della persona; con gli anni cresce la spiritualità della persona; ad un certo momento, peró, c’è un divorzio tra le due curve di crescita fino ad allora parallele. Mentre la parte biologica, il corpo, comincia a declinare per andare verso il disfacimento totale, la parte spirituale dell’individuo, cioè l’individuo stesso, continua la sua esistenza in un crescendo senza fine. S. Paolo dice in una delle sue lettere che se anche il corpo va in disfacimento, l’io interiore, la persona, si rinnova di giorno in giorno. La Chiesa, in un bellissimo testo, il prefazio della messa dei defunti, lo ha compreso molto bene con una immagine: la vita della persona non viene tolta ma trasformata. È la vita della persona stessa che continua, ma una vita trasformata ed arricchita dal patrimonio di bene che l’individuo porta con sé. La morte fisica non ha l’ultima parola sulla vita del credente, la morte non è una sconfitta, ma è l’entrare nel riposo, nell’”eterno riposo”. Ma questo “eterno riposo” non significa non far niente per sempre. Entrare nel riposo, nel mondo biblico, non significa cessare l’attività, ma significa aver parte della condizione divina. Alle volte ci chiediamo: ma che fanno i nostri cari? I nostri morti cosa fanno? Continuano con il Creatore a creare il mondo perché il mondo per Gesù non è finito. Quando a Gesù rimproverano che non osserva il sabato, dice: «il Padre mio lavora e anch’io lavoro».
ESISTENZA DEL PARADISO
Esiste davvero il Paradiso? Sì, con certezza assoluta, perché ce lo afferma non solo la parola infallibile di Dio, nella Bibbia, ma anche ce lo conferma la nostra ragione. Il Paradiso è un’eterna misteriosa sorpresa. Dice S. Agostino che se non ci esistesse il Paradiso l’intera vita di Gesù non avrebbe alcun senso, perché tutta la sua esistenza terrena, il suo insegnamento, la sua passione e morte e la sua resurrezione non ebbero altro scopo che liberarci dal maligno e dal peccato e riacquistarci il Paradiso.
Lo dice la Bibbia
Quasi a ogni pagina del Vangelo, Gesù ci parla del «Cielo,,, di «vita eterna», di «regno dei cieli», di «corona di gloria», di «banchetto nuziale», ecc., tutte espressioni che indicano il Paradiso. Qualche citazione:
1) (Mat. 20,1-7). Gesù, per incoraggiare tutti ad andare in Paradiso, narrò la parabola degli operai. Un padrone uscì di buon mattino in cerca di operai per la sua vigna. Trovatili, stabilí con loro la paga del giorno. Uscì di nuovo all’ora terza (ore 9), poi all’ora sesta (ore 12), e poi all’ora nona (ore 15) e trovati degli uomini sfaccendati li mandò a lavorare nella sua vigna. Verso il tramonto, un’ora prima cioè che finisse il lavoro, mandò ancora altri operai alla sua vigna. Alla fine della giornata tutti ricevettero la paga.
Questa parabola significa che il Paradiso non è riservato solo a coloro che si rimettono sulla buona strada nella gioventù, o nella maturità, o nella vecchiaia, ma anche a coloro che, negli ultimi momenti della loro vita, si pentono del male fatto e ritornano a Dio, come accadde al ladrone pentito, allorché Gesù, dall’alto della croce, gli disse (Lc. 23,43): Oggi sarai con me in Paradiso.
2) Gesù, parlando del Giudizio Universale alla fine del mondo, dice (Mat. 25,3 1-46): «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi Angeli, si siederà sul trono della sua gloria con tutti i suoi Angeli, e saranno riunite davanti a Lui tutte le genti ed Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il Re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo, poi dirà a quelli posti alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno preparato per il diavolo e per i suoi angeli… E se ne andranno, questi al supplizio e i giusti alla vita eterna.
Una bella testimonianza del Santo Curato d’Ars. Un pomeriggio domenicale, una persona di mondo entrò nella canonica del parroco d’Ars, attratta da quello che si diceva intorno all’austerità di quell’umile prete, alla generosità con cui donava tutto per vivere poi egli stesso in una povertà estrema, allo zelo con cui si prodigava di giorno e di notte per la salvezza delle anime. «Signor Curato, — disse quella persona — crede proprio a tutto quanto dice il Vangelo?» — Sì, a tutto —. «Ma è proprio sicuro che dopo la morte ci sarà il Paradiso?». — Sicurissimo —. «Proprio sicuro, come dopo quest’oggi che è domenica verrà il lunedì?». — No, molto più sicuro —. «Proprio sicuro come il sole che è tramontato adesso, sorgerà domani mattina?».— No. Molto più sicuro. Poiché può darsi che venga una domenica, dopo la quale non ci sia più il lunedì; un tramonto dopo il quale non ci sia più aurora, un inverno dopo il quale non ci sia più primavera, ma non può darsi assolutamente che le parole di Cristo non si avverino—. «Quali parole?». — Queste: Io sono la Resurrezione e la Vita: chi crede in me, anche se fosse morto, vivrà. Io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
Quella persona partì commossa e persuasa d’aver capito il segreto di quella grande santità. Soltanto una convinzione e una fede così profonda poteva darli la forza di vivere come viveva.
Lo dice la nostra ragione
Per essere certi dell’esistenza del Paradiso basta la parola infallibile di Dio, però anche la nostra ragione ce lo conferma.
Ora noi vediamo che ad ogni istinto, corrisponde l’oggetto adeguato; per esempio: si avverte la fame e c’è il cibo; si avverte la sete e c’è l’acqua; si hanno gli occhi e c’è la luce; si hanno le orecchie e c’è il suono; l’intelligenza tende al vero e c’è la verità; il cuore umano tende ad amare e c’è l’oggetto del suo amore. Anche l’animale trova l’oggetto del suo istinto che lo soddisfa. Ora tra tutti gli istinti dell’uomo, il più irresistibile e insopprimibile è la sete di felicità perfetta e duratura. Tutti cercano la felicità e dovunque: nel piacere, nell’amore, nella ricchezza, nella gloria, nella soddisfazione dell’amor proprio. Però l’esperienza ci fa toccare con mano che tutte queste cose non ci danno affatto la sospirata felicità. Nessuno è felice su questa terra. Si hanno momenti di piacere e di gioia, misti quasi sempre a qualche amarezza. Quando abbiamo conseguito l’oggetto dei nostri desideri, il nostro spirito resta insoddisfatto perché noi siamo stati creati per la felicità vera, totale ed eterna. Nessuna creatura limitata può soddisfare il bisogno illimitato di felicità dell’uomo. Di conseguenza se nell’uomo c’è l’istinto, l’esigenza della felicità assoluta e perfetta, questa necessariamente deve esistere, altrimenti noi ci troveremmo nell’assurdo che mentre la natura, creata da Dio, non inganna gli esseri irrazionali nei loro istinti, ingannerebbe invece soltanto l’uomo, il re del creato, fatto da Dio a sua immagine e somiglianza! Dio è infinitamente Giusto e Santo, ma che giustizia e santità sarebbe la sua se avesse trattato l’uomo, la più perfetta delle sue creature visibili, peggio di tutte le altre creature inferiori? Inoltre Dio è infinitamente Giusto e quindi deve premiare coloro che osservano i suoi Comandamenti e punire coloro che li trasgrediscono. Ora noi constatiamo che su questa terra non c’è giustizia, infatti il giusto, pur mantenendosi fedele a Dio, soffre molto per i tanti arbitrii, persecuzioni, tribolazioni, ingiustizie da parte dei malvagi, i quali, al contrario, vengono esaltati e prosperano per le loro ingiustizie. Ma allora nel governo di questo mondo non c’è giustizia? Si dovrebbe dire di no, se tutto terminasse con la vita presente, se non ci fosse un’altra vita nella quale l’uomo riceverà il premio (cioè il Paradiso) o il castigo (e cioè l’Inferno) che ha meritato perciò ci dovrà essere necessariamente una vita futura di infelicità eterna per i giusti, e di infelicità eterna per i cattivi, altrimenti Dio mancherebbe di giustizia, e quindi non sarebbe più Dio.
IL PARADISO È UN POSTO?
In Giovanni 14:2,3 (NR), c’è scritto che Gesú disse: “Nella casa del Padre mio ci son molte dimore; se no, vi avrei detto forse che io vado a prepararvi un posto? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi.”
Il paradiso, poi, è al di là della nostra comprensione. Nella 1 Corinzi 2:9 (NR), S. Paolo dice: ‘Le cose che occhio non vide, e che orecchio non udì, e che mai salirono nel cuore dell’uomo, sono quelle che Dio ha preparate per coloro che lo amano.”
Infine, nel paradiso Dio vivrà con il Suo popolo e la morte, il pianto e il dolore finiranno. Ecco cosa dice l’Apocalisse 21:3.4 (NR): “Udii una gran voce dal trono, che diceva: ‘Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro e sarà loro Dio. Egli asciugherà ogni lagrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte; né il lutto, né la sofferenzao, né il dolore, perché le cose di prima sono passate.”
L’apostolo Giovanni descrive in qualche modo la città di Dio che gli apparve in una visione (Apocalisse 21, 10-27) e parla di “nuovi cieli e nuova terra” in cui tutto sarebbe stato pieno della presenza stessa e della gloria di Dio (Apocalisse 21, 11) e dove quindi non ci sarebbe più stato né il sole né la luna né la notte ma una luce eterna quale quella di Dio (Apocalisse 22, 5). Il paradiso, dunque, secondo quanto chiaramente si legge in questi testi, non è nulla di puramente simbolico, nulla di vagamente spirituale, ma una nuova e concreta realtà fisica, dotata di un nuovo “spazio” e di una “temporalità” e di nuove leggi psicologiche e biologiche potenziate o integrate (o, al limite, semplificate) rispetto a quelle terrene. Dopo gli ultimi tempi, quelli che precederanno e preannunceranno la fine del mondo, i cieli e la terra attuali si dissolveranno per essere sostituiti dai nuovi cieli e dalla nuova terra sotto i quali e sulla quale abiterà la nuova e rigenerata umanità tra le mura della nuova Gerusalemme, la città di Dio, una città senza confini e solo delimitata da mura funzionali a tenerla separata dalla città del diavolo o inferno in cui saranno precipitati i dannati. Questa città, come scrive l’apostolo Giovanni, sarà proprio un luogo fisico ben preciso in cui dimoreranno i corpi fisici glorificati, a cominciare da quello di nostro Signore Gesù Cristo e di sua Madre Maria, di tutti coloro che riceveranno in premio la vita eterna. Si deve poi precisare che tutti in cielo saranno felici ma ognuno lo sarà in modo e in grado diversi, a seconda dei meriti che a ciascuno Dio vorrà riconoscere in base alle opere compiute sulla terra. E’ importante peró chiarire che, il paradiso cristiano non è un paradiso “materialistico” come quello islamico e musulmano
DOVE SI TROVA IL PARADISO?
Provata l’esistenza del Paradiso, sorge spontanea la domanda: dove si trova?
Il primo a farsi questa domanda fu il grande Vescovo di Cesarea, San Basilio, morto nel 379. La sua risposta si limita a dire che esso si trova al di fuori del nostro mondo.
La Sacra Scrittura ci dice poco al riguardo:
1) Giov. 3,13: «Gesù disse a Nicodemo: Nessuno è mai salito al Cielo, fuorché il Figlio dell’uomo (cioè Gesù) che è disceso dal Cielo».
2) Luca 50,51: «Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il Cielo».
3) Atti degli Apostoli 1,9: «Detto questo fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché stavano fissando il cielo mentre egli saliva, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù che è stato tra voi assunto fino al Cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto salire al Cielo».
4) Ef. 4,8-10: «Per questo sta scritto: Ascendendo in Cielo ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini. Ma che significa la parola “ascese“ se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che di scese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli».
La Chiesa non ha definito espressamente che il Paradiso sia una località determinata, però la sua convinzione che si tratti di un luogo reale, fisico, determinato, appare chiaro dalla professione del Credo o Simbolo Apostolico. Ebbene il Credo afferma: «Gesù il terzo giorno risuscitò da morte; salì al Cielo, siede alla destra di Dio Padre Onnipotente; di là verrà a giudicare i vivi e i morti».
San Tommaso d’Aquino spiega il motivo per cui il Paradiso deve essere anche un luogo: «Dal momento che Dio ha destinato i Beati a una duplice gloria, spirituale (per l’anima) e corporale (per il corpo), è logico che sia riservato ad essi un soggiorno particolare, speciale, glorioso».
Il grande Teologo Suarez, assieme a molti altri, è del parere che il Paradiso sia una parte del creato, posta già nello stato di glorificazione, alla quale perverranno, dopo il giudizio universale, le altre parti dell’universo.
Certamente Dio è dappertutto, ma non è dappertutto alla stessa maniera, nel senso che non appare e non esplica dappertutto la stessa attività. Il luogo, che la Sacra Scrittura chiama il suo “tempio”, il suo “santuario”, è dove Egli opera in modo più divino, più splendido; là si esplicano meglio le sue perfezioni, meglio si mostra la sua divinità, meglio si effonde il suo amore. In questo luogo soggiornano gli Angeli, i Beati, l’Umanità di Gesù Cristo, della Santissima Vergine. Le bellezze, le perfezioni, le meraviglie del Paradiso attuale, quando alla fine dei tempi il cosmo sarà rinnovato, saranno estese dall’onnipotenza divina a tutto l’universo, il quale è destinato a diventare per tutta l’eternità l’ambiente reale del Paradiso. Il numero sterminato delle stelle, rinnovate e abbellite dalla onnipotenza divina, saranno, come afferma San Tommaso d’Aquino, l’eterna abitazione dei figli di Dio.
IL PARADISO NELL’ISLAM
Nell’islam, il paradiso é un paradiso sensuale dove gli uomini credenti sono premiati avendo in sposa, vergini con dei seni “cresciuti”, “gonfi” o “a forma di pera”. Esse saranno delle vergini talmente belle, pure e trasparenti che “i credenti le possederanno e godranno di loro”. Al contrario, le donne avranno un solo uomo, e “saranno soddisfatte con lui”.
Le vergini avranno occhi larghi e belli. Saranno senza peli a parte le sopracciglia e i capelli.
Le vergini saranno voluttuose, saranno illibate, con gli imeni intatti, vergini, con vagine appetitose. Splendide, pure, senza mestruazioni, non urinano, non defecano e non partoriscono, mai insoddisfatte, canteranno lodi. Ogni uomo (musulmano) ammesso in paradiso sarà dato come marito a 72 mogli vergini, tutte con organi sessuali piacevoli. Il premio più piccolo per le persone del paradiso è una casa con 72 vergini. Ogni volta che l’uomo dormirá con una moglie paradisiaca la scoprirá vergine. Inoltre, il pene dell’eletto non diminuirá mai. L’erezione sará eterna; la sensazione che proverá ogni volta che fará l’amore sará assolutamente deliziosa e fuori da questo mondo e se la sperimentasse in questo mondo svenirebbe. Ogni uomo mangerà e berrà in paradiso!” A tutti loro sarà data la forza di cento uomini nel mangiare, nel bere, nel coito e nel piacere.”
Le vergini saranno solo per gli uomini e non per le donne.
Nel Corano non c’è nemmeno un accenno ad un verso del tipo “le donne avranno degli uomini vergini come premio”. Le vergini sono date all’uomo soltanto a scopo sessuale. Certo il Corano non dice esplicitamente che sono a scopo sessuale, ma le altre fonti islamiche lo dicono. Un insegnamento dice “Al credente sarà data tanta e tale forza in paradiso per fare sesso in continuazione”. Altre fonti affermano che “il pene degli eletti non si rilassa mai” e che gli uomini in paradiso avranno la forza sessuale di 100 uomini.
TESTI SACRI ISLAMICI
Allah dice: << Ho preparato per i miei servi sinceri, [un posto] che mai nessun occhio ha veduto e del quale nessun orecchio ha mai udito, e nessuno ha mai potuto immaginare>>.
Nessuno conosce la gioia degli occhi che li attende, ricompensa per quello che avranno fatto” (Santo Corano, 32,17).
Venne chiesto al Messaggero di “Le donne terrestri saranno migliori delle spose del Paradiso?”, ed egli rispose: “Certamente, le donne terrestri saranno preferibili alle spose paradisiache. Gli venne chiesto allora: “E perché?”, ed egli rispose: “Per la loro preghiera, il loro digiuno e la loro adorazione di Allah. Allah concederà loro una luce sui visi, le vestirà di pura seta, i cui colori si accorderanno perfettamente con il verde dei loro abiti e il giallo dei loro ornamenti d’oro. Canteranno con una voce più sublime di quella delle cantanti. Diranno: “Siamo le eterne, siamo le più felici, siamo per sempre giovani, soddisfatte continuamente. Favoriti saranno i nostri mariti che ci ritroveranno”.”
Il Messaggero di Allah disse: “Voi conoscete le vostre mogli e le vostre case. In Paradiso sarà esattamente la stessa cosa che sulla terra. L’uomo entrerà nei suoi palazzi, in cui troverà settantadue spose paradisiache, che Allah ha creato per lui, e due donne terrestri. Queste ultime saranno favorite rispetto alle spose paradisiache, grazie alla loro adorazione di Allah nella vita di quaggiù. Il congiunto entrerà presso una di loro in un salone di smeraldi, ella si troverà su un letto d’oro ornato di perle. Una volta insieme, non si lasceranno mai più. Dopo ogni relazione sessuale, ella ritornerá ad essere vergine. Durante i loro giochi amorosi non vi sarà né sperma né secrezione femminile. Una voce risuonerà: “Sappiamo che non vi volete lasciare, ma non dimenticare che hai altre mogli”. Egli farà un giro presso tutte loro, una per una. Ogni volta che si presenterà presso una di esse, ella gli dirà: “Per Allah, in Paradiso non vi è nulla meglio di te. In Paradiso non vi è cosa migliore di te”.
”In Paradiso ci sono fanciulle pure, vergini, dagli occhi scuri, create di nuovo in modo perfetto, le quali hanno occhi solo per il loro sposo. Ci sono settantadue mogli per ciascun credente che è ammesso in Paradiso.
“La ricompensa minima degli abitanti del Paradiso è una dimora con ottantamila servi e settantadue mogli, tutte vergini che nessuno ha mai toccate prima’”.
“La donna che si sposi due, tre o quattro volte, con diversi mariti, quando morirà, se si ritroverà in Paradiso così come (tutti) i suoi
mariti, a quale di essi rimarrà sposata?”.
Il Profeta Muhammad le rispose: “Ella avrà il privilegio di scegliere tra loro colui il cui carattere morale fu migliore. Dirà: “Oh Dio mio! Costui fu di una condotta irreprensibile verso di me! Lo prendo come sposo”.
COME SARÁ IL PARADISO (secondo l’Islam)
Vi sarà ogni cosa da cui l’uomo trae piacere, e anche di più. Ovunque ci sono benedizioni. Essendo morti una volta, i giusti, cioè i mussulmani, non moriranno più. Non si avvertirà fatica o stanchezza.
La felicità sarà illimitata. La vita è molto piacevole. Non c’è tristezza o paura. Gli abitanti del paradiso saranno trattati con tutti gli onori.
Ci sono fanciulle pure, vergini, dagli occhi scuri, create di nuovo in modo perfetto, le quali hanno occhi solo per il loro sposo.
Ci sono saloni dagli alti soffitti e splendide dimore. Non si è disturbati dal freddo o dal caldo. C’è un’ombra fresca ed eterna. I giardini sono bagnati da fiumi. Ci sono fiumi d’acqua e fiumi di latte. Ci sono divani intessuti, elevati e sontuosi. Ci sono cuscini disposti in ordine e splendidi tappeti distesi. Di ogni cosa c’è abbondanza. Le benedizioni in esso sono infinite. Ci sono dolci frutti a portata di mano. Ci sono fonti di acqua pura. Ci sono varie bellezze e benedizioni. Ci sono dei giovani puri che servono gli abitanti dei giardini. Ci sono delle giovani senza età come perle sparse. Ci sono abiti di fine seta e prezioso broccato, ornati d’oro, d’argento e di perle. Cibi e bevande sono serviti su vassoi e in coppe d’oro e d’argento. Il gusto del cibo, là, è simile a quello del cibo del mondo. Nessuno entrato in paradiso desidererà fare ritorno a questo mondo per quanto ricco sia stato; la sola eccezione è il martire egli bramerà ritornare a questo mondo per essere ucciso altri dieci volte perchè sa quali onori lo attendono.
CONCLUSIONE
Gesú non è dello stesso parere di Maometto. Per Gesú il paradiso non è “sensuale” e nel paradiso c’è amore, tanto amore, ma non “sesso”. Leggete questo episodio:
I sadducei (un partito politico-religioso-economico, che governava in Israele ai tempi di Gesú) dicevano che nessuno può risorgere dopo la morte. Alcuni di loro si fecero avanti e domandarono a Gesù: Maestro, Mosè ci ha lasciato questo comandamento scritto: Se uno muore e lascia la moglie senza figli, suo fratello deve sposare la vedova e cercare di avere dei figli per quello che è morto. Dunque: c’erano una volta sette fratelli. Il primo si sposò e morì senza lasciare figli. Anche il secondo e il terzo sposarono quella vedova senza avere figli, e così via tutti e sette: tutti morirono senza lasciare figli. Poi morì anche quella donna. Ora, nel giorno della risurrezione, di chi sarà moglie quella donna? Perché tutti e sette i fratelli l’hanno avuta come moglie.
Gesù rispose loro: “Solo in questa vita gli uomini e le donne sposano e sono sposati. Ma quelli che risorgeranno dai morti e saranno giudicati degni della vita futura non prenderanno più né moglie né marito…,perché sono uguali agli angeli” (Lc. 20, 27-36).
IL PARADISO:
RIVELAZIONI PRIVATE
1° FEBBRAIO 1987: RIVELAZIONE DELLA MADONNA A
ROSARIO TOSCANO, VEGGENTE DI BELPASSO
« In alto, nel cielo, sopra la testa della Madonna vidi tante anime, tutte vestite di bianco e splendenti; i loro volti emanavano luce ed erano gioiosi. Tutti cantavano la lode e la gloria a Dio. Sopra queste liete anime vi era un’immensa luce, che cadeva su di loro e si rifletteva tra loro. Quella era la luce di Dio. Tutto poi svanì.
La Madonna disse: “Sono le anime del Paradiso; sono coloro che hanno realmente meritato la vista del Signore. Purtroppo poche anime vanno direttamente in Paradiso. Tutti saranno giudicati da Dio, giustizia infinita. Quando reciterete il Rosario, dopo ogni decina aggiungete queste parole: O Signore Dio, che per mezzo dello Spirito Santo diffondete il vostro santo amore sulla terra, abbreviateci il dolore al purgatorio e rendeteci sempre più degni della vista del paradiso. O Gesù mio, perdonate le nostre colpe, preservateci dal fuoco dell’inferno, portate in cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della vostra misericordia” ».
30 OTTOBRE 1996,
MESSAGGIO DI GESÙ A CATALINA RIVAS, BOLIVIA
“…Nel Cielo, una è la Volontà che dirige e sazia tutti gli spiriti beati, i quali, per amore libero e puro, vogliono solamente ciò che fa piacere a Me, e questo perché il loro volere coincide esattamente col Mio: nessuna divergenza, ma al contrario perfetta e pacifica armonia di voleri. Essi conoscono ciò che Io voglio perché Io glielo manifesto e liberamente ma ardentemente essi si dedicano a compiere ciò che Mi fa piacere. Poiché Io sono l’amore che essi amano, Io sono colui nel quale hanno dissolto le loro facoltà e sé stessi interamente. Pertanto non si può dire che ci siano molte volontà, sebbene concordanti, ma una sola Volontà perché l’amore è uno. Ora pensate a queste cose e riflettete sul fatto che potreste essere come i beati, o altrimenti, come i dannati. Per essere beato è necessario camminare per la strada della sottomissione; per essere dannati bisogna percorrere il cammino dell’indipendenza assoluta, vale a dire, della ribellione...”.
“Nel Cielo con c’è morte né paura di morire; non c’è dolore né malattia, né povertà, né caldo. C’è solo un giorno eterno sempre sereno, una primavera perennemente fiorita e deliziosa perché tutti si amano teneramente e ciascuno gioisce del bene dell’altro come se fosse il suo. Nel Cielo non c’è timore di perdersi, perché l’anima, confermata nella grazia divina, non può né peccare né perdersi. Là si trova tutto quanto si possa desiderare, figli Miei… Tutto è nuovo: le bellezze, le gioie, tutto sazierà i vostri desideri. Sarà saziata la vista vedendo quella città così magnifica, così bella. Vedrete che la bellezza dei sui abitanti dà un nuovo rilievo alla bellezza della città perché tutti vestono come re, sono re. Che piacere avrete nel vedere Mia Madre che si lascia contemplare, più bella di tutti! Sentirla cantare lodando il Suo Dio! Tutte queste sono le felicità minori che ci sono nel Cielo. La vostra delizia principale sarà di vederci viso a viso. Il premio che vi viene promesso non è solo la bellezza, l’armonia, e gli altri beni, ma sono Io stesso che Mi faccio vedere dai beati. Così le gioie dello spirito superano le gioie dei sensi. Amarmi in questa vita non è una cosa dolce? Immagina quanta dolcezza produrrà il godere di Me. Quanta dolcezza sperimenta un’anima alla quale nella preghiera Mio Padre manifesta la Sua bontà, la Sua Misericordia e specialmente l’amore che vi dimostrai nella Mia Passione. Che succederà allora, quando vi leverete questo velo e potrete vederci viso a viso? Contemplerete tutta la Nostra bellezza, la Nostra potenza, la Nostra perfezione, tutto l’amore che abbiamo per voi”.
13 FEBBRAIO 1976, MESSAGGIO DELLE ANIME DEL PARADISO A MONS. OTTAVIO MICHELINI
“…Il Paradiso è cosa così grande che voi viandanti sulla terra non potete capire. In Paradiso non vi è possibilità né di crescita né di diminuzione della propria felicità che non consiste, come voi siete tentati di pensare, in una pur felice ma immobile situazione di contemplazione di Dio e di tutte le bellezze dell’Universo che in Lui si riflettono. In Paradiso la vita non è immobilità stagnante, anche se soprannaturalmente meravigliosa. In Paradiso la felicità si rinnova in quell’istante, senza passato e senza futuro, che si chiama eternità, e che è sempre infinitamente nuovo…”.
ECCO COME VICKA (MEDJUGORIE) DESCRIVE IL PARADISO
“C’è una porta di legno…Grande… Era chiusa, ma la Madonna l’ha aperta e noi vi siamo entrati… A destra della porta c’era S. Pietro… Ho capito subito che era lui. Con una chiave, piuttosto piccolo, con la barba, un po’ tarchiato, con i capelli. E’ rimasto uguale… Appena entrati, siamo andati avanti, camminando, forse tre, quattro metri. Non abbiamo visitato tutto il Paradiso, ma la Madonna ce lo ha spiegato. Abbiamo visto un grande spazio avvolto da una luce che non esiste qui sulla terra. Abbiamo visto le persone che sono né grasse, né magre, ma tutte uguali e hanno vesti di tre colori: il grigio, il giallo e il rosso. Le persone camminano, cantano, pregano. Ci sono anche dei piccoli Angeli che volano“. Vicka aggiunge che gli angeli sono come dei piccoli bambini, indossano delle tuniche corte e hanno le ali “e volano al di sopra delle persone che sono in Paradiso”. Anche le persone indossavano delle tuniche: “Erano lunghe e arrivavano fino in fondo… erano di color grigio, giallo e rosso… in quel momento [la Madonna] non ci ha spiegato perché hanno le tuniche di tre diversi colori…”. “La Madonna ci ha detto: «Guardate quanto sono felici e contente le persone che si rovano qui in Paradiso». E’ una gioia che non si può descrivere e che qui sulla terra non esiste“.
LA VISIONE DEL PARADISO
DI SANTA FAUSTINA
“Oggi in spirito sono stata in paradiso e ho visto l’inconcepibile bellezza e felicità che ci attende dopo la morte. Ho visto come tutte le creature rendono, senza stancarsi mai, onore e gloria a Dio. Ho visto quanto è grande la felicità in Dio, che si riversa su tutte le creature, rendendole felici. Poi ogni gloria ed onore che ha reso felici le creature, ritorna alla sorgente, ed esse entrano nella profondità di Dio, contemplano la vita interiore di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, che non riusciranno mai né a capire né a sviscerare. Questa sorgente di felicità non cambia mai, ma nello stesso tempo è sempre nuova e scaturisce per la beatitudine di tutte le creature. Comprendo ora San Paolo che ha detto:” Occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò nel cuore d’uomo ciò che Dio prepara per coloro che Lo amano”. E Dio mi fece conoscere la sola ed unica cosa che ai Suoi occhi ha un valore infinito e questa è l’amore di Dio, l’amore, l’amore ed ancora una volta l’amore. E nulla è paragonabile ad un solo atto di puro amore di Dio. Oh, quali ineffabili favori concede Iddio ad un’anima che Lo ama sinceramente! Oh, felici quelle anime che già qui su questa terra godono dei Suoi particolari favori! Ed esse sono le anime piccole ed umili. Grande è la Maestà di Dio, che ho conosciuto più a fondo, che gli spiriti celesti adorano secondo il grado della loro grazia e la gerarchia in cui si dividono. La mia anima quando ha visto la potenza e la grandezza di
Dio non è stata colpita dallo spavento né dal timore; no, no, assolutamente no! La mia anima è stata riempita di serenità e d’amore e più conosco la grandezza di Dio e più gioisco per come Egli è. E gioisco immensamente per la Sua grandezza e sono lieta di essere così piccola, perché, proprio perché sono piccola, mi prende in braccio e mi tiene accanto al Suo cuore. O mio Dio, quanta pena mi fanno gli uomini che non credono nella vita eterna! Quanto prego per loro, affinché siano colpiti da un raggio della sua Misericordia e Dio li stringa al Suo cuore paterno. O amore, o regina della virtù! L’Amore non conosce timore; attraversa tutti i cori degli angeli che stanno di guardia davanti al Suo trono. Esso non teme nessuno, esso raggiunge Dio e s’immerge in Lui come nel suo unico tesoro. Il Cherubino con la spada di fuoco, che fa la guardia in Paradiso, non ha potere su di esso. O puro amore di Dio, quanto sei grande ed impareggiabile! Oh, se le anime conoscessero la Tua potenza!”.
DESCRIZIONE DEL PARADISO DELLA MISTICA MARIA VALTORTA
25‑5. Tenterò descrivere la inesprimibile, ineffabile, beatifica visione della tarda sera di ieri, quella che dal sogno dell’anima mi condusse al sogno del corpo per apparirmi ancor più nitida e bella al mio ritorno ai sensi. E prima di accingermi a questa descrizione, che sarà sempre lontana dal vero più che non noi dal sole, mi sono chiesta: “Devo prima scrivere, o prima fare le mie penitenze?”. Mi ardeva di descrivere ciò che fa la mia gioia, e so che dopo la penitenza sono più tarda alla fatica materiale dello scrivere. Ma la voce di luce dello Spirito Santo ‑ la chiamo così perché è immateriale come la luce eppure è chiara come la più sfolgorante luce, e scrive per lo spirito mio le sue parole che son suono e fulgore e gioia, gioia, gioia ‑ mi dice avvolgendomi l’anima nel suo baleno d’amore: “Prima la penitenza e poi la scrittura di ciò che è la tua gioia. La penitenza deve sempre precedere tutto, in te, poiché è quella che ti merita la gioia. Ogni visione nasce da una precedente penitenza e ogni penitenza ti apre il cammino ad ogni più alta contemplazione. Vivi per questo. Sei amata per questo. Sarai beata per questo. Sacrificio, sacrificio. La tua via, la tua missione, la tua forza, la tua gloria. Solo quando ti addormenterai in Noi cesserai di esser ostia per divenire gloria”. Allora ho fatto prima tutte le mie giornaliere penitenze. Ma non le sentivo neppure. Gli occhi dello spirito “vedevano” la sublime visione ed essa annullava la sensibilità corporale. Comprendo, perciò, il perché i martiri potessero sopportare quei supplizi orrendi sorridendo. Se a me, tanto inferiore a loro in virtù, una contemplazione può, effondendosi dallo spirito ai sensi corporali, annullare in essi la sensibilità dolorifica, a loro, perfetti nell’amore come creatura umana può esserlo e vedenti, per la loro perfezione, la Perfezione di Dio senza velami, doveva accadere un vero annullamento delle debolezze materiali. La gioia della visione annullava la miseria della carne sensibile ad ogni sofferenza. Ed ora cerco descrivere. Ho rivisto il Paradiso. E ho compreso di cosa è fatta la sua Bellezza, la sua Natura, la sua Luce, il suo Canto. Tutto, insomma. Anche le sue Opere, che sono quelle che, da tant’alto, informano, regolano, provvedono a tutto l’universo creato. Come già l’altra volta, nei primi del corrente anno, credo, ho visto la Ss. Trinità. Ma andiamo per ordine. Anche gli occhi dello spirito, per quanto molto più atti a sostenere la Luce che non i poveri occhi del corpo che non possono fissare il sole, astro simile a fiammella di fumigante lucignolo rispetto alla Luce che è Dio, hanno bisogno di abituarsi per gradi alla contemplazione di questa alta Bellezza. Dio è così buono che, pur volendosi svelare nei suoi fulgori, non dimentica che siamo poveri spiriti ancor prigionieri in una carne, e perciò indeboliti da questa prigionia. Oh! come belli, lucidi, danzanti, gli spiriti che Dio crea ad ogni attimo per esser anima alle nuove creature! Li ho visti e so. Ma noi… finché non torneremo a Lui non possiamo sostenere lo Splendore tutto d’un colpo. Ed Egli nella sua bontà ce ne avvicina per gradi. Per prima cosa, dunque, ieri sera ho visto come una immensa rosa. Dico “rosa” per dare il concetto di questi cerchi di luce festante che sempre più si accentravano intorno ad un punto di un insostenibile fulgore. Una rosa senza confini! La sua luce era quella che riceveva dallo Spirito Santo. La luce splendidissima dell’Amore eterno. Topazio e oro liquido resi fiamma… oh! non so come spiegare! Egli raggiava, alto, alto e solo, fisso nello zaffiro immacolato e splendidissimo dell’Empireo, e da Lui scendeva a fiotti inesausti la Luce. La Luce che penetrava la rosa dei beati e dei cori angelici e la faceva luminosa di quella sua luce che non è che il prodotto della luce dell’Amore che la penetra. Ma io non distinguevo santi o angeli. Vedevo solo gli immisurabili festoni dei cerchi del paradisiaco fiore. Ne ero già tutta beata e avrei benedetto Dio per la sua bontà, quando, in luogo di cristallizzarsi così, la visione si aprì a più ampi fulgori, come se si fosse avvicinata sempre più a me permettendomi di osservarla con l’occhio spirituale abituato ormai al primo fulgore e capace di sostenerne uno più forte. E vidi Dio Padre: Splendore nello splendore del Paradiso. Linee di luce splendidissima, candidissima, incandescente. Pensi lei: se io lo potevo distinguere in quella marea di luce, quale doveva esser la sua Luce che, pur circondata da tant’altra, la annullava facendola come un’ombra di riflesso rispetto al suo splendere? Spirito… Oh! come si vede che è spirito! è Tutto. Tutto tanto è perfetto. è nulla perché anche il tocco di qualsiasi altro spirito del Paradiso non potrebbe toccare Dio, Spirito perfettissimo, anche con la sua immaterialità: Luce, Luce, niente altro che Luce. Di fronte al Padre Iddio era Dio Figlio. Nella veste del suo Corpo glorificato su cui splendeva l’abito regale che ne copriva le Membra Ss. senza celarne la bellezza superindescrivibile. Maestà e Bontà si fondevano a questa sua Bellezza. I carbonchi delle sue cinque Piaghe saettavano cinque spade di luce su tutto il Paradiso e aumentavano lo splendore di questo e della sua Persona glorificata. Non aveva aureola o corona di sorta. Ma tutto il suo Corpo emanava luce, quella luce speciale dei corpi spiritualizzatì che in Lui e nella Madre è intensissima e si sprigiona dalla Carne che è carne, ma non è opaca come la nostra. Carne che è luce. Questa luce si condensa ancor di più intorno al suo Capo. Non ad aureola, ripeto, ma da tutto il suo Capo. Il sorriso era luce e luce lo sguardo, luce trapanava dalla sua bellissima Fronte, senza ferite. Ma pareva che, là dove le spine un tempo avevano tratto sangue e dato dolore, ora trasudasse più viva luminosità.
Gesù era in piedi col suo stendardo regale in mano come nella visione che ebbi in gennaio, credo.
Un poco più in basso di Lui, ma di ben poco, quanto può esserlo un comune gradino di scala, era la Ss. Vergine. Bella come lo è in Cielo, ossia con la sua perfetta bellezza umana glorificata a bellezza celeste.
Stava fra il Padre e il Figlio che erano lontani tra loro qualche metro. (Tanto per applicare paragoni sensibili). Ella era nel mezzo e, con le mani incrociate sul petto ‑ le sue dolci, candidissime, piccole, bellissime mani ‑ e col volto lievemente alzato – il suo soave, perfetto, amoroso, soavissimo volto ‑ guardava, adorando, il Padre a il Figlio.
Piena di venerazione guardava il Padre. Non diceva parola. Ma tutto il suo sguardo era voce di adorazione e preghiera e canto. Non era in ginocchio. Ma il suo sguardo la faceva più prostrata che nella più profonda genuflessione, tanto era adorante. Ella diceva: “Sanctus!”, diceva: “Adoro Te!” unicamente col suo sguardo.
Guardava il suo Gesù piena di amore. Non diceva parola. Ma tutto il suo sguardo era carezza. Ma ogni carezza di quel suo occhio soave diceva: “Ti amo!”. Non era seduta. Non toccava il Figlio. Ma il suo sguardo lo riceveva come se Egli le fosse in grembo circondato da quelle sue materne braccia come e più che nell’Infanzia e nella Morte. Ella diceva: “Figlio mio!”, “Gioia mia!”, “Mio amore!” unicamente col suo sguardo.
Si beava di guardare il Padre e il Figlio. E ogni tanto alzava più ancora il volto e lo sguardo a cercare l’Amore che splendeva alto, a perpendicolo su Lei. E allora la sua luce abbagliante, di perla fatta luce, si accendeva come se una fiamma la investisse per arderla e farla più bella. Ella riceveva il bacio dell’Amore e si tendeva con tutta la sua umiltà e purezza, con la sua carità, per rendere carezza a Carezza e dire: “Ecco. Son la tua Sposa e ti amo e son tua. Tua per l’eternità”. E lo Spirito fiammeggiava più forte quando lo sguardo di Maria si allacciava ai suoi fulgori.
E Maria riportava il suo occhio sul Padre e sul Figlio. Pareva che, fatta deposito dall’Amore, distribuisse questo. Povera immagine mia! Dirò meglio. Pareva che lo Spirito eleggesse Lei ad essere quella che, raccogliendo in sé tutto l’Amore, lo portasse poi al Padre e al Figlio perché i Tre si unissero e si baciassero divenendo Uno. Oh! gioia comprendere questo poema di amore! E vedere la missione di Maria, Sede dell’Amore!
Ma lo Spirito non concentrava i suoi fulgori unicamente su Maria. Grande la Madre nostra. Seconda solo a Dio. Ma può un bacino, anche se grandissimo, contenere l’oceano? No. Se ne empie e ne trabocca. Ma l’oceano ha acque per tutta la terra. Così la Luce dell’Amore. Ed Essa scendeva in perpetua carezza sul Padre e sul Figlio, li stringeva in un anello di splendore. E si allargava ancora, dopo essersi beatificata col contatto del Padre e del Figlio che rispondevano con amore all’Amore, e si stendeva su tutto il Paradiso.
Ecco che questo si svelava nei suoi particolari… Ecco gli angeli. Più in alto dei beati, cerchi intorno al Fulcro del Cielo che è Dio Uno e Trino con la Gemma verginale di Maria per cuore. Essi hanno somiglianza più viva con Dio Padre. Spiriti perfetti ed eterni, essi sono tratti di luce, inferiore unicamente a quella di Dio Padre, di una forma di bellezza indescrivibile. Adorano… sprigionano armonie. Con che? Non so. Forse col palpito del loro amore. Poiché non son parole; e le linee delle bocche non smuovono la loro luminosità. Splendono come acque immobili percosse da vivo sole. Ma il loro amore è canto. Ed è armonia così sublime che solo una grazia di Dio può concedere di udirla senza morirne di gioia.
Più sotto, i beati. Questi, nei loro aspetti spiritualizzati, hanno più somiglianza col Figlio e con Maria. Sono più compatti, direi sensibili all’occhio e ‑ fa impressione ‑ al tatto, degli angeli. Ma sono sempre immateriali. Però in essi sono più marcati i tratti fisici, che differiscono in uno dall’altro. Per cui capisco se uno è adulto o bambino, uomo o donna. Vecchi, nel senso di decrepitezza, non ne vedo. Sembra che anche quando i corpi spiritualizzati appartengono ad uno morto in tarda età, lassù cessino i segni dello sfacimento della nostra carne.