I NOVISSIMI – INFERNO
Introduzione
Dell’Inferno oggi si parla pochissimo o niente. E sapete perché? Perché nel passato si è parlato troppo e a sproposito. La “bella notizia cristiana”, la “grande gioia” della salvezza offerta a tutti, che è il messaggio annunciato di Gesú agli uomini, è stato trasformato in un messaggio di minaccia da parte di certi predicatori del passato. Descrizioni dettagliate di tutte le torture e i tormenti pensabili che avvenivano nell’inferno, hanno fatto sí che la fede fosse accompagnata da una grande paura. Oggi tutte quelle fantasiose torture e tormenti non vengono prese sul serio, sono diventate ridicole e nella predicazione, dell’inferno non si parla piú, quasi che non esistesse. Anzi alcuni dicono proprio che non esiste:
* “Se esiste l’inferno, allora vuol dire che Dio non è capace di perdonare tutti”.
* “Puó Dio essere così crudele da desiderare che le anime soffrono per l’eternità nell’inferno? Certamente no, Dio è amore”.
* “Alla fin fine vedrete che Dio perdonerá tutti, perché Dio è misericordioso”.
* “Se Dio è infinito Amore come può condannare a una sofferenza eterna esseri umani che egli ha creato per amore e per la cui salvezza Cristo è morto sulla croce?”
* “Se Dio è infinitamente giusto – essi aggiungono – come può punire con un castigo eterno esseri umani peccatori, ma nello stesso tempo creature fragili e misere?”.
* “Dio ha parlato sì dell’inferno, però non voleva dire che le persone debbono soffrire”.
Etc., etc. e cosí via, pur di negare l’esistenza dell’inferno.
Ma l’inferno c’è, esiste. Esso peró rimane un mistero: è impossibile “capirlo” fino in fondo, cosí come è impossibile capire fino in fondo il peccato, estremamente “irragionevole”, di cui l’inferno è la sua continuazione e il suo frutto. Per questo il mondo di oggi, cosí ubriaco di scienza, cosí pervaso dal fatto che tutto si puó spiegare e cosí avverso al mistero, manifesta la sua ripugnanza a questa veritá, tanto piú che è una veritá “scomoda”! Noi cerchiamo di avvicinarci con prudenza, attenendoci soltanto alla Parola di Dio cosí come è scritta nella Bibbia.
COSA DICE LA BIBBIA SULL’INFERNO
Introduzione
Quando pronunciamo la parola “inferno” ci viene immediatamente in mente l’immagine di un gran falò, con alte fiammate, dove i corpi dei condannati bruciano lentamente, mentre una squadra ben numerosa di diavoli tormenta quei poveretti con forconi e con ogni sorta di supplizio. Dobbiamo liberarci da tutte le immagini che abbiamo sull’”inferno” e attenerci a ció che dice la Bibbia. La Bibbia deve essere la fonte della veritá, di ogni veritá che riguarda lo spirito. E prima di tutto chiediamoci: l’inferno esiste? In che cosa consiste? La Bibbia ne rivela qualche dettaglio?
Antico Testamento
- Gli inizi
Per rispondere a queste domande dobbiamo tenere conto che su questo tema (così come su molti altri) la mentalità biblica subì un’evoluzione nel corso del tempo.
Nei primi tempi della loro storia di popolo, gli Israeliti non si domandavano che cosa sarebbe successo dopo la morte. Essi credevano semplicemente che tutti gli uomini, buoni e cattivi, giusti e ingiusti, dopo la morte scendessero in un’immensa stanza, buia e silenziosa, chiamata sheol, dove avrebbero condotto una vita fiacca e sonnolenta. Una stanza per tutti.
Per la mentalità primitiva, dunque, non c’era differenza alcuna nel destino finale degli uomini. Tutti, buoni o cattivi che fossero, finivano nello stesso luogo, per vivere tutti la stessa esistenza, senza distinzione rispetto al Bene o al Male che ciascuno avesse compiuto. - Nasce la differenza
Col passare dei secoli, il popolo s’accorse che questa mentalità non poteva essere quella giusta. Non era possibile che, dopo la morte, avessero lo stesso destino coloro che avevano condotto una vita buona e quelli che avevano vissuto una vita di peccato, di violenza e di inganni, di furti, di disonestá.Fu cosí che circa l’anno 200 a.C., il popolo ebraico, illuminato da persone sagge, da uomini religiosi e ispirati da Dio, smise di credere nello sheol come unica fine per tutti gli uomini, e cominciò ad sviluppare l’idea che nel mondo dell’al di là ci fossero due stanze diverse, una per i giusti e una per i peccatori. Ovviamente, nella loro stanza i peccatori sarebbero stati tormentati con castighi eterni.Il primo testo della Bibbia ad affermare questo nuovo principio, che potremmo definire di ristabilimento della giustizia, è il Libro di Daniele, scritto intorno all’anno 165 a.C. In esso leggiamo: “Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni per la vita eterna e gli altri per la vergogna e l’infamia eterne” (12,2).Ebbene, questa è la prima volta in cui l’Antico Testamento menziona quello che l’umanità avrebbe successivamente chiamato “inferno“. Daniele parla di “vergogna e infamia eterne“, ma non spiega in che cosa consistano, né questa né quella. L’unica cosa chiara è che per i malvagi si tratta di un destino inequivocabilmente diverso da quello dei buoni.
La seconda volta in cui si parla dell’inferno è nel Libro della Sapienza, scritto intorno all’anno 50 a.C.: “Gli empi per i loro pensieri riceveranno il castigo, essi che hanno disprezzato il giusto e si sono ribellati al Signore” (3,10).
Sono gli unici due riferimenti certi ed attendibili in tutto l’Antico Testamento riguardo all’inferno, ma né l’uno né l’altro spiega effettivamente e con chiarezza in che cosa consista il castigo, e come possano essere pensate tanto la vergogna quanto l’infamia che assalgono in eterno i malfattori.
Nuovo Testamento
- L’arrivo di Gesú
Quando Gesù cominciò a predicare, l’originalità del suo messaggio consisteva nel fatto che nei suoi discorsi egli parlava solo di salvezza, non di “salvezza” e “dannazione”. Per questo motivo egli chiamò il suo messaggio con l’espressione “Buona Novella”. Per capirlo è sufficiente confrontare una frase di Gesú, con una di Giovanni Battista. Mentre Giovanni annunciava: “Convertitevi perché il regno dei cieli è vicino!”. E poi aggiungeva: “Già l’accetta è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco” (Mt 3,2.10), Gesù diceva semplicemente: “Convertitevi perché il regno dei cielo è vicino!” (Mt 4,17).
Notiamo la stessa cosa quando Gesù si recò a predicare nella sinagoga di Nazaret: egli lesse un lungo brano tratto dal Profeta Isaia (61, 1-2) ma, giunto all’ultima parte dove Isaia annuncia “un giorno di vendetta” contro il popolo malvagio, Gesù si fermò e non proseguì nella lettura del rotolo. L’Evangelista Luca (4, 14-22) commenta che tutti rimasero ammirati per le parole piene “di grazia che uscivano dalla sua bocca”.
Le parabole di Gesù, proposte per una riflessione seria ed approfondita sul perdono (ad esempio quella del figlio prodigo (Lc. 15, 11-32), quella del fariseo e del pubblicano (Lc. 18, 9-14), oppure ancora quella della pecora smarrita Lc. 15, 4-10), e il suo atteggiamento di misericordia verso i peccatori più disprezzati dalla gente che si riteneva “perbene” (vedi l’adultera Gv. 8, 1-11), la prostituta (Lc. 7, 36-50), l’esattore delle tasse (Lc. 19, 1-10), ecc.) dimostrano come la salvezza fosse l’unico insegnamento della sua predicazione e l’unico scopo del suo ministero. Gesù dice chiaramente a Nicodemo: “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (Gv 3,17) e anche ai capi di Israele: “Non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo” (Gv 12,47).Tuttavia, in taluni suoi insegnamenti, Gesù ammette la possibilità che esista effettivamente una condanna eterna. Egli lo fa, per esempio, quando parla di “perdere la vita” (Mc 8,35), di “far perire l’anima e il corpo” (Mt 10,28), di “non essere conosciuti” (Mt 7,23), di “essere allontanati” (Mt 7,23), di “essere cacciati fuori” (Lc 13,28).
Ecco ancora i testi piú importanti:
1) Mt. 8,11-12: « Ora vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel Regno dei Cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti».
2) Mt. 13,41-42: « Il Figlio dell’uomo manderà i Suoi angeli, i quali raccoglieranno dal Suo Regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità, e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti».
3) Mc. 9,43.47-48: «Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile… Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».
4) Mt. 25,41: «Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli».
5) Mt. 23,33: “Serpenti, razza di vipere! Come sfuggirete alla condanna dell’inferno?”.
6) Mt. 7,13-14 “Due sono le vie: una stretta e piena di sofferenze che porta alla vita, e pochi sono quelli che la prendono; l’altra larga, comoda e spaziosa che porta alla perdizione, e molti sono quelli che vi si incamminano”.La strada che conduce all’inferno è prima di tutto una strada (trascorrere la vita) senza la Salvezza e senza Dio; è la strada del peccato e delle concupiscenze; della realizzazione dei propri comodi ad ogni costo, anche recando del male al prossimo.Strada significa “trascorrere la vita”, “seguire una tale decisione”, “fare una tale scelta”. E’ una decisione che prendiamo noi, conseguentemente alla libertà che Dio ci ha dato. La strada della politica corrotta, della religione senza convinzione, della scienza senza Dio, delle filosofie e delle dottrine ingannatrici, dell’orgoglio, della vanitá e dell’egoismo, è la strada che tira dritto per l’inferno.Il rimedio per evitare ciò è cambiare strada, decidere di fare la volontà di Dio e arrendersi all’amore di Cristo, colui che può perdonare tutti i nostri peccati ed assicurarci una vita eterna vicino a Dio e fuori dall’inferno.
5) Ap. 19,20: «Ma la bestia fu catturata e con essa il falso profeta che alla sua presenza aveva operato quei portenti con i quali aveva sedotto quanti avevano ricevuto il marchio della bestia e ne avevano adorato la statua. Ambedue furono gettati vivi nello stagno di fuoco, ardente di zolfo».
Con queste espressioni Gesù presenta la cosiddetta condanna eterna, in poche parole, l’inferno, come esclusione dalla vita con Dio, dalla sua comunione e, soprattutto, dalla sua presenza: un po’ come autoesclusione dell’uomo di unirsi a Dio nell’aldilà. Pertanto, abbiamo ragione di credere che il pensiero di Gesù è che l’inferno sia soltanto e semplicemente la perdita di Dio da parte dell’uomo nella sua condizione dopo la morte e anche la perdita di se stesso (come immagine di Dio, come scintilla di Dio, come “pezzo” di Dio).
Ma oltre ad usare queste espressioni, in altre circostanze, Gesù adotta alcune immagini che in qualche modo descrivono l’inferno.
Si tratta di quattro rappresentazioni:
a) il fuoco che non si spegne;
b) i vermi che non muoiono;
c) le tenebre eterne e, infine,
d) il pianto e lo stridore di denti.
L’elemento più caratteristico che identifica l’inferno è il fuoco.
Il Nuovo Testamento parla del fuoco e delle vampe in modi diversi: “fuoco che non si spegne” (Mc 9,48), “fuoco eterno” (Mt 25,41), “fornace ardente” (Mt 13,42), “fuoco ardente” (Eb 10,27), “stagno di fuoco e zolfo” (Ap 19,20), “fuoco della Geenna” (Mt 5,22) e “fiamma che tormenta” (Lc 16,25).
Questo fuoco è reale oppure é una semplice immagine? La critica moderna sostiene che si tratta semplicemente di un simbolo, di un linguaggio figurato, così come sono simboliche talune espressioni “forzate” di Gesù, ad esempio quando dice che dobbiamo cavarci un occhio o tagliarci una mano se l’una o l’altro sono causa di peccato (Mt 5,27-30).