Venerdí Santo Anno A – 07 Aprile 2023

Nei primi anni del cristianesimo, per ricordare il grande avvenimento della morte di Gesú, non veniva utilizzata la croce. La croce non era considerata ancora il simbolo della vittoria del bene sul male, della vittoria della vita sulla morte; la croce non era considerata ancora il simbolo dell’amore infinito di Dio verso l’Umanitá. La croce era considerata ancora, come presso i romani e presso altri popoli che la usavano come pena di morte, un segno di disonore e di vergogna, un segno atroce, inaccettabile e scandaloso. Per cui i cristiani preferivano altri segni per ricordare Gesú e la sua vita. Ed ecco allora il segno dell’àncora (che ricordava la salvezza), il segno dell’uomo che prega a braccia aperte (che ricordava la continua preghiera di Gesú verso il Padre a nostro favore), il segno del pesce (le cui iniziali, nella parola greca, significava: Gesú figlio di Dio, salvatore), il segno del pastore che porta sulle spalle la pecora smarrita (come segno della missione di Gesú su questa terra: portare a Dio i peccatori), o altri segni importanti. In un secondo momento, a cominciare dal 300 dopo Cristo, quando i Romani abolirono la crocifissione come pena di morte, il simbolo della croce lentamente perse la sua infame immagine di strumento di esecuzione, e cominció a prevalere e ad essere valorizzata, dai cristiani, come segno di amore e di salvezza. La croce per noi oggi è fondamentale: la veneriamo, la portiamo al collo, la teniamo in casa, la mattiamo in macchina, sugli altari, nelle chiese, per le strade, sui campanili, sulle montagne, dappertutto. La croce è cosí importantissima, indispensabile, necessaria per ogni cristiano che ogni volta che la vediamo maltrattata non rimaniamo indifferenti. La Croce è principalmente il segno dell’amore di Gesú per l’umanitá. E non solo dell’amore di Gesú verso coloro che sono buoni, fedeli a Dio, rispettosi di Dio, ma anche verso coloro che l’hanno tradito, che l’hanno rinnegato, che sono fuggiti da lui, che l’hanno dimenticato e che l’hanno abbandonato. Quando noi, attraverso il peccato, scegliamo di non essere più in comunione con Dio, noi pecchiamo e moriamo, nella parte migliore di noi, nello spirito. E perché moriamo? Perché Dio è la vita. E quando noi non siamo piú uniti, nello spirito, alla Vita moriamo. Cosí come il corpo, quando non è piú unito allo spirito, che è scintilla di Dio, è un corpo morto. Ma anche da morti nello spirito, Dio ci ama e ci vuole risuscitare, attraverso la morte in croce di Gesú suo Figlio, se noi ci lasciamo risuscitare con il pentimento. Nessuno mai ha amato l’umanitá come Gesú-Dio, con un Amore senza misura, con un amore che va oltre ogni misura, fino a dare la propria vita per tutti, per la salvezza di tutti, anche per la salvezza di ciascuno di noi. Ne siamo convinti? Se non siamo convinti, peccato! Ci convinceremo quando lo vedremo faccia a faccia, nella speranza che non sia troppo tardi! Ma se siamo davvero convinti di questo, allora anche noi, sull’esempio di Gesú, non possiamo escludere nessuno dal nostro cuore e dalla nostra mente, dal nostro amore e dal nostro perdono. Nessuno di coloro che nella vita hanno sbagliato; e neppure nessuno di coloro che hanno sbagliato verso di noi. E’ giusto, quindi, amare e perdonare anche quelle persone che sono molto vicine a noi e che ci hanno crocifisso o che ci crocifiggono ancora. Dalla croce su cui ci hanno messo, anche noi come Gesú, dobbiamo dire: “Padre perdonali”. E non dimentichiamoci di chiedere perdono al Padre e agli altri quando siamo noi che mettiamo in croce gli altri!

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