IV Domenica di Pasqua Anno A – 30 Aprile 2023

Dal vangelo secondo Giovanni 10,1-10.

Gesú disse : “Io vi assicuro che se uno entra nel recinto delle pecore senza passare dalla porta, ma si arrampica da qualche altra parte, é un ladro e un bandito. Invece, chi entra dalla porta é il pastore. A lui il guardiano apre, e le pecore ascoltano la sua voce; egli le chiama per nome e le porta fuori. E dopo averle spinte fuori tutte, cammina davanti a loro. E le sue pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Un estraneo, invece, non lo seguono anzi fuggono da lui, perché non conoscono la voce degli estranei“. Gesú disse questa parabola, ma quelli che ascoltavano non capirono ció che egli voleva dire. Gesú riprese a parlare. Disse: “Io sono la porta per le pecore. Ve l´assicuro. Tutti quelli che sono venuti prima di me sono ladri e banditi; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: chi entra attraverso me sará salvo. Potrá entrare e uscire e trovare cibo. Il ladro viene soltanto per rubare, uccidere o distruggere. Io invece sono venuto perché abbiano la vita, una vita vera e completa“.

Anticamente, il titolo di “pastore” era dato a colui che comandava sul popolo: era il Re. Egli era rappresentato con un bastone in mano, simbolo del suo potere, con il quale guidava e dirigeva, spesso con durezza, tutti i suoi sudditi. Lui era la testa, il cuore, il centro di tutta la vita del popolo. Nessun ordine aveva valore se non veniva dal re. Nessuna parola era sacra se non quella del re. Nessuna legge si doveva osservare se non quella del re. In tal modo il popolo non contava niente e poteva essere oppresso, senza poter aprire bocca.  Cosí si è andato avanti per secoli e millenni: obbedendo ai re, si sperimentava una specie di pace imposta, una specie di giustizia imposta e una specie di felicitá imposta. Poi ci fu una svolta storica strepitosa. Un piccolo gruppo di gente, un tempo nomade, entrato in Egitto, verso il 1700 avanti Cristo, dopo circa 4 secoli di oppressione, osó sfidare il Re o Faraone, osó ribellarsi alla sua oppressione, osó disobbedire agli ordini e alle leggi del Re o del faraone, osó fuggire di notte verso la libertá al grido: “Il Signore è il mio pastore”. Da allora in poi, questo dovrebbe essere il grido di ogni uomo e di ogni popolo: “Il Signore è il mio pastore”. Soltanto di Dio gli esseri umani dovrebbero parlare cosí. Nessun essere umano, per quanto potente e ricco, dovrebbe osare fare ombra a Dio; nessuna autoritá umana dovrebbe osare dare ordini propri e fare leggi proprie che non siano conforme alle leggi di Dio, che non siano conforme alla volontá di Dio. Questo è venuto a ricordarci Gesú Cristo.  Gesú è venuto a dirci di stare attenti, soprattutto oggi, con i vari internet, con le varie pubblicitá, con i vari opinionisti, con i vari capi di governo manovrati da quei massoni e gente affarista, capi della finanza mondiale, che vogliono una globalizzazione mondiale, cioè un unico ordine nuovo mondiale: essi approfittano dei popoli e degli uomini (cioè delle pecore) e ci fanno prendere lucciole per lanterne, cioè ci offrono il male facendolo passare per il bene, ci offrono Satana facendolo passare per Dio. Ci offrono nuove strade da percorrere e nuove porte da attraversare per arrivare alla felicitá. Ma non offrono felicitá, offrono briciole di piaceri momentanei e grandi vuoti interiori, grandi ariditá, grandi fallimenti, grandi delusioni, grandi insuccessi, grandi depressioni, grandi disperazioni.  È Gesú, invece, l’unica, vera porta da cui tutti devono passare, se si vuole entrare nella vera felicitá, per vivere una vita libera, soddisfacente, realizzata, perché Gesú è l’unico che ci tiene alla vera felicitá dell’uomo e ci indica la strada per arrivare. È sempre Lui la strada da percorrere per vivere felici su questa terra e nell’eternitá. È Gesú il giudice dei vivi e dei morti. È davanti a lui che ci dobbiamo presentare dopo questa vita. È a Lui che dobbiamo rendere conto di questa vita che stiamo vivendo. Conviene a tutti, allora, ascoltare la sua voce, in questa confusione di voci, seguire i suoi insegnamenti, in questa confusione di insegnamenti. Conviene a tutti seguire Lui, e nessun altro, perché tutti gli altri sono ladri, bugiardi e banditi che ci vogliono rubare Dio e la nostra anima e che vogliono distruggere la nostra vera felicitá. È Dio la nostra vera felicitá, è Gesú la nostra salvezza. E allora gridiamo anche noi: il Signore è il mio pastore, il Signore è colui che deve guidare la nostra vita, non altri. È Gesú la porta per entrare in Paradiso, sono i suoi insegnamenti che dobbiamo seguire per entrare i Paradiso, non altri insegnamenti!  Gesú cammina davanti alle sue pecore, cammina davanti a noi. Lui, e soltanto Lui conosce la strada che porta al Padre, che porta in Paradiso: seguiamolo perché é Lui stesso la strada. Ascoltiamo la sua voce: la voce di Gesù è qualcosa di intimo, di personale. Gesú ci parla, magari attraverso un canto ascoltato in chiesa, attraverso il sorriso di un bambino, attraverso lo sguardo luminoso di una persona cara o di un sacerdote, attraverso una meravigliosa giornata d’azzurro e di sole nel cielo, magari anche attraverso un piccolo insuccesso o una piccola malattia che ci costringe a stare a letto, attraverso una piccola frase del Vangelo: Lui parla in questo modo, Lui ti dirá: eccomi sono qui, sono io il buon pastore che parlo al tuo cuore. Ascoltiamo la sua voce: è la stessa voce di Dio.  “Il Signore è il mio pastore”. E tutto cambia.

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