ANGELI: REALTÀ O MITO?

Prima parte

INTRODUZIONE

Gli Angeli, esistono davvero o sono credenze antiche, oggi superate dalla scienza moderna? C’è da dire che negare l’esistenza degli angeli è un fatto antico. L’hanno negata i materialisti e i razionalisti di tutti i tempi (i materialisti sono tutti coloro che ammettono che l’unica cosa che realmente esiste è la materia, e tutto deriva dalla sua continua trasformazione; per i materialisti, le cosiddette realtá spirituali non esistono. I razionalisti sono coloro che affermano che esiste soltanto ció che puó essere conosciuto dalla ragione umana; ció che non puó essere conosciuto dalla ragione umana non esiste!). Giá ai tempi di Gesú, il gruppo religioso dei Sadducei negava l’esistenza degli angeli. (Atti 23,8). (i sadducei erano i nobili e i ricchi di allora, avevano in mano il potere religioso e politico ed erano materialisti, cioé non credevano né nella risurrezione, né nello spirito e né nella ricompensa celeste; credevano soltanto nella ricompensa immediata e materiale: la ricchezza terrena. Se erano ricchi voleva dire che erano benedetti da Dio, i poveri invece erano maledetti dallo stesso Dio; accettavano solo la legge di Mosé, come unica norma di condotta, cosí come era scritta nella bibbia, senza le interpretazioni dei farisei ed erano amici dei Romani. Scomparvero dopo la distruzione del Tempio e quindi del sacerdozio, nel 70 d. C., ad opera dei Romani). Anche alcuni scrittori moderni non accettano l’esistenza degli Angeli.  Dicono: “La moderna visione scientifica del mondo non puó accettare la credenza negli angeli”; “Essi sono una favola, non una realtá”; “Con la credenza negli angeli (e nel diavolo) abbiamo a che fare, in ultima analisi con qualcosa di pagano e comunque di profondamente anticristiano”; “Angeli e demoni sono simboli del bene e del male, non realtá”.Bisogna riconoscere che oggi, molti cristiani non sanno che cosa pensare o che cosa dire; quando si parla dell’esistenza degli angeli e dei demoni non sanno che pesci prendere! Mito o realtá? Tanti cristiani rispondono “mito”, cioè fantasia degli antichi, arrivata fino a noi. E i cristiani che credono nella loro esistenza si sentono imbarazzati nel parlarne o nel difendere la veritá, per paura di essere presi in giro. In realtá nella formazione religiosa, nelle prediche, nell’insegnamento catechistico si parla poco di questi argomenti.

E dal momento che non sono realtá materiali o realtá che le possiamo conoscere con la sola ragione, dobbiamo vedere che cosa dice la Bibbia (che per noi cristiani è Parola di Dio, quindi veritá rivelata da Dio stesso) e che cosa dice la Chiesa (che per noi cristiani e Madre, Guida e Maestra, unica e legittima interprete della Parola di Dio).

COSA DICE LA BIBBIA SUGLI ANGELI In tutta la Bibbia (Antico e Nuovo testamento) la parola «angelo» (al singolare) ricorre 221 volte e la parola «angeli» (al plurale). 96 volte.
In ebraico l’angelo si chiamava mal’ak (che il greco tradurrà con aggelos e il latino con angelus). Originata dal cananeo laaka (inviare), con questa parola si indicava l’ambasciatore o il corriere o il postino che il re utilizzava per far conoscere i propri desideri e ordini.
Giá prima della Bibbia, presso la civiltá dei SUMÉRI (popolo che visse verso il 3000 A.C. tra i fiumi Tigri e l’Eufrate, attuale IRAK) c’era la credenza in esseri soprannaturali con le ali. La religione sumerica, infatti, oltre a credere in molti dei, credeva anche in esseri che funzionavano come “messaggeri degli Dei”, cioè erano degli intermediari tra le divinità e gli esseri umani; erano cioè una specie di angeli con le ali. I Sumeri ritenevano che ciascun essere umano avesse un proprio spirito protettivo: con parole piú moderne potremmo definirlo angelo custode. Altari dedicati a questi angeli sono stati scoperti negli scavi delle antiche città sumeriche, come pure sculture su pietra e pitture nei templi; esse sono importanti prove archeologiche. Fu proprio in questo popolo che si sviluppò anche l’idea degli angeli suddivisi in gerarchie, concetto poi preso, dopo, dalla religione monoteistica (= fede in un solo Dio) ebraica e cristiana.
Ma anche gli EGIZIANI (verso il 2500 a.C.) credevano in creature soprannaturali dotate di ali. Probabilmente questa credenza religiosa sia stata “importata” dalla cultura dei vicini Suméri. La sola ragione umana non può provare con certezza l’esistenza degli angeli; ma, poiché sul pianeta Terra esistono esseri materiali senza spirito, come per esempio le piante e gli animali, è razionalmente accettabile che Dio abbia creato anche esseri puri spirito, finiti, senza corpo, intelligenti, volitivi e liberi, come ulteriore gradino tra l’uomo e Dio. Oggi in tanti ambienti culturali non religiosi si accetta che ci siano esseri viventi extra-terrestri su altri pianeti; se potrebbero esistere gli Ufo, perché non ci potrebbero essere anche gli angeli?

L’esistenza di esseri intermedi che popolano con la loro presenza l’enorme distanza tra Dio e gli uomini è stata una credenza molto diffusa già preso qualche popolo prima degli Ebrei, come si è detto; ma mentre gli “angeli” dei Suméri, degli Egiziani e degli Assiro-Babilonesi, in prevalenza, erano esseri negativi e addirittura paurosi e avevano atteggiamenti ostili nei confronti dell’uomo, che era costretto a difendersi da loro attraverso l’intervento di una divinità buona; nella religione ebraica e cristiana il rapporto tra gli esseri celesti e gli uomini é un rapporto di aiuto, di difesa, di protezione, insomma si presenta come un rapporto positivo. Dalla prima pagina della Bibbia coi “cherubini dalla fiamma della spada folgorante”, posti a guardia dell’Eden
(Gn 3, 24), fino alla folla angelica dell’Apocalisse, le Sacre Scritture sono piene dalla presenza di queste figure sovrumane ma non divine. Compito dell’angelo biblico è difendere la maestá di Dio, ossia il suo essere misterioso e il suo essere “altro” rispetto alla creazione, al mondo e alla storia; ma al tempo stesso di renderlo vicino a noi comunicando la sua parola e la sua azione.

GLI ANGELI NELL’ANTICO TESTAMENTO

Nell’Antico Testamento troviamo un comportamento costante di Dio, che cioé Dio stabilisce un rapporto con gli uomini attraverso i suoi messaggeri: gli antichi Ebrei erano fermamente convinti che Dio si servisse degli angeli per guidare il popolo, il mondo e la storia. All’inizio dell’umanità, nella Genesi, subito dopo il peccato originale, un Cherubino, con la spada di fuoco, è posto a guardia dell’Giardino (Paradiso terrestre) (Gen 3, 24), da dove ne erano stati cacciati i nostri progenitori Adamo ed Eva. Poi, per migliaia di anni, non vi è nessun accenno agli Angeli, fino al tempo di Abramo, capostipite del popolo eletto. Di Cherubini sentiamo ancora parlare dal profeta Ezechiele, nel 1° e nel 10° capitolo del suo libro, in cui il termine “cherubini” ricorre quasi ad ogni versetto. Gli angeli, nel mondo biblico, sono stati per l’uomo prima di tutto dei preziosi informatori. Tre angeli annunciano nella Genesi, la nascita di Isacco ad Abramo ed a Sara (Gn 18, 1-5; 6, 11-14). Quest’ultima, infatti, non aveva figli per cui diede ad Abramo la sua serva Agar, come concubina, ed ella rimase incinta ma, quando, a sua volta, Sara aspettò Isacco, scacciò Agar dalla sua casa. Vicino ad una sorgente, nel deserto, apparve ad una Agar fuggitiva ed abbandonata, un “messaggero di YHWH” (Gn 16, 7-12). L’angelo consolò Agar e le profetizzò: “Tu partorirai un figlio e lo chiamerai Ismaele (Dio ascolta), ed io moltiplicherò la tua discendenza” (Gn 16, 10-11).

Così l’angelo rimandò Agar da Abramo. Più tardi, l’angelo chiamò ancora Agar dal cielo e l’aiutò (Gn 21, 17).  Messaggeri di Dio sono anche i due ospiti di Lot, a Sodoma. Essi lo proteggono, insieme a sua moglie ed alle loro due figlie. Ma gli angeli hanno anche il compito di eseguire il giudizio sugli empi abitanti di Sodoma (Gn 19, 1-25). La storia di Abramo narra anche della richiesta, fattagli dal Signore, di sacrificargli il suo unico figlio Isacco. Abramo prepara il sacrificio ma, nell’ora più attesa e temibile, l’angelo del Signore gli grida di non sacrificare più il figlio (Gn 22, 1-14), non solo, ma per la sua pronta obbedienza gli comunica la benedizione del cielo per suo figlio Isacco (Gn 22, 15-18). Nella storia di Abramo, l’angelo appare un’altra volta quando egli chiede, in sposa, Rebecca per suo figlio. In quella occasione Abramo aveva incaricato il suo servo più fidato – “che aveva potere su tutti i suoi beni” – della domanda di matrimonio. Davanti alle sue titubanze, egli lo rassicura, dicendogli: “Il Signore manderà davanti a te il suo angelo” (Gn 24, 2-40). Giacobbe era uno dei figli di Isacco. In un misterioso sogno, che avvenne a Bethel, un luogo ritenuto sacro, egli vide gli Angeli di Dio salire e scendere da una scala che partiva dalla terra e raggiungeva il cielo. Davanti a sé egli trovò il Signore che gli disse: “Io sono il Signore, Dio tuo. La terra sulla quale tu sei coricato la darò a te ed alla tua discendenza” (Gn 28, 10). “Più tardi, mentre proseguiva il suo cammino, Giacobbe incontrò una schiera di angeli: “l’accampamento di Dio”. Così Giacobbe chiamò quel luogo “accampamento, casa” (Bethel). Sempre a Giacobbe, rimasto da solo, apparve una notte un angelo, con le sembianze di uomo, che si rifiutò di dirgli il suo nome. Giacobbe lottò con lui fino all’aurora, poi accortosi che era un angelo del Signore non lo lasciò andare via finché questi non lo benedì. Come a dire che Giacobbe non ottenne con la forza la benedizione, ma solo in virtù della sua insistenza, nella preghiera. Fu allora che Giacobbe ricevette il nome di “Israele”, che significa “colui che lotta con Dio”. La comparsa dell’angelo, nelle tradizioni dell’Esodo, è in riferimento all’aiuto ricevuto dal popolo nella fuga dall’Egitto e nella guida verso la Terra Promessa: si tratta di un “angelo” o “del mio angelo”, inviato da YHWH, per dare sicurezza nella riuscita.  L’angelo del Signore appare a Mosè nelle fiamme di un roveto ardente, la cui fiamma non si spegne. Dio chiama Mosè dal fuoco e lo invia dal Faraone, quale messaggero della liberazione del popolo di Israele (Es 3, 1-33).  Sempre l’angelo del Signore protegge Israele nel passaggio del Mare dei giunchi e durante tutta la traversata dell’Esodo (Es 23, 20).

Quando, però, il popolo d’Israele pecca d’idolatria, con l’episodio del vitello d’oro, è solo dopo aver castigato gli idolatri che YHWH invierà un angelo per fare da guida davanti ad essi nel deserto (Es 32, 34; 33, 2): “IO mando davanti a te un angelo per custodirti sul cammino […], ascolta la sua voce, perché il mio Nome è in lui” (Es 23, 20-21).  Traspare in ciò la funzione di rappresentanza dell’angelo: quando Dio parla lo fa attraverso l’angelo. L’angelo, in questo modo del tutto singolare, annuncia ed opera la salvezza, fa uscire dall’Egitto e libera Gerusalemme dall’assedio dell’esercito di Sennacherib. “In quella notte, l’angelo del Signore scese e percosse nell’accampamento degli Assiri, 185.000 uomini” (Nm 20, 16). Nel Deuteronomio non si parla mai apertamente di angeli di Dio. Al massimo, Dio promette di ispirare un profeta perché annunci la sua parola (cfr Dt 18, 14-17). Nei cosiddetti Libri storici, gli angeli di Dio vengono maggiormente citati, sia come singoli messaggeri, sia come guide del popolo. Così è evidentemente un messaggero di Dio quello che appare a Giosué nelle sembianze di un uomo con la spada sguainata. Egli stesso si definisce “principe dell’esercito di YHWH” (Gs 5, 13-15). E l’esercito di YHWH non è certo un esercito terreno, ma l’esercito degli angeli (Gn 32, 2 ss.). In quell’apparizione, l’angelo promette, a Giosuè e ad Israele, il suo aiuto nella battaglia di Gerico. Il concetto e la dottrina sugli angeli hanno uno sviluppo molto significativo nel Libro dei Giudici (databile tra il XIII ed il XII secolo
a. C.).  L’angelo di YHWH si manifesta ad Israele nel periodo dei contrasti sorti con città straniere (prima di tutto con le cittá di Canaan)) e parla a nome di Dio. Egli rammenta di essere stato colui che ha guidato il popolo fuori dall’Egitto e lo pone di fronte alle sue infedeltà. La punizione, per questa sua infedeltá, sarà la sua schiavitú. Allora la gente, riconoscendo i propri errori, comincia a piangere (Gdc 2, 1-4). L’angelo di Dio appare, in sembianze umane, a Gedeone, sotto una quercia (Gdc 6, 11-24). Egli impersona YHWH stesso e consuma, miracolosamente, con un fuoco le offerte, per poi scomparire. Durante la notte YHWH appare in sogno a Gedeone e gli ordina di abbattere l’altare di Baal (Gdc 6, 25-32). Più tardi, sempre a Gedeone, dice di mettere alla prova il popolo d’Israele, in vista della battaglia contro Madian (Gdc 7, 2-9). L’angelo appare ben due volte alla moglie di Manué, nonché a quest’ultimo, per annunciare loro la nascita del figlio Sansone (Gdc 13, 1-25). Tra l’angelo ed i due futuri genitori hanno luogo lunghe discussioni. Egli predice che il loro figlio salverà Israele dai Filistei, poi scompare dentro la fiamma del sacrificio.

Nel Libri di Samuele, il futuro re Davide viene descritto buono e saggio come un angelo di Dio. YHWH è con Davide, lo protegge e lo aiuta a tal punto ch’egli decide sempre rettamente e con giustizia. L’angelo del Signore viene, per così dire, “umanizzato” tramite il re.  Al tempo della comparsa del Libro delle Cronache, la fede in Dio si era sviluppata ed approfondita in Israele e, con essa, anche la concezione delle potenze spirituali.  In 1 Cr 21, 1, Satana spinge Davide a fare un atto di superbia e di orgoglio, incitandolo ad un censimento, e Davide volendosi rendere conto della sua potenza, accetta di fare un censimento: più tardi il popolo d’Israele sarà punito per la sua colpa, quella cioè di aver seguito il re piuttosto che la volontà di YHWH. Allora, Davide riconosce la sua colpa e si affida alla clemenza di Dio: per punizione Dio farà scoppiare una peste in Israele: “Il Signore aveva mandato un angelo a Gerusalemme per distruggerla. Ma il Signore, poi, si pentì di aver provocato quella sciagura ed ordinò all’angelo: “Basta, ritira ora la mano” (2 Sam 24, 16). Gli angeli nell’Antico Testamento, tra i compiti più frequenti, hanno soprattutto quello di essere dei messaggeri del conforto e del sostegno a coloro i quali si sentono abbandonati, perseguitati e condannati a morte ingiustamente (cfr. 1 Re 19, 2). Ed è quanto accade al profeta Elia. Minacciato di morte dalla regina Gezabele, moglie del re Acab, per il fatto di aver eliminato tutti i falsi profeti di Baal, Elia è spaventato e, temendo per la propria esistenza, si rifugia nel deserto. Ma il Signore ha ben altri progetti su di lui, che si augurava la morte, e, ripetutamente, gli invia un angelo per farlo mangiare affinché riprenda energia. Dopo di ciò, Elia si rifugia sul monte Oreb. Qui gli appare il Signore che lo rinvia indietro per portare a termine la missione affidatagli (1 Re 19, 8-18). La parola del Signore fu data altre volte ad Elia in questo modo. Alla fine della sua vita terrena, egli fu portato in cielo su di un carro di fuoco tirato da cavalli di fuoco (2Re 2, 11). Nei testi del II Libro dei Maccabei, della fine del II sec. a.C. gli angeli sono i messaggeri che Dio invia al suo popolo, generalmente per proteggerlo, ma talvolta anche per punirlo. I Salmi elevano, a livello di legge generale, l’esperienza di aiuto riscontrato nei singoli casi. I testi dicono chiaramente che gli angeli sono degli esseri pronti all’ascolto ed all’esecuzione della volontá del Signore. Basta questo versetto del Salmo 103, 20-21 per capire tutto: “Benedite il Signore, voi suoi angeli, potenti esecutori dei suoi comandi, pronti alla voce della sua parola… schiere, ministri…”. Nei Salmi, gli angeli sono spesso citati. Dio è il “Signore degli eserciti celesti”, il “Re della gloria”, “cavalca un cherubino e vola, librandosi sulle ali del vento”, “Fa delle nubi il suo carro, cammina sulle ali del vento; fa del vento i suoi messaggeri, delle fiamme guizzanti i suoi ministri”. Dio stesso appare come angelo protettore, quale scudo e corazza per la sua fedeltà. Gli angeli cantano le lodi di Dio e Davide non disdegna di esprimere, per ciò, il suo ringraziamento: “A te voglio cantare davanti agli angeli” (Sal 138, 1). Il Salmo 148 è tutto un canto di ringraziamento e, questi canti, risuonano tutt’oggi nel culto, sia della Sinagoga che della Chiesa.
I profeti portano avanti, attraverso azioni e rivelazioni, la fede d’Israele negli angeli. Così Michea annuncia la sua visione: “Io ho visto il Signore seduto sul trono; tutto l’esercito del cielo gli stava attorno, a destra e a sinistra” (1 Re 22, 19). Lo stesso tema del Dio e Signore in trono appare anche in Is 6, 1, in Dn 7, 10, in Gb 1 e 2, in Zc 6, 5 e nel Salmo 103, 20 ss. Il profeta Isaia ebbe la sublime visione nella quale vide la gloria di Dio, udì i Serafini osannare l’Altissimo (“Sabaoth”) e, da uno di essi, che gli mondò le labbra, toccandogliele con un carbone acceso, si sentì fatto “profeta” (Is 6, 1-4). La missione di Isaia consiste nel vedere ed udire la liturgia celeste, celebrata dal Signore e dagli angeli. Gli angeli sono dei serafini come “creature di fuoco”, essi hanno le ali che rappresentano la libertà della natura soprannaturale, la prontezza nel rispondere ai richiami divini, nonché esprimono e giustificano il potere di essere al di sopra della realtà circostante. Il canto “Santo, santo, santo” sta a significare che Dio è separato da tutta la creazione, Egli è il totalmente altro, colui che è incomparabilmente elevato al di là ed al di sopra di tutta la creazione. Il luogo descritto da Isaia è importantissimo anch’esso perché è il solo ed unico luogo delle Sacre Scritture in cui si parla dei Serafini. Ora, nel mentre che ad Isaia apparvero dei Serafini (dall’ebraico seraph, che significa ardere, bruciare), per infondergli nell’animo il fuoco dello zelo e dell’eloquenza, ad illuminare Ezechiele vennero inviati i cherubini che, come dice il loro nome, sono spiriti sapienti e propagatori della sacra dottrina. Nella sua visione (Ez 1, 1-23), egli vide giungere un uragano ed una nube circondata da sfavillante splendore, con del fuoco inestinguibile e del metallo incandescente, al centro della quale vi sono quattro figure umane: ogni figura ha quattro facce e quattro ali. Le facce hanno le sembianze umane sul davanti e sembianze di leone, toro, uomo ed aquila sugli altri lati. Sopra la loro testa c’è un firmamento splendente come cristallo e, sopra di esso, un trono con una figura dalle sembianze umane.  I cherubini erano già comparsi in Gn 3, 24, dopo la cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre e sulla reliquia più sacra ad Israele, l’Arca dell’Alleanza (Es 25, 19-25), nonché per aiutare Davide in una battaglia (2 Sam 22, 11; Sal 18, 11).

Il profeta Zaccaria riferisce le sue visioni, che un angelo di YHWH interpreta per lui, alla parola di Dio (Zc cap. 1-8). Esse esprimono la consolazione di Sion per la ricostruzione. L’angelo si occupa anche del demone Asmodeo (Gb 2, 1) e, alla fine rimane la promessa del Signore che tornerà con gli angeli santi (Zc 14, 5). In tutto questo tempo, prima della venuta del Redentore, l’angelo è colui che fa da mediazione tra Dio e gli uomini. Il Libro di Daniele contiene, in sintesi, tutta l’angelologia ebraica. Nei capitoli in lingua aramaica, esso eredita la figura dell’angelo del Signore mandato in aiuto dell’uomo in situazioni difficili. Presenta poi alcuni nomi propri nuovi come Gabriele e Michele che, assieme, svolgono funzione di incoraggiamento, d’interpretazione della storia e di protezione del popolo.  Il Libro di Tobia presenta Raffaele. Etimologia legata alla sua azione guaritrice ed in cui egli guarisce gli occhi di Tobi, assiste Tobia nel suo viaggio e lo preserva da ogni pericolo, libera la bella Sara dai falsi timori del demonio Asmodeo.  Raffaele è colui che presenta a Dio le preghiere e le buone azioni degli uomini ed è “uno dei sette angeli che stanno sempre pronti ad entrare alla presenza della maestà del Signore”
(Tb 12, 15).  Gli angeli del Libro di Giobbe appartengono alla corte celeste ed il loro stesso nome indica l’intimo legame con Dio. Essi sono chiamati “figli di Dio”, “santi”, ma anche angeli; “servi di Dio” e testimoni della creazione, da loro salutata con gioia. Sono portavoce dell’uomo presso Dio, mentre, presso i morenti, sono invocati quali “angeli della morte”, quali “membri della corte divina”.
In conclusione gli angeli nell’Antico Testamento compaiono fin dalle prime battute: essi chiudono il paradiso terrestre (Gn 3, 24); salvano Agar e suo figlio Ismaele (Gn 21, 17); un angelo trattiene la mano di Abramo mentre si appresta a sacrificare il proprio figlio Isacco (Gn 22, 11); essi accettano l’ospitalità di Lot e lo proteggono (Gn 19); appaiono a Giacobbe nel sonno lungo la scala (Gn 28, 12); annunciano nascite prodigiose (Gdc 13, 3-7) e custodiscono i passi dei giusti (Sal 91, 11); essi cantano le lodi del Signore (Is 6, 1-4) e presentano a Dio le preghiere dei santi (Tb 12, 12); altri angeli assistono Elia (1 Re 19, 5), Isaia (Is 6, 6), Ezechiele (Ez 40, 2), Daniele (Dn 7, 16), Azaria e i suoi compagni gettati nella fornace (Dn 3, 49-50) e lo stesso Daniele nella fossa dei leoni (Dn 6, 23). Infine nel Libro di Tobia, Raffaele si presenta come l’aiutante benefico degli amici di Dio.

GLI ANGELI NEL NUOVO TESTAMENTO

Gli Angeli popolano con la loro presenza anche le pagine del Nuovo Testamento, rivelando talora quei nomi che la tradizione giudaica aveva loro assegnato, come Gabriele e Michele (Luca 1,19.20; Apocalisse 12,7; Giuda 9), delineando le loro gerarchie di Troni, Dominazioni, Principati e Potestà (Colossesi 1,16; 2,10; Efesini 1,21; 1 Pietro 3,22; Giuda 8), presentandoli come assistenti al soglio divino (1 Pietro 1,12; Apocalisse), come custodi dei piccoli (Matteo 18,10) e delle chiese di Cristo (Apocalisse 2-3), dotati di una loro lingua specifica (l Corinzi 13,1) e segnati al loro interno da una linea di demarcazione drammatica, quella della ribellione satanica che dà origine all’Angelo tenebroso (Giuda 6; Apocalisse 9,11; 12,9; 2 Corinzi 11,l4; Matteo 25,41; Romani 8,38).  Nonostante questo affollarsi di Angeli, bisogna, però, riconoscere che le Scritture Sacre cristiane tendono sempre a ricondurre a Dio e al suo Cristo la centralità della fede, non agli Angeli. Dalla prima Alleanza, al cui servizio essi erano destinati (Atti degli Apostoli 7,30.35.38.53; Galati 3,19; Ebrei 11,28), gli Angeli si pongono ora a disposizione di Cristo e della sua Chiesa. Gli angeli circondano l’intera vita di Cristo – appaiono nel presepe come splendore della discesa di Dio in mezzo a noi; riappaiono nell’Ascensione come splendore della nostra ascesa in Dio.

GLI ANGELI DEL NATALE

Se ci fermiamo alla pura statistica, l’Angelo entra in scena quattro volte con Matteo (1, 20.24; 2, 13.19), rivolgendosi a Giuseppe.  Si ripresenta ben quattordici volte in Luca (1.11- 19.26.27.30; 2,9-14), coinvolgendo le due annunciazioni – a Zaccaria e a Maria – e le due nascite, quelle di Giovanni il Battista e di Gesù. Non per nulla ai nostri occhi il Natale è ancor oggi una notte gelida, con i pastori attorno a un fuoco che arde, una grotta con alcune presenze povere (il bue e l’asino), ma solenni. In alto, però, ci sono soprattutto gli Angeli, tanti Angeli che intonano un corale cosmico: “Subito apparve con l’angelo [che aveva annunziato la nascita del Cristo] una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama” (Luca 2,13-14). Ma tutto era cominciato prima, quando l’Angelo Gabriele era apparso a Zaccaria per annunziargli la nascita di Giovanni il Battista (Luca 1,8-20) e quando un Angelo anonimo si era presentato ad annunziare a Giuseppe la notizia del mistero che stava per compiersi in quella donna che egli voleva ripudiare.

Racconta Matteo: “Mentre stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore che gli disse: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria. (…) Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato 1’angelo del Signore” (Matteo 1 ,20.24). Dopo la nascita di Cristo ecco profilarsi l’incubo della persecuzione di Erode. Matteo, continua così il suo racconto: “Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: ‘Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto’” (2,13).
E dopo il soggiorno egiziano, “morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: ‘Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nel paese d’Israele’” (2,19).  Ma entrato in Palestina, seppe che regnava Archelao, figlio di Erode, e allora “avvertito in sogno, [Giuseppe con Gesù e Maria] si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nazareth” (2,22-23). Come si vede il tracciato dei voli angelici pervade tutto il cielo del Natale quasi come una mappa di luce, di salvezza, di speranza. Una posizione privilegiata è occupata da Gabriele, ministro del consiglio della corona di Dio: non per nulla Luca (1,19) gli mette in bocca una frase che nel linguaggio orientale definisce i ministri (“Io sono Gabriele che sto al cospetto di Dio” e i ministri erano appunto “coloro che avevano accesso al cospetto del re”). Ma con Gabriele appaiono altri Angeli anonimi nel Natale di Cristo; anzi Luca (2,14) in quella notte, come si è visto, introduce “tutta la milizia celeste”, cioè tutto l’esercito di Dio, composto di legioni angeliche, pronte a combattere il male e l’ingiustizia. Quelle legioni che Gesù, al momento dell’arresto nel giardino del Getsemani, dirà di non voler convocare per bloccare il suo destino sacrificale (Matteo 26,53: “Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli?”). Ma la presenza angelica si era affacciata già prima di quell’ora terribile. Vi sono, infatti, gli Angeli che si accostano a Gesù, al termine delle tentazioni sataniche, per servirlo (Matteo 4,11). V’è l’Angelo che veglia sui piccoli: “Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli” (Matteo 18,10). V’è l’Angelo consolatore nella sera dell’agonia: “Gli apparve [nel Getsemani] un angelo del cielo a confortarlo” (Luca 22,43), V’è l’Angelo che indica il destino dell’uomo oltre la morte: “Alla risurrezione (…) si sarà come angeli nel cielo” (Matteo 22,30).

GLI ANGELI DELLA PASQUA

Ma, importanti come quelli del Natale, sono gli Angeli della Pasqua. Se l’Angelo del Natale era simile a un profeta che annunziava l’incarnazione, cioè l’ingresso di Dio nella storia proprio sotto le spoglie di quel bambino nato nella “città di Davide”, Betlemme, l’Angelo della Pasqua proclama la redenzione piena operata da Cristo e sigillata dalla sua vittoria sulla morte.
“Vi fu un grande terremoto: un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve. Per lo spavento che ebbero di lui le guardie tremarono tramortite. Ma 1’angelo disse alle donne: ‘Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. E’ risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: E’ risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete’. Ecco, io ve l’ho detto” (Matteo 28,2-7).  Essi inaugurano anche la missione della Chiesa quando, nel giorno dell’ascensione di Cristo nella sua gloria celeste, sotto l’aspetto di “due uomini in bianche vesti” (e il bianco nella Bibbia è simbolo dell’Eterno), si rivolgeranno agli Apostoli così: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo” (Atti degli Apostoli 1,10-11).

GLI ANGELI CHE ACCOMPAGNANO LA CHIESA
La Chiesa vive da quel momento accompagnata dagli Angeli. V’è l’Angelo degli Apostoli: apre loro le porte del carcere in piena notte (Atti degli Apostoli 5,19). V’è l’Angelo di Pietro: di notte gli scioglie le catene, lo riveste e gli spalanca le porte della prigione (Atti degli Apostoli 2,7-11). V’è l’Angelo del diacono Filippo: mette questo ministro del vangelo sulla strada di Gaza per incontrare l’eunuco etiope, ministro della regina Candace, e così convertirlo (Atti degli Apostoli 8,26). V’è l’Angelo del centurione romano Cornelio: gli annunzia la via della salvezza attraverso l’incontro con Pietro (Atti degli Apostoli 10,3; 11,13). V’è l’Angelo di Paolo: durante la tempesta che colpisce la nave che porta l’Apostolo a Roma per essere processato, lo conforta e gli assicura che raggiungerà il tribunale di Cesare per testimoniare Cristo (Atti degli Apostoli 27,23-24). V’è l’Angelo di tutti gli annunziatori del vangelo: assiste alla lotta che il discepolo deve condurre per compiere la sua missione (1 Corinzi 4,9).

V’è l’Angelo della liturgia e lo presenta lo stesso Paolo nel passo un po’ folcloristico sul velo delle donne (1 Corinzi 11,10). Come si vede, la presenza angelica popola le strade della Chiesa e della sua storia. E non l’abbandona nell’ultimo momento, quello dell’arrivo alla Gerusalemme celeste. Lo stesso Gesù nel suo “discorso sulle cose future”, dedicato alla meta ultima della storia umana e cosmica, aveva richiamato la funzione degli Angeli quasi come cerimonieri dell’evento del giudizio finale (Matteo 13,41-42; Marco 13,27.32; Luca 16,22). Ma sarà l’Apocalisse (il libro che parla degli ultimi tempi) ad affollare il cielo di Angeli. In un trionfo di luce, gli Angeli dell’Apocalisse cantano, assistono al soglio divino, suonano trombe, scagliano i flagelli del giudizio, scardinano dalle fondamenta Babilonia, la città del male, simbolo della Roma imperiale, incatenano la Bestia infernale, vegliano alle porte della Gerusalemme celeste, la città della gioia, seguono Michele nella lotta estrema tra Bene e Male. Ma lo stesso libro nelle sue pagine di apertura, ossia nelle lettere indirizzate ad altrettante comunità cristiane dell’Asia Minore (Apocalisse 2-3), rivela che su ogni Chiesa ancora pellegrina sulla terra veglia un Angelo del Signore. Egli raccoglie il messaggio ora dolce ora aspro di Cristo e lo comunica ai fedeli di Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia e Laodicea, divenendo così partecipe delle sorti della comunità che egli assiste.

RIMANE UN’ULTIMA NOTA

E’ facile riempire i cieli di deliziosi Angioletti. E’ pericoloso inoltrarsi nel mondo angelico con intenti magici perché questa è idolatria stupida e ingenua superstizione. L’Angelo è, in verità, un segno dell’Unico che dev’essere adorato, Dio; è solo un indice puntato verso l’unico, vero mistero, quello divino; è un mediatore al servizio dell’ “unico mediatore” tra Dio e gli uomini che è Cristo Signore. Ritornare alla serietá della fede, in questo come in altri campi, è necessario. Ce lo ricorda soprattutto Paolo. Egli aveva già reagito con forza contro coloro che riducevano il mistero cristiano a comportamenti superstiziosi: scrivendo ai cristiani di Colossi, li aveva messo in guardia dal praticare un loro culto angelico esasperato: “Nessuno si compiaccia in pratiche di poco conto e nella venerazione degli angeli, seguendo le pretese visioni” (Colossesi 2,18). “A quale degli angeli Dio ha detto: ‘Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato?”, si domanda autore della Lettera agli Ebrei (1,5).
Al centro dell’autentica fede cristiana non ci sono gli Angeli, ma Cristo che è “al di sopra di ogni potenza angelica” e nel cui nome “ogni ginocchio si piega in cielo, sulla terra e sotto terra” (Filippesi 2,10).

ALTRO STUDIO SUGLI ANGELI NEL NUOVO TESTAMENTO

GLI ANGELI NEL NUOVO TESTAMENTO

Come nei racconti dell’Antico Testamento, così anche il Nuovo parla di Angeli e di forze spirituali celesti. Essi vengono citati come “angeli”, “angeli di Dio”, “angeli del Signore”, “angeli del cielo”, “angeli santi”, “angeli forti”, oltre che come “forze”, “potenze”, “principati”. Vengono inoltre citati i nomi di Gabriele (Lc 1, 19-26) e di Michele. Il Nuovo Testamento, che contiene la Rivelazione di Gesù, che è accompagnato in modo evidente dalla presenza degli angeli, accoglie, prosegue e completa le storie dell’Antico. Come il patriarca Giacobbe aveva visto gli angeli salire e scendere tra il cielo e la terra, tra Dio e l’uomo (Gn 28, 12), così gli Apostoli vedono salire e scendere gli angeli al di sopra del Figlio dell’uomo (Gv 1, 31), completando così l’antica Alleanza.

Gli angeli sono al suo servizio, mostrando così che in Lui vi è ben più di un uomo di Dio; essi sono il raggio spirituale della gloria dell’Altissimo; sono la sua corte e, dunque, al servizio di Gesù stesso. Gli angeli intorno al Cristo evocano i Serafini del Tempio, intorno al tre volte Santo ma, siccome Gesù condivide la condizione umana, gli angeli si prestano a tutte le funzioni dove possono servirlo. Certo, gli angeli non intervengono nei miracoli di Gesù, in cui agisce per la sua sola potenza, ma evidenziano tutti i punti salienti della vita e della morte e resurrezione del Figlio di Dio. San Gabriele (Lc 1, 2), con un segno incoraggiante e allo stesso tempo di sofferenza, annuncia la nascita del Precursore al padre Zaccaria. A Zaccaria che gli chiedeva, come nell’Antico Testamento, dei segni, ora Dio richiede una fede più spontanea, di cui l’angelo reclama la fiducia: Non temere. Di fronte alla sua mancanza di fede, egli lo punisce col mutismo fino alla nascita del figlio. La differenza dell’apparizione con Maria è proprio insita nella fiducia. Maria, a differenza di Zaccaria ha fede. L’unico suo pensiero è come coniugare l’accettazione del Figlio col suo voto di castità. La stessa cosa accade con san Giuseppe, ritenutosi indegno di ricevere sotto il suo tetto la Madre del Salvatore ed il Salvatore stesso. Ecco allora il compito delicato dell’Arcangelo Gabriele, quando gli dice: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di ricevere Maria, tua sposa, presso di te”, “Non temere” (Mt 1, 20), perché egli è un “singolare depositario del mistero” nascosto da secoli nella mente di Dio (cfr. Ef 3, 9), come lo era diventata Maria nel momento decisivo che, dall’Apostolo, è chiamato “la pienezza dei tempi”, allorché “Dio mando il suo Figlio, nato da donna, per riscattare coloro che erano sotto la legge” perché ricevessimo “l’adozione a figli”.
La gioia del cielo è comunicata alla Terra, a degli umili pastori, gente abituata a vegliare per custodire il proprio gregge, così come i sacerdoti dovrebbero custodire i loro fedeli, per cui un angelo del Signore appare per comunicare ed iniziare ad evangelizzare. Ad essi, che erano presi da grande timore, l’angelo dice: “Non temete, perché vi annuncio una grande gioia, destinata a tutto il popolo. Oggi è nato, nella città di Davide, un Salvatore, che è il Cristo Signore” (Lc 2, 9). E subito dopo di lui, una numerosa rappresentanza del popolo celeste intona il “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace sulla terra agli uomini ch’Egli ama” (Lc 2, 13). E’ un messaggio rassicurante, un dono d’amore e di salvezza, la nascita di Colui che condivide la gloria di Yahvé.
Nella stessa venuta dei Magi, in rappresentanza di tutti i popoli della terra, si scorge l’azione angelica, anche se gli angeli non vi si mostrano: la stella che appare, si nasconde e riappare, nonché il messaggio dato in sogno di “ripartire per un altro cammino” (Mt 2, 9-12).
L’angelo di nuovo appare in sogno a Giuseppe e lo esorta: “Alzati, prendi il bambino e sua madre e fuggi in Egitto” (Mt 2, 13); e qualche anno dopo, alla morte del perfido Erode, lo spirito celeste nuovamente lo esorta: “Alzati, prendi il bambino e sua madre e ritorna in Israele, perché sono morti, quelli che attentavano alla vita del bambino” (Mt 2, 20). Gesù, durante la sua vita pubblica, ha una chiara coscienza di non essere solo sulla Terra, Egli ha un rapporto continuo con gli angeli, dopo la vittoria sulla tentazione del demonio nel deserto, gli angeli “vengono a servirlo” (Mt 4, 11). Dove appare l’angelo cattivo, non possono esserci che anche gli angeli fedeli! A Natanaele che gli fa visita, Gesù fa una stupefacente promessa: “In verità, in verità, vi dico vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere al di sopra del Figlio dell’uomo” (Gv 1, 51). Questa espressione del Cristo significa evocare il Libro della Genesi ed il famoso sogno di Giacobbe a Bethel: “Una scala era piantata in terra ed il suo vertice raggiungeva il cielo, e gli angeli di Dio vi salivano e vi scendevano”. Ecco che Yahvé stava dinnanzi al patriarca e diceva: “Io sono Yahvé, il Dio di Abramo, tuo avo e il Dio di Isacco” (Gn 28, 12-13). Giacobbe si svegliò dal sonno e disse: “In verità, Yahvé è in questo luogo ed io non lo sapevo!”. Ebbe paura e disse: “Questo luogo è terribile! Questa è nientemeno che la Casa di Dio e la porta del cielo” (Gn 28, 16-17). Quindi, parlando con Natanaele, Gesù fa un’affermazione un po’ enigmatica per dire che la sua umanità è il luogo di una presenza tutta speciale di Yahvé, una Casa di Dio, una Porta del cielo. Ovunque vada, Gesù è invisibilmente scortato dagli Spiriti celesti. Molto volentieri Gesù cerca di far prendere coscienza ai suoi uditori della presenza di questi amici celesti invisibili: “Cercate di non scandalizzare uno solo di questi piccoli, perché Io vi dico che i loro angeli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli” (Mt 10, 18). Riguardo poi al giudizio finale, Gesù rivela il ruolo di amministratori da parte degli angeli della giustizia divina: “Allora, il Figlio dell’uomo invierà i suoi angeli, ed essi toglieranno dal suo regno tutti gli operatori di scandali e quelli che commettono l’iniquità” (Mt 13, 41). Anche il ritorno glorioso del Figlio di Dio avverrà sotto scorta degli angeli, alla fine dei tempi: “Perché il Figlio dell’uomo deve venire nella gloria del Padre coi suoi angeli, allora renderà a ciascuno secondo le sue opere” (Mt 16, 27). San Paolo, su questo ritorno di Gesù con gli angeli, è estremamente crudo: “Questo accadrà quando il Signore Gesù verrà dal cielo e apparirà con i suoi angeli potenti. Allora, con fuoco ardente punirà quelli che non conoscono Dio. Essi saranno condannati ad una rovina eterna, lontani dal Volto del Signore, lontani dalla sua gloriosa Potenza. In quel giorno egli verrà per essere accolto da tutti quelli che sono suoi, per essere riconosciuto e ammirato da tutti quelli che credono in Lui. E anche voi ci sarete, perché anche voi avrete creduto a ciò che vi ho annunziato” (2 Tess 1, 7-10). La presenza degli angeli, che sono sempre accanto a noi, in ogni istante della nostra vita e in tutti i momenti di lotta e di gioia ci aiuti a mantenere viva la nostra adesione al Signore Gesù, nella fiducia di essere partecipi con Lui della vita eterna, infatti “colui che avrà vergogna di me e delle mie parole, il Figlio dell’uomo avrà vergogna di lui quando verrà nella gloria del Padre con i suoi santi angeli” (Mc 8, 38). Ma Gesù è venuto per soffrire e così redimere il peccato dell’umanità. Gli angeli stanno con Lui per autentificare la sua missione dinnanzi agli uomini e anche per portargli un conforto. Nel breve preludio all’agonia, il giorno delle Palme, una voce proclama dal cielo: “Io l’ho glorificato e lo glorificherò di nuovo” e la folla conclude: “E’ un angelo che gli ha parlato” (Gv 12, 28-29). Nella dolorosa agonia del Getsemani, proprio nel momento di maggiore sofferenza, di fronte all’immane peso dei peccati di tutto il genere umano, un angelo viene a consolare Gesù: “Allora gli apparve, venendo dal cielo, un angelo che lo confortava. In preda all’angoscia, pregava in modo più intenso, ed il suo sudore divenne come grosse gocce di sangue che cadevano a terra” (Lc 22, 43-44). E’ uno degli avvenimenti più misteriosi della storia della Passione del Signore. Del resto, Gesù stesso fa un chiaro richiamo agli angeli nel momento della sua cattura. Di fronte a coloro che, armati di spade e di bastoni, vengono ad arrestarlo come un malfattore, e alla reazione violenta di Pietro che vuole difenderlo con la spada, Gesù dichiara: “Cosa credi, non sai che io potrei chiedere aiuto al Padre mio e subito mi manderebbe più di dodici legioni di angeli? Ma così non si compirebbero le parole della Scrittura. Essa afferma che così deve accadere” (Mt 26, 53-54). Della vittoria della vita sulla morte, gli angeli sono i primi testimoni: “Avvenne un grande terremoto, l’angelo del Signore discese dal cielo e rovesciò la pietra dall’ingresso del sepolcro, alla sua vista le guardie, spaventate, svennero”. Alle pie donne che di buon mattino si recano al sepolcro per cospargere di unguenti il corpo di Gesù, l’apparizione angelica avviene in una forma più morbida: “Un giovane vestito con un abito bianco e seduto alla destra del sepolcro” (cfr Mt  28, 1; Mc 16, 1-8; Lc 24, 1-12; Gv 20, 1-10). Ovviamente questo non impedisce alle donne di spaventarsi, ma l’angelo le rassicura: “Non temete, so che voi cercate Gesù, il crocifisso; egli non è più qui, perché è risuscitato come aveva predetto, venite a vedere il posto dove era deposto” (Mc 16, 6). Negli Atti degli Apostoli, gli angeli concorrono all’edificazione della Chiesa primitiva, liberando gli Apostoli dalla prigione e dando direttive precise su ciò che essi devono fare: “Andate – dice l’angelo spalancando la porta della prigione – e mettetevi a predicare al popolo nel tempio tutte queste parole di vita” (At 5, 20). San Pietro, dopo essere stato liberato dalle catene e condotto fuori dalla prigione, esclama: “Ora sono veramente certo che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode” (At 12, 11). Gli Atti degli Apostoli narrano numerosi interventi straordinari e provvidenziali degli angeli a favore della Chiesa nascente. Singolari sono le apparizioni angeliche a coloro che non hanno ancora ricevuto il battesimo, come ad esempio al centurione Cornelio e al funzionario della regina d’Etiopia. Il centurione Cornelio vede un angelo presentarsi a casa sua e dirgli: “Le tue preghiere e le tue elemosine sono salite dinnanzi a Dio. E ora manda degli uomini a Giaffa per far venire un certo Simone detto Pietro” (At 10, 4-5). Cornelio esegue prontamente l’istruzione dell’angelo e fa venire l’apostolo Pietro che lo evangelizza così, insieme a tutta la sua famiglia, si converte e riceve il battesimo (At 10, 48). Anche il funzionario della regina d’Etiopia, s’imbatte in Filippo, uno dei primi sette diaconi. Il messaggero celeste dice infatti a Filippo: “Alzati e va verso mezzogiorno, sulla strada che discende da Gerusalemme a Gaza” (At 8, 26). Filippo obbedisce all’invito dell’angelo e lungo la strada incontra l’Eunuco etiope, plenipotenziario della regina, gli spiega le Scritture e gli conferisce il battesimo (At 8, 39). L’apostolo Paolo, in diversi punti delle sue Lettere: ai Romani (Rm 8, 38); ai Corinzi (1 Cor 4, 9; 11, 10; 13, 1); ai Galati (Gal 13, 19); ai Tessalonicesi (2 Tess 1, 17); e più ancora agli Ebrei (Eb 12, 22; 13, 2) professa apertamente la sua fede di fariseo e di cristiano negli angeli. In uno tra i primi Inni a Cristo, San Paolo, in modo molto poetico afferma: “Egli si manifestò nella carne, fu giustificato nello Spirito, apparve agli angeli, fu annunziato ai pagani, fu creduto nel mondo, fu assunto nella gloria” (1 Tm 1, 16). La medesima Lettera a Timoteo ammonisce gravemente: “Ti scongiuro, davanti a Dio, a Cristo Gesù e agli Eletti (cioè agli angeli) di osservare queste norme” (1 Tm 5, 21). Quando Paolo, afflitto da una grave malattia fisica, arrivò presso i Galati, i cristiani di quella comunità lo accolgono “come un angelo di Dio, come Gesù Cristo” (Gal 4, 14). Paolo stesso affermerà di sé: “Siamo diventati spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini” (1 Cor 4, 9). Nella 1 Cor 11, 2-16, Paolo descrive l’originale banchetto eucaristico nella comunità, in quest’occasione egli sottolinea: “La donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli” (1 Cor 11, 10), l’uso del velo sul capo delle donne era probabilmente un antico retaggio della Sinagoga dove, probabilmente, si risentivano gli influssi del Libro di Enoch dove era scritto che la bellezza delle donne aveva affascinato anche gli angeli che si erano uniti ad esse ed era nata la razza mostruosa dei giganti. Paolo accoglie la Tradizione ebraica sugli angeli che consegnano la Legge a Mosè sul Monte Sinai (cfr Ef 19, 13-19; Eb 2, 8). San Paolo inoltre accoglie un’immagine tradizionale nel descrivere il ritorno di Cristo: “Il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’Arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo” (1 Tess 4, 16). La Lettera ai Colossesi, uno scritto di scuola paolina, parla in modo elevato degli angeli che furono creati in Cristo. Tutto ciò è espresso con l’antica immagine ebraica degli eserciti celesti: “[…] per mezzo di Lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui [….] perché piacque a Dio di fare abitare in Lui ogni pienezza e per mezzo di Lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il Sangue della sua croce, cioè per mezzo di Lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli” (Col 1, 16, 19-20). Ovviamente San Paolo combatte la smisurata venerazione per gli angeli, i cristiani, per l’apostolo delle Genti, certamente devono amare questi Spiriti celesti ma essi non devono prendere il posto di Gesù Cristo: “Nessuno vi impedisca di conseguire il premio, compiacendosi in pratiche di poco conto e nella venerazione di angeli, seguendo le proprie pretese visioni, gonfio di vano orgoglio nella sua mente carnale” (Col 2, 18). Le Lettere paoline mettono l’accento anche sugli angeli del male. Il mondo di Dio è luce, quello di satana tenebre. Ma il demonio si traveste di luce, così come i falsi maestri si travestono da servitori della giustizia (cfr 2 Cor 11, 14 ss.). Quando il Regno di Dio, alla fine dei tempi arriverà, i demoni che sono i dominatori di questo mondo e di questo tempo verranno definitivamente privati del loro potere (cfr 1 Cor 15, 24). Una, anzi, due volte, Paolo avrebbe voluto recarsi a visitare la comunità di Tessalonica: “Ma satana ce lo ha impedito” (1 Tess 2, 18). E nella seconda Lettera ai Corinzi scrive deciso che Satana è il “dio di questo mondo” (2 Cor 4, 4). Insistente è il doloroso lamento del combattimento dell’Apostolo contro le potenze delle tenebre: “Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia. A causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed Egli mi ha detto: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (2 Cor 12, 7-9). Sempre alla lotta contro gli spiriti maligni la Lettera agli Efesini afferma: “Attingerete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza. Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo” (Ef 6, 10 ss.). “Nell’ira non peccate; non tramonti il sole sopra la vostra ira, e non date occasioni al diavolo” (Ef 4, 26 ss.). Nella Lettera agli Ebrei, San Paolo scrive che gli angeli sono “spiriti ministri inviati per un servizio in favore di quelli che devono ereditare la salvezza”. Infine, l’Apocalisse, con le sue 67 citazioni sugli angeli è il Libro del Nuovo Testamento che mostra più interesse per gli Spiriti celesti. Gli angeli più importanti nella prima parte dell’Apocalisse sono quei sette, che ai tempi dell’Apostolo Giovanni presiedevano alle sette Chiese dell’Asia Minore, cioè alle Chiese di Efeso, di Smirne, di Pergamo, di Tiatira, di Sardi, di Filadelfia e di Laodicea. Ogni Chiesa è presieduta e guidata non solo dal proprio vescovo, ma anche da un proprio angelo o, come direbbe Origene, è vegliata da due vescovi, l’uno visibile e l’altro invisibile, da un essere umano e da un angelo. I vescovi, per San Giovanni sono angeli, infatti egli li chiama con questo nome, sia perché l’ufficio dei vescovi è pur quello degli angeli, di custodire i fedeli e le chiese, sia perché angelo vuol dire “nunzio”, e nunzi di Gesù Cristo presso i popoli sono appunto i vescovi, come afferma anche di sé l’Apostolo Paolo (cfr 2 Cor 20). Nella seconda parte dell’Apocalisse, Giovanni, rapito in spirito, vede il cielo aperto e uno seduto sul trono (Ap 4, 1-2), che tiene in mano un libro sigillato con sette sigilli (Ap 5, 1). In questa rivelazione profetica dell’Apocalisse, San Giovanni vede dappertutto angeli, che adempiono fedelmente i decreti della misericordia e della giustizia divina. E’ un angelo che col sigillo di Dio imprime sulla fronte degli eletti il segno, che dovrà salvarli nel giorno della vendetta (Ap 7, 2-3). Nell’istante in cui gli angeli danno fiato alle prime sei trombe, sulla terra scendono dal cielo i castighi che, nella loro diversità, esprimono le punizioni che ci meritiamo in rapporto ai nostri peccati. Nello stesso tempo, al suono della tromba del settimo angelo, si elevano nel cielo voci che annunziano: “Ora comincia nel mondo il Regno di Dio nostro Signore e del suo Cristo. Un Regno per i secoli eterni” (Ap 11, 15). Gli angeli santi combattono contro il dragone infernale: “Da una parte Michele e i suoi angeli, dall’altra il drago con i suoi angeli” (Ap 12, 7-9). E’ interessante notare un parallelismo: come la Bibbia comincia con il racconto genesiaco della creazione, dove si narra del Cherubino terribile che caccia gli uomini dal paradiso terrestre (Gn 3, 24), così all’opposto l’ultimo angelo dell’Apocalisse è quello che con grande affetto introduce Giovanni nella Gerusalemme celeste (Ap 12, 8).  Giovanni, in questa sua visione, non parlò con nessuno dei cittadini beati che popolano la Città di Dio, nemmeno con quei dodici angeli, che vide posti alla guardia delle dodici porte della Città (Ap 21, 42), ma invece ascoltò sempre in silenzio, l’angelo che lo guidava, guardando attonito e stupefatto la Gerusalemme celeste. Ma ad un tratto, come riavutosi dallo stupore, Giovanni si getta ai piedi dell’angelo e vuole adorarlo: “Mi prostrai ai piedi dell’angelo che mi mostrava tali cose, per adorarlo. Ed egli mi disse: “Guardati dal fare questo, perché io sono servo come te, e come i tuoi fratelli, i profeti e quelli che osservano le parole di profezia di questo Libro: Tu adora solo Dio” (Ap 22, 8-9). Perché l’angelo vieta a Giovanni di adorarlo? Forse che gli angeli nell’Antico Testamento non furono forse adorati da Abramo, da Lot, da Giosué e da altri? Né Giovanni indubbiamente voleva idolatrare quell’angelo, perché egli sapeva bene che non era Dio, ma un semplice angelo, essendone stato già avvertito in una visione precedente (Ap 19, 10). Nell’Apocalisse, Giovanni sapeva perfettamente bene quello che faceva, voleva solo rendere all’angelo quel tributo di onore e di venerazione dovuto ai cittadini del cielo, che nel linguaggio biblico può anche essere definito con il termine di adorazione. Ma l’angelo rifiuta di ricevere tale onore da un Apostolo quale era Giovanni e a lui, in quanto tale, afferma di non essergli superiore a causa del ministero giovanneo di essere profeta di Dio. In conclusione gli angeli sono ovunque presenti nel Nuovo Testamento, a cominciare dall’apparizione dell’arcangelo Gabriele alla Vergine Maria (Lc 1, 26-30). Gli angeli rendono gloria a Dio nel più alto dei cieli e portano la pace sulla terra agli uomini di buona volontà (Lc 2, 14); annunciano la Buona Novella ai pastori (Lc 2, 18); l’angelo del Signore rassicura Giuseppe angosciato (Mt 1, 20) e protegge il Bambino Gesù, la cui vita è minacciata da Erode (Mt 2, 13-20); nel deserto, dopo la tentazione, gli angeli si avvicinano a Gesù per servirlo (Mt 4, 11); gioiscono per la conversione anche di un solo peccatore (Lc 15, 10) e s’indignano per coloro che causano scandalo ai piccoli (Mt 18, 10); confortano Gesù nella sua agonia, fanno rotolare la pietra della tomba e appaiono alle pie donne (Mt 28, 1-3; Mc 16, 5; Lc 23, 4-6); intervengono al momento dell’Ascensione per spiegare ai discepoli il vero significato di quell’evento (At 1, 11); liberano dalla prigione gli Apostoli (At 5, 18-19) e poi San Pietro (At 12, 6-7); saranno di nuovo presenti con le loro trombe nel giorno del giudizio (Ap 8, 6-10); per finire, nell’Apocalisse l’Arcangelo Michele con i suoi angeli combatte Lucifero e lo respinge nell’abisso (Ap 12, 7-12).

LE GERARCHIE DEGLI ANGELI

Nella Bibbia, sia Daniele 7:11 sia Apocalisse 5:11 parlano di “migliaia di migliaia” di Angeli. Dato il numero elevato e l’organizzazione “militare” degli angeli (secondo il linguaggio umano), non stupisce che si sia presto pensato a gerarchie che li ordinassero per importanza o, almeno, per diversità. Fu l’autore denominato pseudo-Dionigi l’Areopagita (400 d. C.), a diffondere la gerarchia e l’organizzazione angelica giunta fino ai giorni nostri. (L’autore si chiama “pseudo” (= non il vero), perché il vero Dionigi l’Areopagita fu un filosofo greco del I secolo d.C. convertito al Cristianesimo, come si può leggere in Atti degli Apostoli 17:34, e il suo nome fu utilizzato come pseudonimo dall’anonimo autore del V secolo. Lo pseudo-Dionigi descrisse nel suo libro dedicato agli angeli 9 ordini angelici, divisi in 3 cori di 3 ordini ciascuno. Il grande S. Tommaso d’Aquino accettó questa divisione e con lui tutta la Chiesa
1° Ordine: Coro dei Serafini
                 Coro dei Cherubini
                 Coro dei Troni

SERAFINI
Sono gli angeli più vicini a Dio, in quanto ne circondano il trono. Sono citati per la prima volta nella Bibbia in Isaia 6:2, dove vengono descritti così: “ognuno aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava.” I serafini sono spesso definiti come angeli d’amore e caratterizzati dalla luce e dal fuoco. La luce emanata da essi è così intensa che nessun altro essere divino può superarla. Non sono nominati nel Nuovo Testamento.
CHERUBINI
Dotati di spade di fuoco furono posti all’entrata del Giardino dell’Eden in Genesi 3:22; Cherubini sono anche gli angeli scolpiti in oro che furono posti sull’Arca dell’Alleanza di cui si legge nell’Esodo. Nella tradizione ebraica, i Cherubini sono considerati i cocchieri di Dio, in quanto trasportano il suo trono. Sono i custodi della Conoscenza di Dio e gli vengono dati importanti compiti. Sono gli Angeli più attendibili e fedeli.
TRONI
Sono tra gli angeli meno conosciuti e più enigmatici. Si troverebbero dinanzi al trono di Dio. Loro assolvono alla loro primaria funzione di carro di Dio e trasmettono il Suo giudizio. Secondo la tradizione, sono caratterizzati da fermezza assoluta che servirebbe loro per portare la giustizia divina sulla Terra.

2° Ordine:   Coro delle Dominazioni
                   Coro delle Virtú
                   Coro delle Potestá

DOMINAZIONI
Ricevono ordini dai Serafini e dai Cherubini e sono responsabili del mantenimento dell’ordine nell’universo. Hanno il compito di regolare l’attività degli altri angeli, facendo in modo che la Gloria di Dio si manifesti. Nella religione cristiana, a capo delle Dominazioni si troverebbe l’angelo Zachariel. Egli, come le altre Dominazioni, sarebbe portatore di uno scettro, simbolo del loro potere.

VIRTÙ
Essi concedono benedizioni al mondo materiale. Inoltre incoraggiano gli umani a convertirsi al giusto e al Signore nei momenti difficili. Sono angeli che possono compiere miracoli sulla Terra e sono rappresentati come portatori di grazia e valore. In Matteo 18:10 si accenna a una loro funzione di angeli custodi: “Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.” Nella tradizione cristiana due degli angeli dell’Ascensione si ritengono appartenessero a questo ordine.

POTESTÀ
Sono le forze che proteggono il mondo dall’invasione dei demoni. Hanno il compito più pericoloso, quello di difendere i confini tra Paradiso, Terra e Inferno e devono stare sempre vigili in caso di attacchi demoniaci. Le Potestà sarebbero incaricate di vegliare sui demoni fino al Giorno del Giudizio, affinché non possano recare danno all’Uomo. Devono anche stare di guardia e assicurarsi che le anime che lasciano la terra raggiungano il paradiso sane e salve. Non c’è da stupirsi se molti degli angeli caduti appartengono a questo rango. Per San Paolo, nella sua lettera agli Efesini 6:12, il maggior numero di angeli ribelli contro Dio sia venuto dalle loro schiere: “La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti.

3° Ordine:   Coro dei Principati
                   Coro degli Arcangeli
                   Coro degli Angeli
PRINCIPATI
Furono in principio gli angeli protettori delle nazioni e delle città; guardano direttamente sopra il nostro mondo, guidandolo e proteggendolo e sono angeli capaci di miracoli. Loro proteggono gli interessi religiosi. Inoltre controllano sull’operato degli altri angeli. Secondo S. Paolo, alcuni angeli ribelli contro Dio sono usciti anche da questa schiera.
ARCANGELI
Conosciuti anche come “Gli osservatori”, gli arcangeli sono mandati per fare il volere di Dio che ha effetto direttamente sugli uomini. Guardano inoltre sui doveri degli altri angeli e sono a capo delle armate celesti durante le battaglia tra il bene e il male. Gli Arcangeli sono i piú importanti messaggeri divini, ma la loro collocazione nei bassi ordini della gerarchia angelica non vuol dire che contano poco;  gli angeli più conosciuti e potenti, infatti, sono proprio definiti Arcangeli, nonostante questo termine ricorra solo due volte nella Bibbia.
In Apocalisse 8:2 vengono citati sette angeli con sette trombe, generalmente ritenuti Arcangeli, basandosi anche sul libro apocrifo di Enoch che elenca proprio sette nomi di Arcangeli: Uriel, Raguel, Michael, Seraqael, Gabriel, Haniel e Raffael.

ANGELI
Sono i più vicini agli uomini e alle loro attività. Controllano i comportamenti dei mortali in varie maniere, sorvegliano famiglie e singole anime, guidandole e proteggendole da attacchi demoniaci. Inoltre assolvono al ruolo di messaggeri e di corrieri per conto di angeli di grado superiore e di Dio stesso.


I NOMI (BIBLICI) DI ALCUNI ANGELI

Michele (in ebraico «Chi come Dio?»), Gabriele («Dio è la mia forza») e Raffaele («Dio salva») sono gli unici tre arcangeli citati per nome nella Bibbia.
Michele è considerato il comandante dell’esercito celeste e la tradizione lo raffigura con una corazza e una lancia, oppure con uno scudo e una spada, mentre combatte vittoriosamente contro Lucifero. Un’altra rappresentazione lo vede con la bilancia in mano, simbolo della pesatura, al momento del giudizio finale, del bene e del male compiuto dalle anime. Da Pio XII è stato proclamato patrono dei radiologi e dei poliziotti.

L’Antico Testamento lo presenta come «il gran principe» (Daniele 12,1) e il difensore del popolo di Israele: «Michele, uno dei principi supremi, mi è venuto in aiuto» (Daniele 10,13). Nel Nuovo Testamento è il capo delle schiere angeliche, che contrastano gli angeli ribelli: «Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago» (Apocalisse 12,7).

Gabriele viene considerato l’ambasciatore per eccellenza di Dio.
La tradizione iconografica lo rappresenta generalmente con un giglio in mano, ma in qualche caso viene raffigurato anche con una lanterna e uno specchio di diamante. Pio XII lo proclamò patrono delle telecomunicazioni e dei comunicatori, mentre Paolo VI ha aggiunto la protezione delle poste e dei filatelici. Nell’Antico Testamento dà al profeta Daniele degli avvertimenti su ciò che accadrà al popolo di Israele. Nel Nuovo Testamento appare in due circostanze. Dapprima nel Tempio di Gerusalemme, al sacerdote Zaccaria: «La tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni» (Luca 1,13.19). Quindi, sei mesi più tardi, alla vergine Maria: «L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret» (Luca 1,26-27).

Raffaele è ritenuto dalla tradizione l’angelo che guarisce le infermità fisiche e spirituali. La tradizione lo vede raffigurato nell’atto di portare un pesce e un bastone, oppure con in mano un calice contenente una bevanda medicamentosa. La tradizione popolare gli attribuisce la protezione di viaggiatori, marinai, farmacisti, fidanzati e giovani sposi. Il suo nome è segnalato unicamente nell’Antico Testamento, dove il Libro di Tobia ne racconta il costante intervento in favore di Tobi e dei suoi cari. Raffaele è inoltre considerato l’avversario di Asmodeo, il demone che nella tradizione ebraica si presenta come il nemico dell’unione coniugale.
C’è un desaparecido, nelle sacre schiere angeliche, del quale si è conservato unicamente il nome: URIELE. L’ultimo avvistamento ufficiale risale al 745, quando papa Zaccaria, al termine del secondo Sinodo provinciale di Roma, decise di stroncare l’abuso del vescovo Adalberto, che invocava «i sette arcangeli che stanno davanti a Dio» con pratiche superstiziose e formule magiche. Proibí allora ogni devozione in suo onore, nonostante la Liturgia romana ne celebrasse ufficialmente la festa il 15 luglio: «È opportuno astenersi nelle preghiere pubbliche dal nominare tutti gli altri angeli, eccetto quei tre ammessi».

La Sacra Scrittura, infatti, cita soltanto gli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, e dunque gli altri nomi invocati nella preghiera di Adalberto – fra i quali spiccava Uriele – sarebbero potuti essere angeli decaduti, demoni che nessuno doveva onorare con un atto di culto. Tuttavia dei sette principi angelici si trova riscontro in diversi testi ebraici, fra cui spicca un antico codice rinvenuto nel XVI secolo nella Biblioteca vaticana che, accanto alla triade Michele-Gabriele-Raffaele, cita Uriele e i meno conosciuti Barachiele, Gaudiele e Sealtiele. Tutti questi nomi si potevano leggere, ancora agli inizi del Settecento, sotto altrettanti arcangeli raffigurati in un quadro della chiesa romana di Santa Maria della Pietà in piazza Colonna. Quelle fonti attribuirebbero a Uriele un’importanza tale da inserirlo addirittura nella compagnia dei primi quattro spiriti che stanno sempre intorno al trono di Dio. Una preghiera del Talmud recitava infatti: «Nel nome del Signore, Dio d’Israele, sia Michele alla mia destra, Gabriele alla mia sinistra, dinanzi a me Uriele, dietro a me Raffaele, e sopra la mia testa la divina presenza di Dio». Il suo nome in ebraico deriva da hur (luce, fuoco) ed Elohim (Dio), a significare «luce di Dio» o «fuoco di Dio»: egli dunque sarebbe incaricato di portare all’umanità la conoscenza e la comprensione del Divino e perciò veniva anche definito angelo «della presenza» o «della salvezza».

LA DOTTRINA GENERALE DEI PADRI E DELLA CHIESA
SUGLI ANGELI DECADUTI

Fin dal II secolo Sant’Ireneo insegnò che il diavolo è un “angelo apostata”; che Cristo, ricapitolando in se stesso la guerra di questo nemico contro di voi, dovette affrontarlo agli inizi del suo ministero.
Sant’Agostino lo mostrò all’opera nella lotta delle “due città”, che hanno origine in cielo, quando le prime creature di Dio, gli angeli, si dichiararono fedeli o infedeli al loro Signore”; nella società dei peccatori egli vide un “corpo” mistico del diavolo”.
La maggioranza dei Padri videro nel loro orgoglio – cioè nel desiderio di innalzarsi al di sopra della loro condizione, di affermare la loro indipendenza, di credersi Dio – il principio della loro caduta; ma, accanto a quest’orgoglio, molti sottolinearono anche la loro cattiveria nei confronti dell’uomo. Per sant’Ireneo, l’apostasia del diavolo sarebbe cominciata quando egli ebbe gelosia della creazione dell’uomo e cercò di farlo ribellare al suo autore.
 “Noi crediamo fermamente e professiamo con semplicità… un principio unico dell’universo, creatore di tutte le cose visibili e invisibili, spirituali e corporee: con la sua onnipotenza all’inizio del tempo egli creò insieme dal nulla l’una e l’altra creatura, la spirituale e la corporea, cioè gli angeli e il mondo, poi la creatura umana, che appartiene in qualche modo all’una e all’altra, composta di spirito e di corpo. Perché il diavolo e gli altri demoni sono stati creati da Dio naturalmente buoni, ma son diventati cattivi da se stessi, per propria iniziativa; quanto all’uomo, egli ha peccato per istigazione del diavolo”.
Sul diavolo e i demòni il concilio si limita ad affermare che, creature dell’unico Dio, essi non sono sostanzialmente cattivi ma lo divennero per il loro libero arbitrio. Non vengono precisati né il loro numero né la loro colpa, né l’estensione del loro potere. L’insegnamento cattolico, quindi, dice che la Trinità è un solo Dio, il quale ha fatto e creato tutti gli esseri che esistono, in quanto esistono; di modo che ogni creatura, sia intellettuale che corporea, o per dirla in breve secondo i termini delle divine Scritture, sia invisibile che visibile, non appartiene alla natura divina, ma è stata fatta dal nulla da Dio.

SAN TOMMASO
San Tommaso considera gli Angeli come puri spiriti; da ció derivano tutte le logiche conseguenze, e cioé: a) Esistenza: Volendo Dio creare un cosmo che fosse lo specchio della sua infinita perfezione, era conveniente che creasse, tra le varie creature, anzi tutto quelle che maggiormente gli assomigliavano: tali sono le creature angeliche che sono come Dio, puri spiriti, intelligenti e liberi. “Pertanto quelli che si trovano al massimo grado tra gli esseri creati, sono quelli che maggiormente assomigliano a Dio; essi hanno ricevuto da Dio un essere eterno…Questi esseri non sono composti di materia e spirito, ma sono puri esseri spirituali, e cosí sono stati creati da Dio. b) Finitudine: Gli Angeli sono esseri finiti, per il fatto stesso di essere stati creati da Dio. Essi sono dotati di intelligenza, di volontá e di libertá. c) Personificazione: Gli Angeli sono persone: “infatti tutto ciò che è intelligente o razionale ha motivo di chiamarsi persona“. Quindi gli Angeli godono della perfezione della personalità, anche se sono puri spiriti. d) Specificità dell’agire: Il modo di conoscere degli Angeli come anche il loro modo di volere è completamente diverso dal modo di conoscere e di volere degli uomini. “La conoscenza intellettuale dell’uomo si realizza mediante il ragionamento; la libera volontá mediante la decisione. Per quanto riguarda gli Angeli essi conoscono attraverso l’ intuizione intellettuale, grazie alla quale, vedono immediatamente (senza fare ragionamenti) ció che c’è da conoscere. Mentre per quanto riguarda la volontá libera, le loro scelte sono rapidissime, pressoché immediate (senza formarsi prima un giudizio). E’ dunque evidente che negli Angeli vi è libertá perfetta. Per S. Tommaso, gli Angeli hanno un compito speciale, che riguarda l’uomo. Il loro compito principale è quello di essere custodi dell’uomo, difenderlo dalle aggressioni del demonio e di aiutarlo a conseguire la salvezza eterna. Però gli Angeli non possono piegare la volontà umana, perché ciò è esclusivo di Dio. Gli Angeli possono guidare gli uomini con la persuasione e, come possono fare gli stessi uomini, possono muovere la volontà agendo sui sentimenti e sulle emozioni. Infatti la volontà è soggetta soltanto a Dio, e Dio solo può operare in essa, perché ne è l’oggetto principale quale ultimo fine” (“Somma Teologia, q.57, a.4).

L’ANGELO CUSTODE
Una breve parola bisogna dire sull’Angelo Custode nella Teologia Cattolica, poiché l’argomento ci tocca da vicino. Secondo la Tradizione ecclesiale, gli Angeli hanno come ufficio proprio quello di assistere, proteggere, guidare l’umanità perché possa conseguire la salvezza eterna. Alcuni sono preposti a custodire la famiglie, altri le città, altri le nazioni, altri tutte le nature corporee; altri sono preposti alla custodia delle singole persone: a questi si riserva il titolo di “Angeli Custodi”. A questa realtà allude Gesù quando, parlando dei fanciulli, accenna ai loro Angeli (cfr. Mt 18,10).

Già nei primi anni del cristianesimo tale veritá era accettata e ferma, tanto da indurre i fedeli nel cenacolo a ritenere naturale che l’Angelo Custode di san Pietro l’avesse liberato dalla prigionia (cfr. At 12, 45).
San Tommaso raccogliendo la Tradizione della Chiesa orientale e occidentale, ha dedicato una lunga questione della “Somma Teologia” (q.113 della Prima Parte) al chiarimento di quali siano gli uffici dell’Angelo Custode.
Egli affronta la questione dibattuta, già dai tempo di Origene, se l’Angelo Custode sia concesso a tutti o soltanto ai battezzati: e conclude che l’Angelo Custode è concesso a tutti e non soltanto ai battezzati. L’Angelo Custode anche ai non battezzati dona sempre illuminazioni e spinte verso la salvezza, sebbene trovi ostacoli dallo spirito del male, che lo avversa.
Dopo la morte “l’uomo non avrà più un Angelo Custode, ma avrà in cielo un Angelo “con regnante”, o all’inferno un demonio tormentatore”.

CONCLUSIONE
Qualunque sia questo mondo celeste, esso è inserito nel piano divino della creazione e nel disegno di salvezza di Cristo. La credenza nell’esistenza degli Angeli e nel loro ruolo presso gli uomini è un elemento dogmatico della fede cristiana. Essi hanno un posto indispensabile nell’insieme del mistero della fede (1Tm 3,16). Tutto l’insegnamento della Chiesa sugli Angeli è sintetizzato nel Catechismo della Chiesa Cattolica.

CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA

Il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) afferma l’esistenza degli Angeli, come “verità di fede”, testimoniata dalla Scrittura e dalla Tradizione (CCC n.328). La loro creazione avvenne dal nulla, secondo l’insegnamento del Concilio Lateranense IV del 1215 (CCC n.327; cf. anche Paolo VI: “Credo del popolo di Dio”, 8). Sempre il CCC specifica inoltre l’identità degli Angeli: sono creature spirituali, dotate di intelligenza, volontà e libertá e sono superiori alle creature visibili (CCC n.330). La missione degli Angeli consiste nell’essere servitori e messaggeri di Dio e potenti esecutori dei suoi comandi (CCC n.329).
Particolarmente accentuata è la relazione degli Angeli con il mistero di Cristo: “Cristo è il centro del mondo angelico” (CCC n.331). Questa centralità ha due motivazioni: gli Angeli, insieme all’intera creazione, sono stati creati per mezzo di Lui e in vista di Lui, e inoltre, essi sono messaggeri del suo disegno di salvezza (CCC n.331). Il CCC delinea una catechesi biblica sugli angeli e sulla loro missione nell’AT e nel NT. I pochi episodi scelti dall’AT (CCC n.332) menzionano i cherubini che, dopo la cacciata dell’uomo, custodiscono il giardino dell’Eden e l’albero della vita (Gn 3,24); gli Angeli che proteggono Lot (Gn 19); l’Angelo che salva Agar e il suo bambino assetati e smarriti nel deserto (Gn 21,17); quello che ferma la mano di Abramo in procinto di immolare Isacco (Gn 22,11-12); l’Angelo che guida il popolo nel deserto (Es 23,20-23); quello che annuncia la nascita di Sansone (Gdc 13); l’Angelo che annunzia la vocazione di Gedeone (Gdc 6,11-24); l’Angelo che assiste Elia in fuga e impaurito, con una focaccia e un orcio d’acqua (1Re 19,5-7). Gli episodi scelti dal NT menzionano, anzitutto, Gabriele che annuncia la nascita del Battista e di Gesù (CCC n332). Si ricordano poi gli interventi degli Angeli che cantano l’inno di lode per la nascita del Salvatore, ne proteggono l’infanzia, lo servono nel deserto, lo confortano nell’agonia, annunciano la buona novella della resurrezione, lo serviranno nell’ultimo giudizio (CCC n.333). Si deve dire, contrariamente a una certa cultura moderna, che l’esistenza degli Angeli, sia nel mondo biblico, sia nella cultura pagana e cristiana dei primi secoli della Chiesa, era una verità creduta e posseduta pacificamente da tutti. Il pericolo, talvolta, proveniva dall’esagerazione e dall’esasperazione del mondo angelico, come succedeva, ad esempio, con l’eresia cátara. Nel 1215 il Concilio Lateranense IV si pronunciò contro l’eresia cátara. I cátari ritenevano Satana essere il Dio dell’AT e creatore del mondo e grande avversario del Dio buono manifestatosi nel NT. Consideravano Gesù un Angelo inviato dal Dio buono per istruire gli uomini sulla loro patria perduta. Per i cátari il mondo materiale era intrinsecamente cattivo, per cui veniva proibito, ad esempio, il matrimonio, l’esercizio della sessualità, il lavoro. I cátari contrapponevano al monoteismo cristiano un dualismo: il Dio cattivo (Satana) e il Dio buono (il Dio di Gesú Cristo). Contro l’eresia cátara, il Lateranense IV riassume la coscienza di fede biblica ed ecclesiale sull’esistenza e sulla natura degli Angeli. Oggi molti non credono alle presenze spirituali; le ritengono superflue e appartenenti ad una mentalitá e ad una cultura ritenuta superata.
Bisogna tener conto di due motivazioni teologiche per una certa marginalizzazione degli Angeli: 1) la gerarchia delle verità di fede pone il mondo angelico non al centro, bensì alla periferia della fede cristiana; 2) la rivalutazione teologica della funzione mediatrice di Maria sembra aver sostituito del tutto la presenza altrettanto protettrice e benefica degli Angeli.
Ai nn. 391-395 si parla della caduta di alcuni angeli, di un loro peccato
(2 Pietro 2,4): “tale ‘caduta’ consiste nell’avere, questi spiriti creati, con libera scelta, radicalmente ed irrevocabilmente rifiutato Dio e il suo Regno…

A far sì che il peccato degli angeli non possa essere perdonato è il carattere irrevocabile della loro scelta… La Scrittura attesta la negativa e dannosa influenza di colui che Gesù chiama ‘omicida fin dal principio’… La potenza di Satana però non è infinita. Egli non è che una creatura, potente per il fatto di essere puro spirito, ma pur sempre una creatura: non può impedire l’edificazione del regno di Dio”. Che Dio permetta l’attività diabolica è un grande mistero, anche se sappiamo che in tutte le cose Dio interviene per il bene di coloro che lo amano (n. 394-395).
Nella nuova riforma liturgica, la Chiesa ha raccolto la dottrina tradizionale sugli angeli e il diavolo: si mantengono la festa degli arcangeli (29 settembre) e quella degli angeli custodi (2 ottobre), così come la Messa votiva dei Santi Angeli. È la prima volta, dopo Trento, che si include nel Messale Romano un prefazio che ringrazia Dio per la creazione degli angeli, e nella prima e quarta preghiera eucaristica sono i protagonisti.

GLI ANGELI NELLA VITA DEI SANTI

“Ogni fedele ha al proprio fianco un angelo come protettore o pastore, per condurlo alla vita”. san Basilio di Cesarea “I più grandi santi e gli uomini di Dio hanno vissuto nella familiarità degli angeli. Nella vita dei mistici e dei santi gli “incontri angelici” sono frequenti. Ecco alcuni esempi significativi:

 SAN FRANCESCO D’ASSISI (1182-1226) La devozione di San Francesco per gli angeli è descritta da san Bonaventura in questi termini: “Con inseparabile vincolo d ‘amore era unito agli angeli, a questi spiriti che ardono d’un fuoco meraviglioso e, con esso, penetrano in Dio e infiammano le anime degli eletti. Per devozione verso di loro, a cominciare dalla festa dell ‘Assunzione della Vergine santissima, digiunava per quaranta giorni, dedicandosi continuamente alla preghiera. Era particolarmente devoto a san Michele arcangelo”.

SAN TOMMASO D ‘AQUINO (1225-1274) Durante le sua vita ebbe numerose visioni e comunicazioni con gli angeli, oltre a dedicare loro particolare attenzione nella sua Summa teologica (S Th. I, q.50-64). Ne parlò con così tanta acutezza e penetrazione e seppe esprimersi nella sua opera in maniera così convincente e suggestiva, che già i suoi contemporanei lo definirono “Doctor Angelicus”, Dottore Angelico. Esseri di natura puramente immateriale e spirituale, di numero incalcolabile, diversi per saggezza e perfezione, suddivisi in gerarchie, gli angeli, per lui, sono esistiti da sempre; ma furono creati da Dio, forse prima del mondo materiale e dell’uomo. Ogni uomo, sia esso cristiano o non cristiano, ha un angelo custode che non lo abbandona mai, neppure se è un grandissimo peccatore. Gli angeli custodi non impediscono che l’uomo faccia uso della sua libertà anche per compiere il male, tuttavia operano su di lui illuminandolo e ispirandogli buoni sentimenti.

BEATA ANGELA DA FOLIGNO (1248-1309) Affermò di essere stata inondata di gioia immensa alla vista degli angeli: “Se non l’avessi sentita, non avrei creduto che la vista degli angeli fosse capace di dare una tale gioia”. Angela, sposa e madre, si era convertita nel 1285; dopo una vita dissoluta, aveva iniziato un cammino mistico che l’aveva portata a divenire perfetta sposa di Cristo che le era apparso più volte insieme agli angeli.

SANTA FRANCESCA ROMANA (1384-1440) La santa più conosciuta e amata dai romani. Bella e intelligente, avrebbe voluto essere sposa di Cristo, ma per obbedire al padre acconsentì al matrimonio con un patrizio romano e fu madre e sposa esemplare. Rimasta vedova si dedicò completamente alla vocazione religiosa. È fondatrice delle Oblate di Maria. Tutta la vita di questa santa è accompagnata da figure angeliche, in particolare sentiva e vedeva accanto a sé sempre un ‘angelo. Il primo intervento dell’angelo è del 1399 salvando Francesca e sua cognata che erano cadute nel Tevere. L’angelo si presentava come un bambino di 10 anni con i capelli lunghi, gli occhi splendenti, vestito di una tunica bianca; fu soprattutto vicino a Francesca nelle numerose e violente lotte che ella dovette sostenere con il diavolo. Questo angelo fanciullo rimase accanto alla santa per 24 anni, poi fu sostituito da un altro molto più risplendente del primo, di gerarchia superiore, che restò con lei fino alla morte. Francesca fu amatissima dal popolo di Roma per la straordinaria carità e le guarigioni che otteneva.

PADRE PIO DA PIETRELCINA (1887-1968) Devotissimo all‘angelo. Nelle battaglie numerose e durissime che dovette sostenere con il maligno, un personaggio luminoso, certo un angelo, gli fu sempre vicino per aiutarlo e dargli forza. “Che l’angelo ti accompagni” diceva a chi gli chiedeva la benedizione. Una volta disse: “Pare impossibile quanto siano obbedienti gli angeli!”.

TERESA NEUMANN (1898-1962) Nel caso di un’altra grande mistica del nostro tempo, Teresa Neumann, contemporanea di Padre Pio, troviamo un contatto quotidiano e sereno con gli angeli. Essa nacque nel paesino di Konnersreuch in Baviera nel 1898 e qui morì nel 1962. Il suo desiderio sarebbe stato quello di farsi suora missionaria, ma ne fu impedita da una grave malattia, conseguenza di un incidente, che la rese cieca e paralizzata. Per anni rimase a letto, sopportando serenamente la propria infermità e fu poi improvvisamente guarita prima dalla cecità poi dalla paralisi, per l’intervento di Santa Teresa di Lisieux di cui la Neumann era devota. Ben presto incominciarono le visioni della passione di Cristo che accompagnarono Teresa per tutta la vita ripetendosi ogni venerdì, in più, gradualmente, si manifestarono le stigmate. In seguito Teresa avverti sempre meno il bisogno di nutrirsi, poi smise completamente di mangiare e di bere. Il suo digiuno totale, controllato da apposite commissioni nominate dal vescovo di Ratisbona, durò ben 36 anni. Riceveva quotidianamente solo l’Eucaristia. Più di una volta le visioni di Teresa ebbero come oggetto il mondo angelico. Del proprio angelo custode percepiva la presenza: lo vedeva alla propria destra e vedeva anche l’angelo dei suoi visitatori. Teresa riteneva che il suo angelo la proteggesse dal demonio, la sostituisse nei casi di bilocazione (ella fu vista spesso contemporaneamente in due luoghi) e l’aiutasse nelle difficoltà. Molti altri santi hanno vissuto episodi significativi legati a questi messaggeri celesti tra cui: san Felice di Nola, Santa Margherita da Cortona, San Filippo Neri, Santa Rosa da Lima, Santa Angela Merici, Santa Caterina da Siena, Guglielmodi Narbona, Benedetta la veggente del Laus ecc.

NATUZZA (1924 – 2009), mistica di Paravati, in provincia di Catanzaro. Ella sin dal 1939 manifestò sudorazioni di sangue, con comparsa di piaghe, soprattutto il mercoledì santo, il giovedì santo ed il venerdì santo. Tali fenomeni, tenuti nascosti fino al 1965, sono poi venuti a conoscenza di molte migliaia di persone. Si attribuiscono a Natuzza varie potenzialità: dalla bilocazione alla morte apparente, dalla trance al dialogo con i defunti, dall’esorcismo al canto angelico. Di quest’ultimo sono offerte varie testimonianze: 1) “Natuzza cadde in estasi, ed improvvisamente sentimmo un suono lontano, indescrivibile, una musica talmente melodiosa, come un coro di dieci, venti voci intrecciate. Io mi impressionai moltissimo: era come un canto angelico lontano lontano, non sembrava venire dalla bocca di Natuzza”. 2) “Ho udito in quell’epoca il canto angelico proveniente da Natuzza in estasi. Questo canto fu udito da molte persone di Paravati, qualche volta, eccezionalmente, fu udito dai figli di Natuzza, mentre ella non era in estasi ma del tutto sveglia, proveniente in questo caso non da lei, ma dall’esterno”. Natuzza minimizzò la cosa, dicendo che il canto proveniva dalla radio. 
Il fenomeno Natuzza si è protratto nel tempo senza che siano sorti molti dubbi sulla veridicità delle sue affermazioni e sulla singolarità degli eventi che l’hanno accompagnata nel corso della sua lunga esistenza. La sua tenuta nel tempo ha destato sorpresa anche in studiosi ben rigorosi e per nulla propensi a dar credito a fatti soprannaturali. Sta di fatto che numerosi testimoni riferiscono situazioni inconsuete legate alla figura di Natuzza. Uno straordinario carisma posseduto da Natuzza è la visione continua del proprio angelo custode e di quello delle persone con le quali viene a contatto. Il suo angelo custode, veduto da lei fin dalla fanciullezza, la guida, la ammonisce, la assiste nel suo lavoro di conversione, le dà particolari consigli. È il suo angelo custode ma più spesso l’angelo custode dei visitatori che suggerisce a Natuzza la risposta o il consiglio da dare, così asserisce candidamente Natuzza, ecco perché le sue risposte sono solitamente infallibili, e penetrano nell’intimo delle persone, perché sono suggerite dagli Angeli, creature di intelligenza e conoscenza superiore a quella umana. Utile risulta quest’altra informazione: Natuzza vede gli Angeli nelle sembianze di bambini bellissimi con i piedi sollevati da terra, dall’età apparente di 8-10 anni, alla destra delle persone laiche, ed alla sinistra dei sacerdoti. Vede loro muovere le labbra e sente, provenienti dalle loro labbra, le risposte da dare alla gente con la quale è in colloquio. Gli angeli custodi dei sacerdoti li accompagnano dando loro la destra, dice Natuzza, perché riconoscono in loro il rappresentante del loro e nostro Signore Gesù Cristo, mentre lo spirito delle persone laiche dà la destra all’Angelo, creatura superiore nella scala spirituale. Una simile spiegazione rientra pienamente in una concezione popolare della figura del sacerdote come inviato divino, dotato di poteri particolari. Si stabilisce quindi una sorta di gerarchia che vede la gente comune al livello iniziale, poi gli angeli e un po’ più in alto i sacerdoti. Del resto la stessa Natuzza pare giustificare ulteriormente un tale punto di vista in quanto “è stata sempre molto decisa nell’affermare e sostenere che gli angeli da lei visti, chiamati da lei il più delle volte ‘gli angioletti’, per la loro sembianza di bambini, sono delle creature reali, del tutto indipendenti e diverse sia dalle persone vive che dai defunti, create da Dio direttamente nello stato angelico e mai passati attraverso la natura umana”. Sempre secondo Natuzza Evolo “gli Angeli Custodi assistono gli uomini non solo durante tutta la vita, ma anche nel Purgatorio, fino all’ingresso in Paradiso”.

Sembra proprio che la donna di Paravati abbia avuto una particolare dimestichezza con gli angeli, della cui esistenza ne ha dimostrato ampiamente la veridicità.
 Un’altra volta, mentre Natuzza era a colloquio con i suoi visitatori, un sacerdote, nel salone-cappella, faceva dell’ironia con le persone presenti sulla facoltà della donna di parlare con gli angeli. Natuzza, avvertita dal suo angelo, uscì sull’uscio, rivolgendogli una frase di ammonizione in lingua latina. Il sacerdote rimase confuso. Quiando poi entró da Natuzza la rimproveró per averlo richiamato davanti a tutti. Poi Natuzza disse “Quel sacerdote non credeva che c’è l’angelo, e invece c’è, c’è! E poi mi rimproverò per il rimprovero in latino, ma nessuno dei presenti aveva capito cosa avevo detto!”.
La mistica di Paravati ha sempre affermato che la profondità delle sue risposte e dei suoi consigli provenivano non dalle proprie capacità ma dall’essere in contatto con gli angeli di Dio. La signora Luciana Paparatti di Rosarno dichiara: “Tempo fa mio zio Livio, il farmacista, stava facendo una cura contro il colesterolo. Un giorno, andando da Natuzza, portai con me zia Pina, la moglie di zio Livio. Quando fummo ricevute, la zia le disse: “Sono venuta per mio marito, vorrei sapere se le medicine sono giuste, se ci siamo affidati ad un buon medico…”. Natuzza la interruppe, dicendo: “Signora, ve ne state preoccupando troppo. C’è solo un po’ di colesterolo!”. Mia zia diventò tutta rossa e Natuzza, come per scusarsi, le disse: “L’angioletto me lo sta dicendo!”. La zia non le aveva parlato di colesterolo, aveva solo chiesto se la terapia era giusta e il medico bravo”. Il professor Valerio Marinelli, docente universitario di ingegneria, da tutti riconosciuto come il maggior biografo della mistica calabrese dichiara: In numerosissime occasioni ho personalmente constatato come Natuzza, dopo che le si è posto un quesito, attenda qualche attimo prima di rispondere, fissando spesso lo sguardo non sulla persona che le parla, ma su un punto vicino ad essa, ma soprattutto ho riscontrato come davvero ella è capace di dare immediatamente risposte illuminanti su questioni complesse e difficili sulle quali chi la interroga spesso non sa nulla, ed alle quali sarebbe arduo rispondere anche dopo lunghe riflessioni. Natuzza centra immediatamente il problema e ne suggerisce la soluzione, quando vi è una soluzione; moltissime volte ho potuto poi verificare, certe volte non subito ma dopo un intervallo più o meno lungo di tempo, come davvero lei aveva ragione ed aveva risposto ottimamente.

Questa velocità di giudizio su problemi di cui lei, obiettivamente, non possiede, dal punto di vista umano, gli elementi di giudizio, l’acutezza, l’intelligenza, la sinteticità e semplicità delle sue risposte, sono, a mio parere, del tutto eccezionali e superumane, tanto che credo esse possano costituire una valida prova della sua reale capacità di colloquiare con gli angeli, spiriti puri ai quali sempre i Dottori della Chiesa hanno attribuito intelligenza superiore, potenza e santità. Infine c’è da dire che la stessa Natuzza così si esprimeva: “Sì è vero, la Madonna mi appare spesso. Vedo anche il mio angelo custode e gli spiriti dei morti. Li vedo come se fossero ancora abitanti di questo mondo. Mi parlano, mi sorridono, sono vestiti come noi. A volte non riesco proprio a distinguere i vivi dai defunti. Sono cinquant’anni che mi capitano simili fenomeni, ma non so ancora dare loro una spiegazione”. E poi aggiunge: “Io sono niente, sono solo una povera donna che ripete ciò che dice l’angelo. Quando una persona viene a chiedermi consigli per un problema, io guardo il mio angelo custode. Se lui parla, io riferisco; se sta zitto, non posso dire niente perché sono ignorante”. Ed ancora: “L’angelo custode. Lo vedo continuamente. È lui che mi suggerisce ciò che devo dire alle persone. Ha l’aspetto di un bambino di circa otto anni, è biondo, con i capelli ricci. È sempre avvolto da una luce fortissima. Anche in questo momento vedo l’angelo. È qui, alla mia destra. È così luminoso che mi fa lacrimare gli occhi”.
Molti altri episodi – molti dei quali a noi probabilmente sconosciuti – si potrebbero aggiungere ma quel che resta chiaro è il profondo rapporto che Natuzza aveva con gli spiriti celesti, del quale si serviva ampiamente per aiutare la tanta gente che la voleva incontrare per cercare conforto da lei.
La signora Mercuri di Rosarno testimonia: “Una volta, mentre mi recavo a Mileto, passai da Natuzza, assieme a mia figlia Cinzia, che aveva allora otto anni. chiesi a Natuzza: “Natuzza, vedete qualcosa?” e lei: “Sì., vedo l’angelo della bambina”. “Sì?”, dico io e lei rivolgendosi a mia figlia: “Senti, ma perché tu rispondi male a mamma tua?”. Ed io: “Sì, talvolta mi risponde in un modo così sgarbato che sembra un diavoletto!”. E Natuzza: “Non c’è bisogno che me lo diciate voi, me lo sta dicendo l’angelo. Tu non devi rispondere così a tua mamma, devi essere più gentile!”. Una settimana dopo, di mattina, verso le dieci, mentre eravamo a casa, Cinzia, non ricordo più per quale motivo, mi diede una risposta sgarbata. Io le dissi: “Ma perché fai così, se ora ci fosse qui Natuzza, ti direbbe che al posto dell’angelo, hai il diavolo!”. Cinzia, arrabbiata, mi rispose: “La smetti con Natuzza!”, ed io: “Vuoi vedere che ora la chiamo e mi risponde?”. Cinzia, di scatto, disse: “Chiamala!”, ed io: “Natuzza, vedi come fa Cinzia, dai un segno nel bagno!”.

Di colpo, qualche istante dopo, sentiamo provenire dal lavandino del bagno un rumore violento, secco e forte, tale da metterci addosso una grande paura. Qualche tempo dopo tornai da Natuzza, ma non pensavo minimamente a quel fatto. Natuzza mi disse: “Signora, prima mi chiamate e poi vi impaurite!”. “Ma quando, Natuzza?”. E lei: “Non vi ricordate? Quando mi avete chiamato per la bambina, per l’angelo! Io ero presente!”.
La signora Rosa Galeso di Gioia Tauro ha raccontato: “Quando ero ragazza, fui bocciata all’esame di licenza media. Mi ritirai e l’anno seguente mi presentai all’esame come esterna. Mi ero preparata, ma ero molto preoccupata per la matematica, di cui sapevo ben poco. La prova scritta mi fu passata da una compagna, ma poi venne il momento degli orali. La professoressa mi diede una espressione da sviluppare, ma io non sapevo da dove incominciare. Ad un certo punto mi sentii come prendere la mano da qualcuno e svolsi perfettamente l’intero esercizio. Io, mentre ciò avveniva, mi feci tutta rossa dalle vergogna perché pensavo che mia mamma mi doveva aver raccodandato con la professoressa e che lei, prendendomi la mano con la sua, mi stava aiutando in quel modo così strano. Ma non appena l’intero esercizio fu svolto, mi accorsi che la professoressa era intenta a parlare con una sua collega e non badava affatto a me. Venni promossa grazie a quell’aiuto misterioso. A distanza di molti anni, raccontai questo episodio a Natuzza, e lei mi speigò: “E’ stato il vostro angelo custode. Pregate sempre l’angelo custode, perché non lo pregate mai?”. La signora Anna Suriano di Vibo Valentia ha narrato: “Una sera ero disperata perché mio figlio stava molto male, con delle difficoltà respiratorie. Mi misi ad invocare Natuzza dicendole: “Natuzza, tu tutti aiuti, prega anche per mio figlio, manda l’angioletto per aiutarlo!”. Poi mi addormentai, ma, nel corso della notte, mi svegliai e vidi proprio in un angolo della stanza, un bambino meraviglioso, vestito di bianco, più bello di tutti i bambini belli che avessi mai visto, scendere lentamente verso il basso, come se galleggiasse in aria. Aveva le ali ed una candela accesa nelle mani. Io esclamai: “Aiuta, aiuta il bambino mio!”. E lui subito sparì. In seguito Natuzza mi spiegò che era l’angioletto di mio figlio che si era fatto vedere per tranquillizzarmi”.Fra le pagine rinvenute di Don Giovanni Capelluto, confessore di Natuzza, abbiamo questa testimonianza sul rapporto della donna con gli spiriti celesti: “Natuzza mi ha detto: “Sabato sera 22 giugno 1946 ho visto la Madonna e le domandai di darmi una risposta. Mi rispose: “Fra un momento ti manderò l’angelo custode e ti riferirà quello che io ho detto a lui”. Poi le domandai perché non mi diceva più niente e mi rispose che se ne doveva andare.

Le domandai perché non mi dava la benedizione come le altre volte e se il motivo era dovuto a qualche peccato e mi rispose di mantenermi sempre nello stesso modo che mi avrebbe sempre dato la santa benedizione. Poi scomparve. Era sollevata qualche mezzo metro in mezzo alla camera ed io ero vicino alla finestra. Dopo un poco è apparso l’angelo. Appena l’ho visto mi sono spaventata e lui mi disse: “Calmati, non aver paura. Io sono l’angelo custode. Tu vuoi bene a Gesù?”. “Sì”, ho risposto. “Tu vuoi bene alla Madonna?” “Sì”, ho risposto. “Anche loro ti hanno voluto e ti vogliono bene”, poi, in riferimento alle domande di un giovane mi disse: “Nessuno meglio di me può leggere il suo pensiero. Il suo ideale a tutti noi piace, ma è un giovane molto complicato”. La Madonna ha detto riguardo a questo giovane: “Vuole essere fedele con la Madonna e con Gesù, ma deve offrire realmente il suo cuore. Che preghi, dia buoni esempi, sia umile e caritatevole, dimostrando così di essere figlio fedele a Dio e alla Madonna”. Poi l’angelo mi disse ancora: “Vi sono in Cielo più padri e madri che non zitelle. I santi si possono fare pure nelle grotte”. Poi a me disse: “Sii sempre buona, umile e caritatevole”. Io ho risposto: “Se sono povera come posso fare la carità?” e l’angelo, sorridendo, mi rispose così: “E’ meglio essere povera di ricchezze terrene e non di animo e di fede. Prega per tutto il mondo. E’ la migliore carità. Diglielo a tutti i fedeli di Maria che preghino se vogliono che il divino Re salvatore dia soddisfazione ai loro cuori”. Poi gli domandai quale angelo era e mi rispose che era l’angelo custode del giovane e scomparve”.Una volta un padre gesuita volle conoscere Natuzza e si recò da lei in incognito, indossando degli abiti civili. Parlò di vari argomenti e poi, dopo averle detto che stava per sposarsi, le chiese un consiglio ed un parere sulle sue imminenti nozze. Natuzza allora si alzò in piedi e, inchinandosi, gli baciò la mano. Il gesuita, stupito per quel gesto, chiese spiegazioni e Natuzza gli rispose: “Voi siete un sacerdote”. Il prete replicò che non era vero ma Natuzza aggiunse: “Vi ripeto che siete un sacerdote, un sacerdote di Cristo; lo so perché quando siete entrato ho visto che l’angelo vi dava la destra. Mentre con tutti gli altri l’angelo è alla sinistra”.La signora Carmela D’Amato di Vibo Valentia ha dichiarato: “Domenica 11 dicembre 1988 Natuzza mi diede una lettera chiusa, pregandomi di leggergliela. La aprii e vidi che si trattava di una lettera in francese, che le avevano mandato da un monastero del Carmelo. Io lessi il testo ad alta voce, e, con mia grande meraviglia, ebbi a constatare che Natuzza, come un’interprete simultaneo, subito dopo la mia lettura di ogni singola frase, dava la traduzione italiana perfetta, senza omettere alcuna parola. La signora in questione riporta il testo francese di tale lettera e indubbiamente si notano alcune parole difficili da tradurre senza dizionario, anche per chi ha studiato bene il francese a scuola. Natuzza, come è noto, era analfabeta e a stento parlava la lingua italiana, figurarsi il francese! Sempre il professor Marinelli afferma: “Il 25 – 6 – 1985 Natuzza ci ha detto: “Io vedo l’angelo custode di quasi tutte le persone che vengono da me. Di alcuni non lo vedo, o non lo vedo sempre, ma questo non vuol dire che l’angelo non c’è, ma per motivi che non conosco non si fa vedere da me. Io ripeto solo quello che l’angelo mi dice. Ad esempio se una mamma mi chiede talvolta: “Di che è morto mio figlio?”, e dice questo per provarmi, l’angelo mi risponde: “Lei lo sa già!”, ed io dico a quella persona: “Voi lo sapete”. Natuzza afferma di vedere gli angeli sotto forma di bambini bellissimi, luminosi, sollevati da terra. Questa visione è molto simile all’angelo come, già abbiamo visto, veniva descritto da santa Francesca Romana. Inoltre Natuzza, come faceva anche Padre Pio, esorta le persone che a lei si rivolgono, di chiedere il suo aiuto e le sue preghiere tramite il proprio angelo custode. La professoressa Tita La Badessa di Vibo Valentia a questo riguardo ricorda: “Un giorno io ero preoccupatissima perché mia madre, che era ammalata, si trovava a Milano presso un mio cugino ed io non riuscivo a telefonarle: il telefono risultava sempre occupato. Temetti che forse avevano ricoverato d’urgenza in ospedale mia mamma. Natuzza si trovava in vacanza e non era ancora rientrata a Paravati. Allora io pregai il mio angelo custode: “Diglielo tu a Natuzza che sono disperata!”. Dopo un po’ mi sentii pervadere da una tranquillità interiore, come se vi fosse qualcuno a dirmi: “Stai calma”, e mi venne in mente che forse il telefono di mio cugino era semplicemente fuori posto. Dopo cinque minuti mi telefonarono i miei parenti da Milano e mi spiegarono che il loro telefono, a loro insaputa, era fuori posto, e non era accaduto nulla di grave. Quando poi vidi Natuzza le dissi: “L’altro giorno vi ha chiamato l’angioletto?”. E lei: “Sì, mi ha detto: “Tita ti invoca, è preoccupata!”. Hai visto che si è sistemato tutto! C’è bisogno che ogni volta ti agiti tanto?”. Sempre la professoressa La Badessa: “Una notte rimasi sola a casa e, poiché era la prima volta che dormivo sola, ero inquieta. Non sapevo cosa fare e accendevo la luce e la spegnevo. Poi decisi di mettermi a letto, ma poichè non riuscivo ad addormentarmi, presi le carte e mi misi a giocare da sola, ma l’inquietudine non voleva andarsene.

Ad un certo punto, oltre la mezzanotte, dissi al mio angelo custode: “Angioletto, vai a dire a Natuzza, che non ce la faccio più!”. Poco dopo, di colpo, mi sentii serena ed anzi mi sembrò di percepire la presenza di Natuzza. Mi sembrò anche se non la vedevo con gli occhi che lei si fosse seduta sopra la poltroncina accanto al mio letto e che avesse i piedi incrociati, come usa lei, e con le braccia conserte. Mi rilassai ed a poco a poco mi addormentai. Quando poi incontrai Natuzza in carne ed ossa, le chiesi se fosse veramente venuta da me, ed ella mi rispose: “L’angelo mi ha svegliato mentre dormivo. Svegliati, svegliati, Tita ha bisogno di te e t’invoca”, così sono venuta da voi e vi ho fatto compagnia, finchè non vi siete addormentata”. “Ma eravate seduta sulla poltroncina?”. “Sì”. Il dottor Salvatore Nofri di Roma testimonia: “Ero nella mia abitazione di Roma, inchiodato a letto da diversi giorni a causa di una lombosciatalgia che non mi consentiva di camminare. Depresso ed amareggiato per essere impossibilitato di andare a trovare mia madre, ricoverata in ospedale, la sera del 25 settembre 1981, alle ore ventuno e trenta, dopo aver recitato il Rosario, pregai il mio angelo custode di andare da Natuzza. Mi rivolsi a lei con queste precise parole: “Ti prego, vai a Paravati da Natuzza, dille di pregare per mia mamma e di darmi, con un segno a suo piacere, la conferma che tu mi hai obbedito”. Non erano trascorsi cinque minuti dall’invio dell’angelo che percepii un meraviglioso, indefinibile profumo. Ero solo, nella camera non c’erano fiori, ma io, per oltre un minuto, respirai profumo: come se una persona, vicino al mio letto, dalla destra, alitasse profumo verso di me. Commosso ringraziai l’angelo e Natuzza con cinque Gloria”.La signora Silvana Palmieri di Nicastro asserisce: “Conoscevo Natuzza da qualche anno e sapevo ormai che ogni qualvolta avessi bisogno della sua intercessione per una grazia, potevo rivolgermi a lei con fiducia. Nel 1968, mentre eravamo a Baronissi (SA) in villeggiatura, durante la notte mia figlia Roberta venne colta da un improvviso malore. Preoccupata mi rivolsi al mio angelo custode affinchè potesse avvisare Natuzza. Dopo circa venti minuti la bimba stette già meglio. Al nostro ritorno dalla villeggiatura andammo a trovare, come è nostra abitudine, Natuzza. Lei stessa, ad un certo punto disse, specificandomi l’ora, di aver ricevuto la mia chiamata tramite l’angioletto. Tante altre volte questo si è verificato, ed ogni volta che ci siamo riviste, è stata sempre lei a dirmi di aver ricevuto i miei pensieri per lei”.

CONCLUSIONE

Gli angeli sono creature di Dio.
La loro missione fondamentale
è lodare Dio
e favorire la salvezza degli uomini. Nella Bibbia appaiono
come messaggeri di Dio
per aiutare gli uomini.

Appendice:
sintesi: GLI ANGELI NEL NUOVO TESTAMENTO

L’Angelo Gabriele appare a Zaccaria (Luca 1, 5-25)
Annuncio della nascita di Gesú (Lc. 1, 26-38)
I dubbi di Giuseppe (Mt. 1, 18-21)
Annuncio della nascita di Gesú ai pastori (Lc. 2, 8-14)
La fuga in Egitto (Mt. 2, 13) e ritorno a Nazareth (Mt. 2, 19-23)
L’Angelo che veglia sui piccoli: (Matteo 18,10).
l’Angelo consolatore nella sera dell’agonia: (Luca 22,43)
l’Angelo esempio del destino dell’uomo oltre la morte: (Matteo 22,30).
Gli Angeli della Pasqua (Matteo 28,2-7).
Gli Angeli inaugurano anche la missione della Chiesa (Atti 1,10-11).
V’è l’Angelo degli Apostoli: (Atti 5,19).
V’è l’Angelo di Pietro: (Atti 12,1-17).
V’è l’Angelo del diacono Filippo: (Atti 8,26).
V’è l’Angelo del centurione romano Cornelio: (Atti 10,1- 11,13).
V’è l’Angelo di Paolo: viaggio di Paolo verso Roma (Atti 27,1-24)
Gli Angeli presenti nel giudizio finale (Matteo 13,41-42; Luca 16,19-31)
Apocalisse 2-3: Ogni Chiesa ha il suo Angelo
E ancora: 5,2; 5,11; 7,1-3; 8,1

Nei cap. 8-9-10-11 sempre dell’Apocalisse, vengono descritte le attività svolte da ogni singolo Angelo, che suona la tromba e le relative conseguenze:

– primo Angelo suona la tromba: caduta di grandine e fuoco (8,7);
– secondo Angelo suona la tromba: caduta di un monte infuocato (vv. 8-9);
– terzo Angelo suona la tromba: caduta di una stella di fuoco (vv. 10-11);
– quarto Angelo suona la tromba: oscuramento dei luminari (v. 12);
– quinto Angelo suona la tromba: le cavallette;
– sesto Angelo suona la tromba: cavalli e cavalieri: duecento milioni, cioè distruzione totale (vv. 16-18);
– settimo Angelo suona la tromba: compimento del mistero (11,15-19).

14,6: “Poi vidi un altro Angelo che volando in mezzo al cielo recava un vangelo eterno… Egli gridava a gran voce…”
14,8: “Un secondo Angelo lo seguì gridando: è caduta, è caduta Babilonia la grande, …”
14,9: “Poi un terzo Angelo li seguì gridando a gran voce: Chiunque adora la bestia… berrà il vino dell’ira di Dio…”
14-17: “Un altro Angelo uscì dal tempio… Allora un altro Angelo uscì dal tempio che è nel cielo…”
14,18: “Un altro Angelo, che ha potere sul fuoco, uscì dall’altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata…”
14,19: “L’Angelo gettò la sua falce sulla terra, vendemmiò la vigna della terra e gettò l’uva nel grande tino dell’ira di Dio”
15,1-8: “Poi vidi nel cielo un altro segno grande e meraviglioso : sette Angeli che avevano sette flagelli…, diede ai sette Angeli sette coppe d’oro colme dell’ira di Dio e della sua potenza…”

– I Angelo con coppa sulla terra: ulcera maligna (16,1);
– II Angelo con coppa nel mare: sangue (16,3);
– III Angelo con coppa nei fiumi: sangue (16,4);
– IV Angelo con coppa sul sole: calore (16,8-9);
– V Angelo con coppa sul trono della bestia: oscuramento (16,10-11);
– VI Angelo con coppa sul fiume Eufrate: acque prosciugate (16,12-16);
– VII Angelo con coppa nell’aria: fenomeni catastrofici (16,17-21).

17,1-3: “Allora uno dei sette Angeli che hanno le sette coppe mi si avvicinò e parlò con me: Vieni, ti farò vedere la condanna della grande prostituta…”

a) un Angelo presenta la “prostituta” a Giovanni in persona, lo conduce nel deserto e gli mostra la prostituta (17,1-18);
b) un Angelo annuncia la caduta di Babilonia ( 18,1-20);
c) un Angelo getta la macina, o grande masso, in mare (18,21-24);
d) un Angelo invita gli uccelli al banchetto (19,17-21);
e) un Angelo incatena satana per mille anni (20,1-21,8).

21,9-23: “Poi venne uno dei sette Angeli che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli e mi parlò: Vieni, ti mostrerò la fidanzata, la sposa dell’Agnello”

22,1-7: “Mi mostrò poi un fiume d’acqua viva limpida, come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello”

22,16: “Io Gesù, ho mandato il mio Angelo, per testimoniare a voi queste cose…”


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