STORIA DELLA CHIESA

Premessa
Cosa è successo in questo periodo?
 Iniziamo col chiarirci che cosa si intende per “CHIESA”.
Quando diciamo CHIESA, si puó intendere:

  1. la CHIESA-INVISIBILE (Chiesa spirituale): cioè l’insieme di persone che vivono secondo lo stile e l’insegnamento di Gesú: amore e perdono.
    A questa “Chiesa invisibile di Cristo” appartengono uomini di ogni razza, popolo, lingua, nazione, cultura e religione che vivono nella giustizia, nell’amore e nel perdono, anche se non conoscono Cristo, anche se non conoscono Dio o dicono di non credere in lui.
  2. La CHIESA-ISTITUZIONE (Chiesa storica): cioè una Comunitá di persone che accettano Gesú come il Messia, credono in lui come il Figlio di Dio, fanno loro i suoi insegnamenti e sono organizzate secondo una struttura religiosa che si chiama CRISTIANESIMO.

Noi qui vogliamo parlare di CHIESA-STORICA (cioè del Cristianesimo) nelle sue origini e nel cammino della storia.La storia della Chiesa la si puó dividere in 3 grandi parti:
1) Epoca Antica, che va dall’inizio (33 d.C.) fino al V-VI secolo (400-500) d. C.
2) Epoca Medievale, che va dal V-VI secolo d.C. al XV secolo (1400) d.C.
3) Epoca Moderna, che va dal XVI (1500) d.C. fino ai nostri giorni)

PRIMA PARTE: EPOCA ANTICA
(33-400/500 d.C.)

INTRODUZIONE
Questo periodo è caratterizzato dal fatto che la Chiesa, appena nata, si trovó di fronte ad un ambiente (il mondo giudaico) e ad una civiltà (il mondo greco-romano) maturi, evoluti, esistenti giá da molti secoli, quindi giá forti, stabili (cosí come un bambino, il quale, quando nasce, si trova giá di fronte ad una famiglia giá esistente e ad mondo giá organizzato ed operante). Sia il mondo giudaico, sia il mondo greco-romana sono cresciuti e si sono sviluppati senza il Cristianesimo e giá prima di esso: sono, quindi, estranei al Cristianesimo.

IL MONDO GIUDAICO
Ma come era il mondo giudaico?
La Chiesa nascente ha trovato delle difficoltà nel mondo giudaico? Quali? Ha trovato dei vantaggi? Quali?
Il giudaismo era una ISTITUZIONE RELIGIOSA.
La religione era un tutt’uno con la vita sociale, con la vita politica, con la vita familiare, con ogni aspetto della vita; tutto era dominato dalla religione e i capi religiosi erano anche i capi della vita politica (un po’ come oggi è tra i Musulmani).
Il giudaismo (o ebraismo) era un “GOVERNO DI JAHVÈ (Teocrazia): Jahvé, attraverso i suoi rappresentanti umani, governava e dominava attraverso la “LEGGE DI MOSÈ”.
Il popolo giudaico (o ebraico) era l’unico popolo ad avere una FEDE MONOTEISTICA (fede in un unico Dio): questa fede era predicata, espressa e sostenuta senza debolezze, senza incertezze, con decisione.
Inoltre nel popolo giudaico (ebraico) era molto viva l’attesa di un MESSIA, ossia di un uomo mandato da Dio, di un LIBERATORE.
Questa attesa di un MESSIA  era un fatto centrale nella vita del popolo. L’insegnamento di Gesú, che raggiungeva il punto piú alto, nell’affermazione di essere Lui il Messia promesso e atteso, ebbe un grande effetto sul popolo, proprio per questo motivo. A Roma, per esempio, dove il concetto di Messia non esisteva, la predicazione di Gesú sarebbe stata incomprensibile!
Il popolo ebraico (giudaico) era troppo nazionalista (cioè non missionario, non ci teneva a convertire alla propria religione gli altri popoli, era pittosto chiuso verso gli altri, eccetto che nel commercio, orgoglioso e geloso della propria cultura, della propria religione, delle proprie leggi, delle proprie usanze, delle proprie tradizioni; inoltre nella pratica religiosa dava piú importanza all’osservanza esterna delle leggi che non alla interiorità, che non alla sostanza delle stesse leggi (questo modo di fare si chiama “formalismo”, cioè dare piú importanza alla forma, all’esterioritá, all’apparenza che non alla interiorità, alla sostanza, alle motivazioni!: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me”, Is. 29, 13)).Tutte queste caratteristiche (la religione che deve entrare in tutte le manifestazioni della vita dell’uomo, la fede in un solo Dio, l’aspettazione di un Messia) costituirono enormi vantaggi per Cristianesimo nascente; infatti anche il Cristianesimo voleva appunto estendere a tutta la vita dell’uomo il dominio della religione; anche il Cristianesimo aveva la fede in un solo Dio come verità fondamentale; e il Cristianesimo aveva proprio il “MESSIA” atteso, come suo Maestro e Fondatore.Gli svantaggi e i pericoli che il Cristianesimo incontró nel giudaismo (ebraismo) furono il Nazionalismo (religiosamente chiuso agli altri popoli) e il Formalismo (pratica religiosa esterna e non interiore).
Questo costituiva un vero ostacolo per il Cristianesimo che aveva 2 opposti caratteri fondamentali, cioè l’UNIVERSALISMO (opposto al Nazionalismo): “Andate in tutto il mondo e fate miei discepoli tutti i popoli”, aveva detto Gesú, Mc. 16, 15; Mt. 28, 18;
e l’INTERIORITÀ (opposta al Formalismo): dare primaria importanza a ció che esce dal cuore, che non ai gesti esterni; “dal cuore provengono propositi malvagi, omicidi, adultéri, impurità, furti, false testimonianze, calunnie…: queste sono le cose che rendono l’uomo peccatore; ma il magiare senza lavarsi le mani non rende l’uomo peccatore!”, Mt. 15, 19-20).

IL MONDO GRECO-ROMANO
Ma come era il mondo greco-romano?
La Chiesa nascente ha trovato delle difficoltà nel mondo greco-romano? Quali? Ha trovato dei vantaggi? Quali?
Il mondo greco-romano era costituito dall’antica civiltà pagana (comprese tutte le religioni politeiste dei popoli che vivevano attorno al Mediterraneo, dominati dal potente Impero Romano).
Il mondo greco-romano, era complesso; aveva diversi aspetti negativi, come per esempio, il politeismo, con divinità piene di vizi e di disvalori: in questo, era completamente diverso e opposto al Cristianesimo, e sotto questo aspetto, nel mondo greco-romano esso ha trovato enormi difficoltà nel predicare la fede in un solo Dio e nella Risurrezione di Gesú. Ma lo stesso mondo greco-romano aveva anche moltissimi aspetti positivi: favoriva la riflessione, la meditazione, lo sviluppo del pensiero (filosofia); aveva l’unitá della lingua; una imponente organizzazione; un rigido senso della legge e dell’obbedienza, una certa tolleranza, ecc.; e tutti questi elementi erano conformi, affini e vicini alle aspettative del Cristianesimo.

Il mondo greco, ai tempi della Chiesa nascente, orientava la sua riflessione (filosofia) sui problemi morali e religiosi. Gli uomini di pensiero e i sapienti greci, giá da un po’ di tempo conducevano una continua e ripetuta critica alle vecchie divinitá pagane, ritenute troppo umane, troppo viziose e troppo impotenti e incapaci. Tutto questo costituí un enorme vantaggio, per il Cristianesimo: la Chiesa, utilizzando i principi filosofici greci, accettati da tutto il mondo, poté sviluppare la sua dottrina teologica, i suoi dogmi, le sue verità; in tal modo, soddisfare anche gli uomini di cultura piú esigenti, convincerli e convertirli al Cristianesimo.
Inoltre, approfittando della decadenza del politeismo e delle loro vuote divinitá pagane, la Chiesa poté dargli un colpo mortale, sferrargli un attacco frontale e propagandare il suo monoteismo, la sua religiositá nobile e spirituale, e la sua moralitá seria ed approfondita.
Anche la LINGUA GRECA, allora conosciuta dappertutto, in tutto il mondo, diede al giovane Cristianesimo, il mezzo per annunciare dovunque la nuova dottrina ed esprimere con chiarezza ed efficacia le verità cristiane.
Ma nel mondo greco il Cristianesimo incontró anche un grande pericolo e svantaggio: la tendenza a voler capire tutto con la ragione, e a rifiutare tutto ció che è mistero e quindi incomprensibile per la ragione. Il Cristianesimo è essenzialmente una RIVELAZIONE, una FEDE, un MISTERO; perciò non è completamente comprensibile, afferrabile e accettabile dall’intelligenza umana. Nel mondo greco il Cristianesimo dovette lottare molto per evitare che la rivelazione e la fede diventasse una conoscenza naturale (GNOSI).Il mondo romano non era molto portato alla riflessione e al pensiero; era un mondo portato alla pratica, alla politica. Il mondo romano era lo STATO ROMANO: era il mondo del governo, dell’amministrazione, dell’Impero; era un mondo consapevole del proprio valore e della propria forza; era un mondo convinto del valore della legge e del diritto. Nel mondo romano era molto vivo il senso della organizzazione, la necessitá dell’ubbidienza, la tendenza all’unitá, alla conquista e alla espansione coloniale.
La religione ufficiale di Roma consisteva soltanto nel fare atti di culto esterno. Il cuore poteva essere assente, importante era fare il gesto esterno. La religione romana, quindi, non aveva niente a che fare con la coscienza e con l’intenzione interiore. All’impero romano interessava soltanto che gli dei romani venissero onorati. Accanto ad essi, un po’ alla volta furono accolte e riconosciute tutte le religioni e le divinitá dei popoli conquistati (province). Il paganesimo romano era tollerante, non era esclusivo; esso richiedeva da tutti soltanto l’atto esterno del sacrificio agli dei riconosciuti dalla Stato; la tolleranza religiosa, peró, cessava davanti al rifiuto di quest’atto esterno. E furono soltanto i cristiani e gli ebrei che, per loro convinzione religiosa, rifiutavano quest’atto. Gli ebrei, peró, furono lasciati in pace; la loro religione era “nazionale”, cioè era circoscritta nei limiti cosí ristretti che non esercitavano nessuna attrazione sulle masse; a loro si perdonava il rifiuto di quel sacrificio agli dei pagani romani. Per i cristiani, invece, la cosa fu diversa! Lo Stato Romano si interessó di loro non tanto per la loro dottrina, quanto in vista del bene pubblico: l’esistenza di questa comunitá religiosa andava d’accordo con il bene dello Stato? I cristiani erano pericolosi per lo Stato? Potevano esistere?
Il Cristianesimo ebbe molti vantaggi dal mondo culturale romano: la pace, all’interno dell’Impero e le sue molteplice vie e possibilità di spostamenti e comunicazioni, facilitarono moltissimo la diffusione del messaggio cristiano. Inoltre l’Impero per la sua organizzazione, (divisione in quartieri cittadini, in province e piú tardi in diocesi, nella sua amministrazione) e per l’idea di unitá che viveva ed esprimeva, fu anche il modello ideale secondo il quale la Chiesa poté organizzarsi.
Lo svantaggio e il pericolo principale che la Chiesa nascente trovó in Roma e nell’Impero Romano non furono tanto le persecuzioni, quanto piuttosto il modo di governare (inteso come dominio e potere). Questa concezione si infiltrò anche nella mentalitá della Chiesa nascente e invase le autoritá religiose, snaturando il carattere del servizio evangelico predicato da Gesú: “Voi sapete che i capi delle Nazioni comandano come duri padroni; le persone potenti fanno sentire con la forza il peso della loro autorità. Ma tra voi non deve essere così! Anzi, se uno tra voi vuole essere grande, si faccia servitore degli altri. Se uno vuole essere il primo, si faccia servo degli altri. Perché anche il Figlio dell’uomo è venuto non per farsi servire, ma per servire e per dare la sua vita come riscatto per la liberazione degli uomini” (Mt. 20, 25-28).

LA REAZIONE DELLA CHIESA
Come reagí, come si comportó, allora, la Chiesa nascente, di fronte a questi colossi di civiltá mature, diffuse e operanti, che potevano schiacciarla ed eliminarla dalla faccia della terra?
La prima, la piú immediata e la piú importante reazione e decisione fu quella di contare soprattutto e in primo luogo su se stessa e sulle proprie forze. In questo primo periodo, in modo particolare fino al 313 d.C., la Chiesa si trovó in una POSIZIONE DI DIFESA; dovette sostenere una lotta sanguinosa per il suo DIRITTO ALL’ESISTENZA e dovette cercare in qualche modo di definire i suoi rapporti con la civiltá pagana. I Cristiani erano una piccolissima e inconsistenze MINORANZA. Questo primo periodo, da una parte fu il TEMPO DELLA ORGANIZZAZIONE INTERNA, dall’altra parte fu il PERIODO DELLO SCONTRO, con il mondo giudaico e con il mondo pagano romano e greco.

LO SCONTRO COL MONDO GIUDAICO:
NAZIONALISMO-UNIVERSALISMO

  • La Comunitá di Gerusalemme

    a) gli inizi
    Gesú era stato condannato e crocifisso a  Gerusalemme. A Gerusalemme era anche apparso, dopo la risurrezione, agli Apostoli. Questi rimasero lí con gli altri discepoli, uomini e donne, in tutto circa 120 persone, fino alla Pentecoste (50 giorni dopo la Pasqua, cioè dopo la Risurrezione di Gesú.
    Questo fu l’inizio della Chiesa, del Cristianesimo, della Comunitá primitiva di Gerusalemme: i suoi membri erano tutti giudei (ebrei). Dopo la Pentecoste, nel giro di poche settimane, ben 5000  persone si convertirono al MESSIA-GESÙ.

    b) caratteristiche
    Questo nuovo gruppo religioso non si distingueva dal giudaismo (ebraismo), non aveva ancora coscienza di formare una nuova religione. I membri della nuova Comunitá credevano di essere loro il perfezionamento del giudaismo (cioè della religione ebraica), pensavano di capire meglio degli altri la dottrina giudaica, perché avevano riconosciuto e accettato il Messia che aspettavano, ma non di piú. Infatti non si staccavano dalla Sinagoga e dal Tempio, non si sottraevano all’autoritá giudaica, partecipavano al culto giudaico con i sacrifici e i riti prescritti, ecc.
    In piú, accanto ai riti giudaici svolti nelle Sinagoge e nel Tempio, essi tenevano nelle case private, proprie riunioni liturgiche, ripetendo il rito che Gesú aveva svolto nella sua ultima cena con loro.Essi ricordavano che Gesú aveva detto loro: “Fate questo in memoria di me”. E loro lo ripetevano nelle case private di questo o di quel discepolo.

    c) primo scontro
    Il primo scontro con il mondo giudaico cominciò quando gli apostoli osarono annunciare in mezzo alla gente che Gesú era il Messia atteso.
    La persona e il messaggio di Gesú, presentato come il Messia annunciato dai profeti e atteso da molto tempo, irritava la religione giudaica ufficiale. Le autorità religiose cominciarono a prendere posizione, ad opporsi e ad impedire con castighi e lapidazione (denunce contro Pietro e Giovanni: Atti 4, 1-22; persecuzione e incarceramento contro gli Apostoli e tentativo di eliminarli: Atti, 5, 17-42; arresto e lapidazione di Stefano: Atti 6,8-7,60; persecuzione contro tutta la Comunitá di Gerusalemme: Atti 8, 1-3; uccisione di Giacomo e carcere per Pietro: Atti, 12, 1-18) che una simile “eresia” si diffondesse in mezzo al popolo. Ma tali “persecuzioni” stranamente ottenevano l’effetto opposto: facevano aumentare il numero di coloro che credevano nel Messia-Gesú.

    d) prime timide prese di coscienza
    In seguito a queste persecuzioni da parte delle autoritá religiose giudaiche, la prima Comunitá di Gerusalemme credette di essere diventata, senza volerlo, un nuovo gruppo religioso giudaico, parallelo alla grande religione giudaica (ebraica), un gruppo piccolo, minoritario, clandestino, ma sempre parallelo e sempre giudaico. Sorse quindi l’esigenza di ORGANIZZARSI in proprio, di avere, cioè, dei propri capi, dei propri anziani, secondo il modello della religione giudaica ufficiale. E cosí fu. Subito, fra gli Apostoli, emersero Pietro, Giacomo e Giovanni.

    e) mentalitá nazionalistica
    La Comunitá di Gerusalemme, con a capo Pietro, Giovanni e Giacomo, non aveva ancora superata la mentalità nazionalistica propria della religione giudaica. Essa era formata tutta da Giudei convertiti al Messia-Gesú ed era indecisa, se non proprio contraria, ad aprire le porte ad altri convertiti che non fossero giudei (ebrei). Inoltre, questa Comunitá aspettava, come vicina il ritorno di Cristo, per fare della Palestina un Regno unito e indipendente, ricco e forte, come era ai tempi del Re Davide e Salomone.
    Questa idea dell’unitá nazionale del giudaismo sia ufficiale, sia cristiano, scomparve definitivamente quando Tito, figlio dell’Imperatore Vespasiano, distrusse Gerusalemme e il suo Tempio, simbolo del giudaismo ufficiale e della civiltà giudaica, nel 70 d.C.
  • La Comunitá di Antiochia

    a) gli inizi
    Per sfuggire alle persecuzioni del giudaismo ufficiale, vari membri della Comunitá di Gerusalemme dovettero fuggire, lasciare Gerusalemme e tutta quella zona e rifugiarsi nelle regioni confinanti, dove diffondevano le loro nuove convinzioni religiose (Atti 8, 4). Non pochi emigrarono nella Siria, rifugiandosi nella capitale ANTIOCHIA (Atti 11, 19-21), grande cittá, ricca, aperta al commercio e alla cultura e molto fiorente: Antiochia, infatti, era la 3° cittá dell’Impero Romano piú grande, piú ricca, piú sviluppata e piú importante, dopo ROMA e ALESSANDRIA D’EGITTO.

    b) caratteristiche
    Qui ad Antiochia si formó una Comunitá religiosa, come quella di Gerusalemme, grazie ai fuoriusciti e ai perseguitati di Gerusalemme e della Giudea. Questa Comunitá religiosa, vivendo in una grande cittá straniera e non giudaica, capí subito che non poteva rimanere un ghetto o una setta religiosa giudaica…; e cominció ad accettare tra i suoi membri molte persone non giudee (o non ebree) che volevano condividere la dottrina e gli insegnamenti di Cristo. I membri di questa Comunitá, a poco a poco, diventarono, nella grande maggioranza, non giudei (non ebrei). E poiché continuamente e decisamente facevano riferimento alla persona, alla vita, agli insegnamenti e alla dottrina di Gesú Cristo, essi apparivano all’esterno come decisamente diversi dal giudaismo; per questo, proprio qui, ad Antiochia, essi per la prima volta furono chiamati CRISTIANI.

    c) la personalità e l’influsso di PAOLO
    Capi di questa Comunitá cristiana di Antiochia erano Barnaba e Paolo. Con Paolo, il nuovo, timido movimento religioso, nato a Gerusalemme, ebbe una svolta importantissima e radicale: diventó CRISTIANESIMO, libero dal peso delle leggi giudaiche e aperto a tutti gli uomini e a tutte le donne di qualsiasi nazionalità e religione.
    Paolo era un giudeo purosangue di nascita, di educazione e di formazione; era un giurista ed era una autorità religiosa del giudaismo ufficiale. Egli non sopportava la sopravvivenza di una “setta eretica” nell’ambito del giudaismo; da qui tutto il suo accanimento e la sua smania persecutoria contro coloro che riconoscevano in Gesú di Nazareth, il Messia atteso (Atti 8, 3).
    Aveva studiato molto. Oltre alla lingua madre, aveva studiato anche il greco e conosceva bene la cultura greca.
    Non solo, ma come tutti gli uomini di cultura del tempo, Paolo era anche cittadino romano, perché era cosciente dei privilegi che gli dava avere la cittadinanza romana. Egli conosceva il diritto romano e lo difende nei suoi scritti (nelle lettere che inviava alle Comunitá cristiane fondate da lui).
    Paolo, dunque, era giudeo di nascita, romano di adozione e greco di cultura: era una sintesi vivente dei tre mondi culturali, delle tre civiltá con le quali il Cristianesimo dovette entrare in contatto e in contrasto nell’antichitá. Essendo tale, aveva tutte le capacità per preparare il Cristianesimo allo scontro prima, al dialogo poi e infine alla vittoria su tutte e tre le civiltá.
    Paolo, dopo la conversione al Messia-Gesú, ebbe speciali rivelazioni da Cristo stesso e, grazie alla sua acuta penetrazione dei problemi, approfondì la concezione di un Cristianesimo diverso dal giudaismo, superiore ad esso e aperto ad ogni popolo, razza, ceto sociale, civiltà e continente.

    d) Il grande scontro col mondo giudaico
    Questa concezione universalistica del Cristianesimo che aveva Paolo, urtava, peró, contro la concezione nazionalistica di vari membri della stessa Comunitá di Antiochia (giudei-cristiani, convertiti dal giudaismo, i quali pretendevano anche che i pagani convertiti al cristianesimo dovevano essere circoncisi e osservare la legge di Mosé; Atti 15, 1-2.). Si giunse ad un violento dibattito nella Comunitá, e non riuscendo a giungere ad un accordo, si decise di mandare a Gerusalemme, da Pietro e compagni, una delegazione capeggiata proprio da Paolo e da Barnaba, stimato da tutti. Ma anche la Comunitá di Gerusalemme, formata tutta da giudei convertiti al Messia-Gesú era incerta se accettare un Cristianesimo universale e autonomo dal giudaismo (Atti 15, 5).
    Si rese necessario, allora, organizzare un “CONCILIO”, il primo Concilio della Chiesa, il Concilio di Gerusalemme: era l’anno 50 d.C. Qui, dopo un acceso dibattito e una violentissima lunga discussione, all’unanimitá furono votate delle decisioni che sganciavano definitivamente il Cristianesimo dal Giudaismo; la piú importante e necessaria fu quella di non imporre la circoncisione ai non ebrei convertiti (Atti 15, 6-34).
    Il primo grande scontro con il mondo giudaico fu risolto nella linea progressista e universalista.
    Paolo, giudeo per nascita e cultura, riuiscí a staccare il Cristianesimo dal Giudaismo (la cui mentalitá nazionalista minacciava di soffocarlo e non farlo crescere) e a lanciarlo sulla scena storica mondiale della civiltá greco-romana e dell’impero Romano e a impiantarlo in questo terreno universale.

    La Comunitá di Roma
    La terza grande Comunitá cristiana antica fu quella di Roma.
    Non si sa quando sia giunto a Roma il primo annuncio del Vangelo. Tuttavia, giá sotto l’Imperatore Claudio (41-54) c’erano a Roma dei giudei-Cristiani (tra cui il tappezziere Aquila e sua moglie Priscilla) che, per ordine dell’Imperatore, nell’anno 43 dovettero abbandonare la citta di Roma, assieme ai Giudei, dai quali non si distinguevano ancora (c’erano stati accesi scontri tra giudei cristiani e giudei che avevano causato disordini nel quartiere di Trastevere, dove abitavano; l’Imperatore Claudio che era contro ogni disordine pubblico, espulse da Roma entrambi i gruppi religiosi, fino ad allora piuttosto tollerati!). Aquila e Priscilla, espulsi da Roma dovettero rifugiarsi a Corinto, dove conobbero Paolo, di cui divennero amici e collaboratori.
    Ma questa espulsione non poté fermare lo sviluppo della Comunitá cristiana di Roma. Lo testimonia la Lettera di Paolo ai Cristiani di Roma, scritta nel 57 circa d.C.: da essa, noi sappiamo che giá allora, la Chiesa di Roma godeva di una importanza e di una fama straordinaria in tutta la Cristianitá.
    Perché questa fama?
    1) perché Roma era la “cittá eterna”, la capitale del mondo, la capitale dell’Impero Romano;
    2) perché Pietro e Paolo, i due capi delle due piú importanti Comunitá primitive (Gerusalemme ed Antiochia) avevano svolto anche a Roma la loro opera evangelizzatrice e ne erano i Capi.

Appendice: Veramente Pietro è stato a Roma?
Che Paolo sia stato a Roma, nessuno lo ha mai messo in dubbio, in quanto ci sono documenti scritti (Atti  capitoli 27 e 28): Paolo fu punito in Giudea con le frustrate; ció era una punizione vietata dalla legge romana per i cittadini romani, e Paolo era un cittadino romano; su di lui si era abusato e Paolo si appellò a Cesare: e fu portato a Roma. Una volta a Roma cominció la sua opera di evangelizzazione-
E Pietro?
La presenza di Pietro a Roma fu messa in dubbio nel passato, da coloro che si opponevano al Primato del vescovo di Roma (del Papa) come successore di Pietro.
Oggi ci sono prove e conferme molto chiare e precise, dagli scavi fatti nelle Catacombe di S. Sebastiano, sulla via Appia; e soprattutto dagli scavi piú recenti fatti sotto l’altare centrale della Basilica di S. Pietro a Roma: ci sono graffiti con la scritta: “Qui c’è Pietro”. Su quella tomba sono state costruite, fin dall’antichitá, chiese in onore di Pietro, fino alla attuale Basilica di S. Pietro.

LO SCONTRO COL MONDO ROMANO:
LE PERSECUZIONI

Introduzione

Il mondo romano, in linea di principio, era tollerante verso tutte le religioni. Come mai allora, lo Stato passó dalla tolleranza alla persecuzione contro i cristiani?
Non si possono stabilire con assoluta certezza i motivi legali in base ai quali lo Stato Romano perseguitava i cristiani, perché mancano completamente gli “Editti Imperiali” contro i cristiani. La maggior parte delle notizie derivano o dalla autodifese stesse dei cristiani o dalle accuse che i cristiani lanciavano contro lo Stato Romano; esse pertanto sono notizie di parte; ma non vuol dire che non sono vere! Le persecuzioni ci sono state!

Possiamo dividere lo scontro tra il mondo romano e il mondo cristiano in 2 periodi:
a) Il primo periodo riguarda il 1° e il 2° secolo
b) Il secondo periodo riguarda il 3° e 4° secolo

PRIMO PERIODO (dal 64 al 211 d.C.)

In questo periodo abbiamo 5 persecuzioni, sotto gli Imperatori Nerone, Domiziano, Traiano, Marco Aurelio e Settimio Severo.

1) NERONE (54-68)
La prima persecuzione
avvenne “per odio contro i cristiani” e non per una disposizione di legge.
I giudei residenti a Roma, che erano sempre in agitazione per la perdita della loro indipendenza nazionale (la Palestina era sotto il dominio romano!), per sfuggire alle retate e per favorirsi l’Imperatore e le autorità romane, cominciarono ad accusare i cristiani dei disordini che avvenivano in Cittá. Nerone non si lasciò sfuggire l’occasione, quando, durante l’incendio in diversi popolosi quartieri di Roma (fatto scoppiare da lui stesso, nel luglio del 64, per abbattere le vecchie case della capitale e per ricostruirle con splendidi palazzi e monumenti), accusó ingiustamente i cristiani per allontanare da sé il furore del popolo. Aiutato da spie (molte delle quali erano gli stessi giudei), Nerone fece arrestare, condannare e uccidere un gran numero di cristiani residenti a Roma. Tra le vittime ci furono anche l’Apostolo Pietro, che morí sul colle Vaticano, crocifisso (secondo la pena di morte romana nei riguardi dei cittadini non romani), e Paolo, cittadino Romano, che morí decapitato sulla via Ostiense. Nel processo giudiziario che allora venne  promosso contro i cristiani di Roma, il capo di accusa  fu “l’odio del genere umano”, cioè i cristiani venivano condannati perché “odiati da tutti”; ma questo non è un motivo giuridico! Tuttavia dopo fu scritta una formula giuridica in cui si diceva che
“il Cristianesimo è proibito per legge”. Da allora in poi i cristiani entrano nella clandestinità.

2) DOMIZIANO (81-96)
I primi anni del Regno di Domiziano furono anni di tranquillitá per i cristiani. Nessuno si curava di loro ed essi potevano “evangelizzare” indisturbati, anche se clandestinamente.
Ma col passare degli anni, Domiziano diventava sempre piú insopportabile ai nobili e ai ricchi romani, i quali si prendevano gioco di lui. Egli allora diventó sempre piú autoritario e per accrescere la sua importanza, nel 90, decise di farsi chiamare “Signore e Dio” e pretese che tutti gli rendessero omaggio. Non fu preso troppo sul serio. Ma in alcune zone dell’Asia Minore (Turchia) qualche autoritá che mirava a far carriera, prese sul serio la pretesa del pazzo Imperatore e cominciò a perseguitare  coloro che si rifiutavano! Naturalmente gli unici erano i cristiani che, venendo cosí scoperti, furono perseguitati! A loro venivano tolte le proprietá e ogni bene e venivano giudicati e condannati come “ATEI”.

3) TRAIANO  (98-117)
Sotto l’Imperatore Traiano scoppia una nuova persecuzione (non diretta soltanto contro i cristiani) legata alla proibizione di formare associazioni o gruppi non autorizzati.
Di questo periodo c’è un interessante documento: una corrispondenza epistolare tra Plinio il Giovane (proconsole e rappresentante dell’Imperatore nel Nord dell’Asia Minore, Turchia) e lo stesso Imperatore Traiano.
Nel 112, Plinio il Giovane scrive a Traiano per chiedergli come si deve comportare con i “gruppi non autorizzati” dei cristiani, i quali, perseguitati dalle legge, avevano una condotta irreprensibile: “non ci sarebbe alcun motivo di farli morire”, dice Plinio nella lettera. “Finora ho proceduto cosí contro coloro che erano stati indicati come cristiani: chiedevo loro se erano cristiani. Se lo confermavano, ponevo loro, minacciando la pena di morte, due o tre volte la stessa domanda. Se rimanevano ancora ostinati, li facevo giustiziare. Non dubitavo, infatti, che, qualunque fossero le loro mancanze, si dovesse in ogni caso punire la loro caparbietà e la loro inflessibile ostinazione. Di altri, colpiti dalla stessa pazzia, essendo cittadini romani, facevo prendere nota per mandarli a Roma. Coloro che negavano…, e offrivano sacrifici…, credevo bene di lasciarli liberi” (Plinio secondo, “Lettere”, X, 96).
Ed ecco la risposta che invió Traiano: “Se accusati e ostinati, i cristiani devono essere giudicati; se rinnegano, hanno la libertá. Essi non debbono essere ricercati da parte dello Stato” (Plinio secondo, “Lettere”, X, 97).
4) MARCO AURELIO (161-180)
Lui personalmente non emanó nessuna legge di persecuzione, peró vide nella religione cristiana soltanto uno spirito di contraddizione e di stoltezza di visionari (Marco Aurelio, “Meditazioni”, XI, 3).
In questo periodo, peró si ebbero persucioni violente soprattutto a Lione, in Francia, dove il governatore imperiale locale, contro la decisione stabilita precedentemente l’imperatore Traiano, nel 177 emanó una “ordinanza generale che obbligava a dare la caccia a tutti i cristiani”.Ció suscitó la prima timida opposizione alle leggi romane e una pallida protesta da parte dei cristiani contro le persecuzioni stesse: infatti 2 dotti cristiani, Atenagora e Melitone di Sardi, indipendentemente l’uno dall’altro, mandarono all’Imperatore una “scritto in difesa dei Cristiani”.
5) SETTIMIO SEVERO (193-211)
In un primo tempo, egli prese le difese dei cristiani contro coloro che premevano per perseguitarli; poi, stanco e irritato dalle continue sommosse ebraiche e, nello stesso tempo, volendo cercare di arrestare lo sviluppo del Cristianesimo, emanó un editto che proibiva le conversioni sia al giudaismo che al cristianesimo.
Conclusione: le persecuzioni contro i cristiani, in questo primo periodo, erano piuttosto locali, momentanee, provvisorie, occasionali e a volte crudeli (come quella di Nerone!)

SECONDO PERIODO (250-305)

In questo secondo periodo ci sono state 2 persecuzioni: quella di Decio e quella di Diocleziano.
1)  DECIO (249-251)
Nel  3° secolo l’Impero Romano entró in una forte crisi politica (indebolimento del potere centrale), militare (esercito scadente) ed economica (inflazione). Mentre l’organizzazione della Chiesa e del Cristianesimo progrediva e i rafforzava.
Lo Stato Romano, per la prima volta, pensó che era il proprio il Cristianesimo il grande pericolo che lo minacciava; e per superare la crisi dello Stato, pensó di distruggere il Cristianesimo e dichiarare il Paganesimo come Religione di Stato. A tal fin, emanó un Editto, cioè una legge in cui ordinava a tutti i cittadini dell’Impero Romano di esprimere la loro adesione alla Religione Pagana dello Stato, per mezzo di un sacrificio religioso: fu una specie di censimento religioso. Furono istituite Commissioni Governative, davanti alle quali tutti, con l’intera famiglia dovevano scrificare e farsi rilasciare un certificato (libellus).
I CRISTIANI SI RIFIUTARONO. Da qui la prima grande persecuzione generale contro i Cristiani su tutto il territorio dell’Impero Romano. Furono attaccati e colpiti soprattutto i vescovi, il clero, i giudici, i senatori cristiani, ecc.
Fu questo il primo tentativo sistematico disposto per legge e attuato per annientare il Cristianesimo.
Fra i cristiani ci furono moltissimi martiri, ma anche moltissimi che rinnegarono il Cristianesimo, tra cui anche dei preti e qualche Vescovo. Altri cristiani, corrompendo i membri della Commissione, si fecero rilasciare il certificatio (libellus) senza sacrificare.
Questa persecuzione violentissima duró poco piú di un anno.

2) DIOCLEZIANO (284-305)
Verso la fine del suo Governo, nel 303, per rafforzare l’organizzazione statale, decise di sterminare come non romano, tutto ció che non era pagano. Ancora i cristiani furono presi di mira. L’Imperatore, nel 303 decise per legge di distruggere tutte le chiese cristiane, di incendiare tutti i loro libri sacri e di incarcerare tutto il clero. Nel 304 cominció la persecuzione generale su tutto il territorio dell’Impero imperiale.
Anche questa feroce persecuzione duró un anno, in Occidente e 7 anni nell’Oriente. Nel 305 Diocleziano di dimise; e in Occidente fu eletto l’imperatore Costanzo Cloro, che fece subito cessare la persecuzione contro i cristiani; e in Oriente fu eletto l’Imperatore Galerio, un feroce nemico dei cristiani, che la proseguí fino al 311, quando, sul letto di morte, preso da rimorso, emise un Editto (una legge) che obbligava tutti a tollerare i cristiani: era la fine delle persecuzioni.

Conclusione
La libertá definitiva al Cristianesimo la diede l’Imperatore COSTANTINO IL GRANDE, nel 312; e soprattutto nel 313 con l’EDITTO DI MILANO. Nel 324, quando anch’egli si convertì al Cristianesimo, dichiaró il Cristianesimo RELIGIONE UFFICIALE DELL’IMPERO ROMANO. Nel 380, sotto gli Imperatori Graziano (in Occidente) e Teosodio (in Oriente), il Cristianesimo diventerá UNICA RELIGIONE DELL’IMPERO ROMANO.

Le condanne subite nei processi portarono ai cristiani prigione, flagellazione e pena di morte in forma diversa (decapitazione, condanna all’arena, crocifissione…); talvolta era proibito il seppellimento: i cadaveri venivano esposti al pubblico, oltraggiati, gettati ai cani o sommersi in un fiume.
In questo periodo i cristiani nel mondo erano circa 6 milioni. Superato lo scontro col mondo giudaico e concluso vittoriosamente quello col mondo romano, ora il Cristianesimo si preparava ad affrontare quello piú duro, piú difficile e piú rischioso: il mondo culturale greco.

LO SCONTRO COL MONDO GRECO:
RAGIONE-FEDE

Introduzione

Il mondo greco era il mondo della filosofia, il mondo del pensiero, il mondo della ragione; la nuova realtà cristiana era invece una teologia, una rivelazione, una fede.
Nel mondo greco, niente era da accettare se non ció che era spiegabile, giustificabile razionalmente; nella religione cristiana era da accettare e da credere anche una verità rivelata, non spiegabile, non giustificabile con la ragione.
La lotta col mondo greco fu una lotta contro una mentalitá, fu una lotta interna al Cristianesimo.
Molti studiosi cristiani pensavano che la mentalitá greca (con la sua manía di spiegare tutto con la ragione) fosse un ostacolo per la fede cristiana.
Altri, invece non volevano rinunciare al grande valore della ragione e allora tentarono con tutte le forze di rendere “comprensibile”, “spiegabile” la rivelazione, il mistero: essi tentarono di rendere spiegabile la fede, tentarono una sintesi tra ragione e fede.
Ma la fede non si poteva rendere “spiegabile”, bisognava accettarla e credere; la rivelazione non si poteva spiegare con la ragione: bisognava accettarla e basta.
Mettere insieme la ragione e la fede non era possibile; spiegare tutto con la ragione voleva dire rinunciare alla rivelazione. Di qui le eresie.
(eresia è ogni deviazione dalla verità di fede, dalla verità rivelata, insegnata dalla Chiesa)
La Chiesa in questo periodo dovette combattere contro le eresie.

LE PRINCIPALI ERESIE

1) GNOSTICISMO (conoscenza razionale)

  • Voleva spiegare solo con la ragione il male nel mondo.
    E allora ammetteva 2 Dei tutti e due eterni: il Dio buono e il Dio cattivo (chiamato Materia)
  • Voleva spiegare solo con la ragione il bene e il male che c’è nell’uomo.
    E allora ammetteva che l’uomo è composto di una parte buona e di una parte materiale.
    Il peccato originale per l’uomo era consistito nel fatto che la sua parte migliore, dalla parte buona era caduta nella parte della Materia.
    Per liberare la parte migliore dell’uomo caduta nella Materia e riportarla nella parte buona, venne un essere celeste, il quale si è rivestito di un corpo non vero, ma apparente, e si è fatto chiamare Gesú.
  • Era contrario alla sessualitá.
    Per lo gnosticismo, tutto ció che è materiale è cattivo; perciò condannava il matrimonio, i rapporti sessuali, l’uso della carne e l’uso del vino.
  • Lo gnosticismo divideva l’umanitá in 3 categorie di persone:
    a) alla prima appartenevano loro, “gli gnostici”, gli unici che conoscevano veramente le veritá profonde del Vangelo e tutte le veritá religiose e le capivano con la ragione: essi erano destinati al Paradiso.
    b) alla seconda appartenevano “gli psichici”, ossia quelle persone che conoscevano sí il Vangelo, ma in modo superficiale, capivano poco o niente: essi erano destinati ad una felicitá che consisteva soltanto nella assenza del dolore.
    c) alla terza categoria appartenevano “gli ilici”, cioè i materialisti, coloro che erano immersi nelle cose materiali, incapaci di innalzarsi a qualsiasi conoscenza religiosa: essi erano destinati alla perdizione eterna. I piú grandi cristiani che difendevano lo gnosticismo furono: Marcione e Mani. All’inizio lo gnosticismo ebbe un grande successo, sia perché col solo pensiero umano spiegava la realtà (senza ricorrere ai misteri e alla rivelazione), sia perché il suo contenuto era facilmente accettabile dalla fantasia popolare. Il Cristianesimo dovette lottare molto contro lo gnosticismo che voleva ridurre la rivelazione, la fede a filosofia. Sconfiggendo lo gnosticismo, il Cristianesimo rese impossibile, una volta per sempre nella storia, la riduzione della religione cristiana a una filosofia, a una delle tante filosofie. I piú grandi cristiani che combatterono vittoriosamente lo gnosticismo furono: Ireneo, Origene e Tertulliano.

2) ARIANESIMO (da ARIO, 256336): scontro sulla veritá di DIO UNO e TRINO

  • La Chiesa insegnava la veritá rivelata: 1 Dio in 3 Persone: Padre, Figlio e Spirito Santo. Discorso difficile per la ragione.
    Sorsero quindi degli scontri.
  • Alcuni dicevano che il Figlio non era altro che lo stesso Padre incarnato. Quindi in croce era morto il Padre sotto la forma del Figlio incarnato. Ma questa spiegazione non ebbe molto successo.
  • Altri dicevano che Gesú non era il Padre incarnato, ma era un semplice uomo come tutti gli altri, solamente che aveva una straordinaria forza divina: tra coloro che dicevano questo il piú importante era ARIO (da cui il nome Arianesimo), un prete cristiano molto preparato e molto pio, che viveva ad Alessandria d’Egitto, centro della cultura greca. Ario affermava che Gesú non era Dio, ma una creatura dotata di forze divine; Gesú aveva cosí intimamente e profondamente fatta sua la volontá di Dio da essere considerato da Dio stesso e dagli uomini come Figlio di Dio. Ad Alessandria, il vescovo cristiano Alessandro e il suo diacono Attanasio reagirono e si ribellarono contro questa concezione sbagliata della fede ed esclusero Ario dalla Chiesa. Ma la dottrina di Ario, cosí comprensibile e cosí facile rispetto a quella rivelata, si diffusde facilmente e rapidamente in tutta la Cristianitá, provocando una lotta tra cristiani, preti e vescovi che erano a favore di Ario e tra cristiani, preti e vescovi che erano contro Ario. La Chiesa era divisa!
  • IL CONCILIO ECUMENICO DI NICEA (325 d.C.)
    L’Imperatore Costantino, volendo con tutti i mezzi, l’unitá della Chiesa, intervenne personalmente e, con la collaborazione del Vescovo di Roma, Papa Silvestro, convocò a NICEA (nell’Asia Minore) un CONCILIO ECUMENICO. Dopo accesi dibattiti tra Vescovi dei 2 gruppi, essendo d’accordo il Vescovo di Roma, alla fine tutti firmarono la professione di fede: “Gesú Cristo è il Figlio, è Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre”.
    Ario non si sottomise, fu esiliato e scomunicato con alcuni vescovi ancora suoi seguaci. I suoi scritti furono bruciati.
  • IL CONCILIO ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI (381 d. C.)
    La dottrina di Ario fu ritenuta sbagliata. Ma la scontro non finí. Si continuó a discutere. L’Arianesimo si diffuse ancora per 50 anni soprattutto in Oriente. Poi cominciarono le divisioni interne. Parecchi rientrarono nella Chiesa cristiana accettando la dottrina del Concilio di Nicea. Quando divenne Imperatore Teodosio, tolse agli Ariani le loro chiese e nel 381 convocó un altro Concilio Ecumenico a Costantinopoli, il quale confermó la dottrina di Nicea, sulla divinitá di Figlio e sviluppó la dottrina della divinitá dello Spirito Santo, uguale al Padre e al Figlio, un solo Dio con loro. Dopo questo Concilio l’Arianesimo tramontó e in tutta la Chiesa cristiana si affermó la dottrina rivelata che afferma la Unitá di Dio e la Trinitá delle persone: una verità rivelata, non spiegabile con la ragione; una verità che si accetta solo con la fede.

3) NESTORIANESIMO (da NESTORIOcirca 381 – circa 451 d.C.)

  • Introduzione
    Affermando che Cristo era Dio; sorse subito un altro problema:
    Cristo è uno, è il Salvatore, è il Redentore. Egli, sí, è Dio, ma è anche uomo! Come è possibile? Ci sono allora 2 nature in Gesú, quella divina e quella umana. Ma se ci sono 2 Nature ci sono anche 2 Persone? Infatti ad ogni natura corrispondeva una persona, secondo la filosofia greca. Non era possibile che in Gesú ci fossero 2 persone! La verità rivelata (Gesú vero Dio e vero uomo), urtava contro l’umana ragione. Per rendere comprensibile la rivelazione, alcuni pensatori cristiani (pieni di cultura greca) mettevano in primo piano la natura e la persona umana di gesú, affermando che la natura divina e la persona divina erano apparenti. Altri dicevano il contrario, cioè che la natura e la persona divina era reale in gesú, la natura e la persona umana era solo fittizia, apparente.

  • NESTORIO
    Era un prete cristiano, divenuto poi Vescovo e Patriarca di Costantinopoli nel 428. Egli affermava che in Gesú c’erano 2 persone, quella divina e quella umana; le 2 persone non erano fuse, ma erano avvicinate come 2 pezzi di legno stretti tra di loro. Ció significava che che in Gesú bisognava distinguere bene l’uomo dal Dio: Gesú era nato come uomo, non come Dio, aveva sofferto ed era morto come uomo e non come Dio, e di conseguenza Maria era la madre dell’uomo Gesú e non si poteva chiamarla  Madre di Dio.
  • EUTICHE
    Un altro studioso e monaco cristiano, insieme al suo Vescovo e Patriarca di Alessandria d’Egitto, Dioscoro, affermò l’opposto di Nestorio, e cioè che Gesú era uomo e Dio, che aveva 2 nature, l’umana e la divina, ma queste due nature non erano avvicinate l’una all’altra ma si erano fuse in un’unica natura, quella divina. Di conseguenza Gesú aveva una sola natura, quella divina; era una sola Persona, quella divina; aveva una sola volontà, quella divina. Maria, dunque, era la Madre di Dio.
  • Il Concilio di Èfeso (431 d.C.)
    Ma neppure la spiegazione di Eutiche convinceva tutti. Ci fu un Concilio, voluto dallo stesso Nestorio, Patriarca di Costantinopoli e dall’Imperatore Teodosio II. In questo Concilio i vescovi rifiutarono la dottrina di Nestorio e affermarono che
    “in Gesú c’erano 2 nature realmente unite nell’unica Persona, quella divina; Maria, la Madre di Gesú, poteva allora essere chiamata e venerata come MADRE DI DIO”,
    cioè Madre, secondo l’umanitá, di uno che è Dio.
    Nestorio con i suoi seguaci non si sottomise, fu espulso dalla Chiesa Cristiana, fu espulso dal sacerdozio, fu deposto da Patriarca di Costantinopoli e fu esiliato.
    Sembrava la vittoria di Eutiche. Ma non fu cosí
  • Il Concilio di Calcedonia (451)
    Vent’anni dopo il Concilio di Efeso, i Vescovi corressero anche la dottrina di Eutiche, in un nuovo Concilio.
    Votarono e firmarono la seguente verità: “Noi insegniamo e  professiamo un unico e identico Cristo in 2 nature unite, ma non confuse, né assorbite, non trasformate una nell’altra, non divise, non separate, poiché le 2 nature non ha eliminato la loro differenza, anzi ciascuna natura, la divina e la umana, ha conservato ha conservato le proprie caratteristiche e si è unita all’altra in un’unica persona: quindi in Cristo ci sono 2 nature, umana e divina; 2 volontá, umana e divina; 1 Persona, quella divina”.
  • Conclusione
    Con i 4 Concili Ecumenici (Nicea, Costantinopoli, Èfeso e Calcedonia) vengono fissati le veritá fondamentali della Trinitá e della Incarnazione (1 Dio in 3 Persone; Gesú 2 nature 1 Persona).
    La Chiesa ha resistito all’urto col mondo greco; ha superato il pericolo di ridurre la rivelazione e la fede a conoscenza umana e razionale e ha imposto la sua verità di fede.

IL CRISTIANESIMO ALLA FINE DELL’EPOCA ANTICA:
LA FORZA DEL FUTURO

  • PREMESSA
    L’Imperatore Costantino ebbe il grande intuito di riconoscere nel Cristianesimo la grande potenza religiosa che avrebbe costruito il futuro. Si rese conto del contrasto tra le forze deboli e decadenti dell’Impero Romano e le forze piú progredite del tempo (cioè il Cristianesimo), alle quali giá parte degli uomini piú colti dell’Impero avevano in parte aderito; e si pose dalla parte alla quale apparteneva il futuro.
  • L’EDITTO DI MILANO (313 d. C.)
    Il testo originale non ci è rimasto; ma lo si ricostruisce da una lettera che l’Imperatore Licinio scrisse da Nicomedia nel giugno del 313 d.C.
    Ecco il testo: “Mentre io Costantino Augusto e io Licinio Augusto eravamo felicemente riuniti a Milano e discutevamo insieme di tutto quello che riguarda la sicurezza e l’interesse dello Stato, fra le cose che ci parvero utili alla moltitudine, ci sembrò di dover assegnare il primo posto alla religione, concedendo ai cristiani e a tutti la libertà di seguire ognuno la religione che vuole. Inoltre, per quanto riguarda i cristiani, abbiamo deciso che i luoghi dove solevano radunarsi…, se qualcuno li ha comprati dal fisco o da altri, comunque, debba restituirli ai cristiani senza denaro e senza esigere prezzo, senza cercare pretesti o sollevare discussioni…”.
    * Conseguenze giuridiche dell’Editto di Milano:

1) Il Cristianesimo divenne LIBERO; tutto ció che gli era stato tolto durante la persecuzione di Diocleziano doveva essere restituito.
2) A tutto il Clero furono dati dei PRIVILEGI (come quelli che i sacerdoti pagani avevano da lungo tempo).
3) Ai Vescovi furono concessi diritti e ONORI quali spettavano ai Senatori Romani.
4) La Chiesa  fu riconosciuta, dalle leggi dello Stato, come PERSONA GIURIDICA (capace, cioè di ricevere lásciti ed  eredità).
Con questo, lo Stato aveva praticamente ammesso accanto a sé un’altra societá (perfetta), quasi un altro Stato. Per la prima volta nella storia, veniva riconosciuta giuridicamente la divisione di tutta la vita umana in 2 sfere autonome: la politica e la religione, lo Stato e la Chiesa.

* Conseguenze sociali e religiose dell’Editto di Milano:
    +) Conseguenze positive:
         1) La vita dei cristiani, ora, non era minacciata piúda alcun pericolo.
          2) Le cariche piú alte dello Stato furono occupate, ora, da Cristiani.
          3) La Domenica venne solennemente festeggia, anche come giorno di riposo per tutti.
          4) Venne abolita la crocifissione e furono abolite le lotte dei gladiatori come condanna penale.
          5) Il diritto civile e il diritto penale sugli schiavi e sui bambini fu reso piú umano.
          6) Furono emanate molte leggi per proteggere la vita familiare e la moralità pubblica.
          7) Sulle monete apparvero simboli cristiani.
          8) Si moltiplicarono le chiese; le liturgie cristiane divennero piú solenni (purtroppo le sfarzose cerimonie della corte imperiale servirono da modello).            9) Costantino diede in dono al Papa il Palazzo Romano del Laterano: in tal modo il Vescovo di Roma raggiunse anche una posizione sociale-terrena, importante a quel tempo (ma fino a  quanto!) anche per il suo prestigio ecclesiastico.
+) Conseguenze negative

         Ci fu un afflusso in massa di gente nella Chiesa Cristiana: ora essere cristiano non rappresentava piú un pericolo ma un vantaggio. Questo fatto abbassó di molto il livello morale e religioso della vita cristiana.

  • L’ORGANIZZAZIONE DELLA CHIESA
    Avvenne sul modello dell’Organizzazione dell’Impero Romano
    a) I cristiani di una cittá, formavano una Comunitá (chiama “Parrocchia” e, dopo, “Diocesi”) e stavano sotto un VESCOVO. I paesi che circondavano la citta, sottostavano alla guida spirituale del vescovo della cittá a cui appartenevano. Il Vescovo esercitava anche un potere sui preti, potere riconosciuto dallo Stato.
    b) I preti venivano ordinati per una determinata chiesa  e lí dovevano rimanere:; vivevano del lavoro delle proprie mani (artigianato, agricoltura, commercio…), peró tutti ricevevano qualcosa dal patrimonio ecclesiastico, amministrato dal Vescovo, che si andava velocemente accrescendo. Poi si aggiunsero le decime (cioè ogni cristiano doveva dare al Vescovo il 10% dei frutti della terra.
    c) Nei periodi difficili e violenti delle migrazioni e delle invasioni barbariche, i Vescovi erano dovunque l’anima della resistenza contro i barbari invasori e poi (dopo la vittoria dei barbari) i rappresentanti della popolazione locale di fronte ai nuovi padroni.
    d) L’elezione del Vescovo era fatta dal popolo
    e) In tutti i campi (religioso, politico, morale, economico…) l’importanza dei Vescovi aumentava sempre piú nella vita pubblica. I vescovi, data la loro cultura superiore (in un periodo di analfabetizzazione generale), assunsero anche altri uffici politico-sociali che prima erano tenuti dai laici. Il Clero entró cosí nella sfera politica.
    f) In quest’epoca non c’era un titolo particolare per il Papa. I titoli che si davano al Vescovo di Roma si davano anche a tutti gli altri Vescovi. Solo verso il 500 d.C. si cominciò a riservare l’espressione “Papa” al vescovo di Roma.
    g) Il grande rivale del Papa era l’Imperatore Romano. Quanto piú i Vescovi erano nelle mani dell’Imperatore, tanto piú aumentava il potere di quest’ultimo anche nel campo religioso. Sorse il pericolo che tutta la Chiesa fosse nelle mani dello Stato e che il Cristianesimo diventasse proprietà dello Stato. Di fronte a tale pericolo il Vescovo di Roma lottó ripetutamente e piano piano il Vescovo di Roma diventò punto di riferimento, e quindi il PRIMO, per tutti gli altri Vescovi. Si consolidó, cosí, il PRIMATO DEL VESCOVO DI ROMA, grazie al quale la libertà della Chiesa fu salva. Senza l’unitá dei Vescovi attorno al Papa, dal punto di vista storico, non ci sarebbe stato, a lungo andare, un governo autonomo spirituale della Chiesa.
  • CONCLUSIONE
    La nuova situazione creatasi (cioè: Cristianesimo unica religione dello Stato; stretta collaborazione tra Impero e Cristianesimo; Uffici politici affidati al Clero; contrapposizione tra Imperatore e Papa…), imponeva al giovane Cristianesimo un nuovo compito e un nuovo problema da affrontare e risolvere: “In che rapporto reciproco dovevano stare lo Stato con la Chiesa?”.
    Ogni epoca storica, fino ai nostri giorni, ha dato le sue risposte, non sempre chiare, né sempre corrette; molto spesso ricche di contraddizioni.
    Rimane ancora oggi un problema aperto.
  • FINE DELLA PRIMA PARTE: EPOCA ANTICA (33 – 400/500 d. C.)

STORIA DELLA CHIESA
SECONDA PARTE

  • Introduzione
    Diocleziano, (284-305) aveva diviso in due parti l’impero romano, riservò per sé la difesa della parte orientale dell’impero e diede quella occidentale a Valerio Massimiano.


Questo modo di governare l’Impero continuò con altri Imperatori fino al tempo in cui gli Imperatori erano Costantino e Massenzio. Tra i due ci fu una guerra civile e Costantino vinse. La vittoria di Costantino portò all’Editto di Milano (313) con cui si concedeva anche ai cristiani piena libertà di espressione religiosa. Costantino conservò la divisione dell’impero (ma solo a livello amministrativo), trasferì la capitale a Bisanzio (che chiamò Costantinopoli). Liberò dalle tasse le proprietà della Chiesa, stabilì tribunali speciali per il clero, convocò il concilio di Nicea, permise alla Chiesa di avere ambasciatori, riconobbe la domenica come giorno festivo…
Tra i suoi successori ci fu l’Imperatore Giuliano l’apostata (361), che cercò, ma inutilmente, di fare del paganesimo il paganesimo l’unica religione di stato. Con l’Imperatore Teodosio (Editto di Tessalonica, 380) il cristianesimo diventó l’unica religione di stato. Dopo di lui l’impero Romano si spaccó. In occidente i veri padroni erano i generali barbari. Nel 476 Odoacre, un germano depose l’ultimo imperatore d’occidente (Romolo Augusto 475-476) e non fu nominato nessun altro Imperatore. Da allora in poi, l’impero Romano d’occidente, fu invaso continuamente dai barbari. Per invasioni barbariche si intendono le occupazioni di territori dell’Impero Romano da parte dei GERMANI, cioè di popoli che si trovavano a Nord e ad Est dello stesso Impero Romano. Con il nome “GERMANI” si intendono gli Unni, i Vandali, i Goti e i Longobardi e i Burgundi, che emigrano in massa, abbandonano definitivamente i loro territori e si stabilizzano nei nuovi territori conquistati. Gli Unni furono i primi ad invadere e a terrorizzare tutta l’Europa, ma poi scomparvero!

Durante il periodo degli Unni la Chiesa fu l’unica a difendere le popolazioni attaccate.
Il re degli UNNI era Attila, a partire dal 443. Per la sua ferocia fu detto “flagello di Dio”. Durante il suo regno Attila sottomise molte popolazioni germaniche e riuscì a costituire una potenza militare tale da imporre tributi agli imperi d’oriente e d’occidente.   

Attila, “flagello di Dio”

Quando Attila lanciò i suoi barbari sull’Occidente (erano circa 700.000) fu come un vasto e irresistibile torrente di fuoco. Egli passò il Reno, mise a ferro e fuoco il Belgio, distrusse Metz e 20 altre fiorenti città. Prese da un terrore indicibile, le popolazioni fuggirono davanti agli Unni. La storia ci tramanda che in questa tempesta di fuoco e di sangue la Chiesa fu l’unica barriera di protezione per le popolazioni spaventate.
Troyes, in Francia, venne salvata dal suo vescovo S. Lupo. Davanti all’avvicinarsi dei barbari, il santo riunì il popolo e comandò che si facessero pubbliche preghiere. Poi, quando Attila giunse alla porta della città, gli andò incontro rivestito degli abiti pontificali. Attila, impressionato dalla sua autorità, passò per la città senza distruggerla.
A Parigi fu un’umile pastorella, Santa Genoveffa, a trattenere il “flagello di Dio” con la forza delle sue suppliche.
Gli Unni marciarono su Orleans; là il vescovo S. Agnano fece sì che Attila rientrasse nei suoi territori.
L’anno dopo, il 452, il “flagello di Dio” uscì dal suo rifugio pieno di nuovo furore e penetrò in Italia devastandola e distruggendone le città.
Roma stava per essere conquistata e distrutta, ma Papa San Leone Magno si diede da fare per la sua salvezza, recandosi coraggiosamente fino al campo di Attila. Contro ogni previsione umana, Attila concesse a S. Leone la pace; e si ritiró dall’Italia. Interrogato più tardi sul motivo di questa sua ritirata da Roma, Attila rispose di aver visto, a fianco del grande pontefice, un altro personaggio in abiti sacerdotali e con una spada nella mano che lo minacciava di morte qualora non avesse ubbidito:

Attila mantenne la sua promessa e ritornó nei suoi territori.  Nel 453 Attila morí e fu la fine anche del suo immenso Impero.
Dopo gli Unni, altri popoli germanici e barbari invasero i territori dell’Impero Romano, occupandoli.
I Vandali si impadronirono del Nordafrica, della Sicilia, della Sardegna e della Corsica. I Burgundi occuparono una vasta regione fra la Gallia (Francia) e la Germania (l’attuale Olanda, Belgio Lussemburgo). I Visigoti presero quasi tutta l’attuale Spagna. Gli Ostrogoti occuparono quasi tutti i territori dell’Italia. I Longobardi, cacciati quasi del tutto gli Ostrogoti, si insidiarono nell’Italia settentrionale, e in gran parte dell’attuale Austria e Germania. Ma con il nome “GERMANI” si intendono anche i Franchi, gli Alemanni, gli Angli, i Sassoni e i Bávari, che escono lentamente dai confini dei loro territori ma senza abbandonare la loro terra d’origine; in pratica quest’ultimi popoli “allargano” i loro territori, invadendo territori dell’Impero Romano d’Occidente. I Franchi occuparono tutta la Gallia (attuale Francia). Gli Angli e i Sàssoni si sistemarono nella Britannia (attuale Inghilterra) e nel nord della Germania. I Bàvari e gli Alemanni si sistemarono nel centro-sud della attuale Germania: tutti furono assorbiti dai Longobardi. Con la caduta dell’impero romano d’Occidente, nelle sue antiche province, occupate da popolazioni di origine germanica, si formarono cosí svariati regni, ognuno indipendente dall’altro. Le invasioni barbariche ebbero, quindi, un ruolo decisivo nella formazione dell’Europa.
Dapprima sotto la pressione degli UNNI, dei VANDALI dei LONGOBADI, dei GOTI (Visigoti e Ostrogoti); e poi con l’invasione di altri popoli Germanici (FRANCHI, SASSONI, ANGLI, ALEMANNI e BAVARI), l’Impero Romano d’Occidente giunse alla fine. Tutto andó in frantumi e, a poco a poco, anche il mondo antico.
Su queste burrasche e su queste macerie, la Chiesa fu colei che salvó la cultura e la civiltà antica e che si occupò delle masse della gente disorientata e miserabile.
Nel 500 d.C., quindi 2 potenze vengono a trovarsi di fronte: la Chiesa Occidentale (latina) come erede della civiltà antica e come messaggero di una nuova cultura, la cultura cristiana; e i nuovi popoli germanici, ancora giovani e in via di evoluzione. La loro storia, intrecciata a quella della Chiesa, si chiama MEDIOEVO e va dal 500 al 1.400 d.C.

Il Medioevo si puó dividere in 4 periodi:
1) Primo periodo: è il periodo della unificazione dei vari popoli (6°-9° sec.)
2) Secondo periodo: è il periodo in cui predomina il potere politico 
                                (franco-tedesco) sul potere religioso (9°-11° sec.)
3) Terzo periodo: è il periodo in cui predomina il potere religioso sul 
                                potere politico (11°-13° sec.)
4) Quarto periodo: è il periodo della nascita delle nazioni (13°-15° sec.)

Primo periodo: unificazione dei vari popoli (6°-8° secolo)
Di tutti i popoli germanici che si stabilirono nel territorio dell’Impero Romano, uno prese il sopravvento e dominó il futuro: i FRANCHI.
Il Fondatore del regno dei Franchi fu Clodoveo (481-511): egli era un principe belga che piano piano occupò tutta la Gallia, cioè un paese che era giá cristiano, evangelizzato da S. Martino, Vescovo di Tours dal 350 d.C. in poi e da altri Santi missionari, sotto l’Impero Romano.
Clodoveo riconobbe subito la superiorità religiosa e culturale del Cristianesimo e i vantaggi politici che ne poteva ricavare (cioè l’unitá dello Stato, l’aiuto e il sostegno che poteva ottenere dai Vescovi che erano le massime autoritá presso il popolo), si convertì e fu battezzato nel 498. Insieme a lui, tutti gli altri popoli sottomessi a lui seguirono senza ostacoli, la conversione del Re. Sorse cosí una Chiesa Nazionale Franca, che ebbe il titolo di “figlia primogenita della Chiesa”.

Con Carlo Magno (768-814) il Regno Franco si estese verso Oriente e penetrò nella attuale Germania. Nel Regno Franco la Chiesa si organizzó rigidamente sotto la guida autoritaria del Re. Per es.
* Diventare sacerdote, monaco o religiosa era possibile soltanto col permesso del Re.
* I Vescovi erano fatti dal Re: il popolo poteva proporre uno o due nomi ma era il Re che decideva se accettare o rifiutare, ecc.
Ciononostante:
*) I Vescovi non erano i servi del Re
*) Nessuno contestava l’autoritá del Re nella Chiesa
*) I Re non si immischiavano nel campo dei problemi di fede
*) La Chiesa sviluppó una grandiosa opera sociale che influì notevolmente sulla vita pubblica; in modo particolare:
1) attraverso il diritto di asilo (ai delinquenti che fuggivano in chiesa non poteva essere inflitta una pena corporale o la pena di morte)
2) il suo contributo alla liberazione degli schiavi.
In questo periodo la Chiesa rappresentò una grande forza morale e i vescovi (per la loro grande cultura, per il loro carattere sacro, come rappresentanti di antiche tradizioni, come esperti nella amministrazione e con le loro numerosissime opere caritative) avevano un grandissimo influsso presso la popolazione.
Sotto Carlo Magno, la Germania diventa cristiana, in seguito all’opera Missionaria del benedettino S. Bonifacio: egli evangelizza i Sassoni, i popoli dell’Assia, della Turingia e riorganizza la chiesa della Baviera.
Carlo Magno aveva un grande interesse per la cultura: si circondó di molti vescovi, sacerdoti e monaci colti e preparati e con loro creó le scuole. Presso tutte le chiese, le parrocchie e i monasteri dovevano sorgere delle scuole. Aiutó molto i monasteri che divennero sempre di piú centri di civiltá in campo economico, letterario, scientifico e artistico.
Carlo Magno prese sul serio la sua autoritá e si sentí come mandato da Dio per guidare il popolo cristiano. Egli, quindi non fu soltanto il servitore della Chiesa, ma ne fu il padrone, a volte anche in modo pesante. Egli volle creare una grande unitá cristiana occidentale; non voleva calpestare i diritti della Chiesa, ma voleva inserirli nello Stato; egli voleva che tutto l’Occidente fosse una “civitas Dei” (una cittá di Dio), in cui l’aspetto spirituale avesse il primato sull’aspetto sociale.
Con l’incoronazione a IMPERATORE D’OCCIDENTE avvenuta la notte di Natale dell’800 d. C. a Roma per opera di Papa Leone III, nacque il SACRO ROMANO IMPERO e Carlo Magno, praticamente, divenne padrone dell’Occidente; egli si sentí padrone anche del Papa. Piú tardi pretese di essere riconosciuto Imperatore anche dell’Oriente, il ché avvenne nell’812 d. C.
Questo fu un periodo di grande evangelizzazione in tutta l’Europa, grazie a santi Missionari.
*) L’Irlanda passa al Cristianesimo grazie a S. Patrizio giá nel 400 d.C.
*) L’Italia del Nord, invasa dai Longobardi, è evangelizzata dal Papa Gregorio Magno verso la fine del 500 d.C.
*) La Spagna, invasa dai Visigoti diventa cristiana grazie ai santi fratelli Leandro e Isidoro.
*) L’inghilterra diventa cristiana nel 600 d.C. grazie a S. Agostino Vescovo di Canterbury
*) La Svezia e la Danimarca diventa Cristiana lungo gli anni 800 d.C. grazie a S. Anscario.
*) Gli Slavi diventano cristiani nello stesso periodo grazie ai Santi fratelli Cirillo e Metodio.
*) E cosí pure i Bulgari e i Cechi.
*) L’Ungheria, la Polonia e la Russia diventano cristiani verso il 900 d. C.

Atteggiamento dei Germani nei confronti della Chiesa
I germani hanno sempre riconosciuto la superiorità della civiltá greco- romana di cui Roma era il simbolo: per questo si sono sempre sforzati di farla propria, fin da quando hanno iniziato le loro migrazioni. Sulla loro strada hanno trovato  il Cristianesimo. Pensando che esso facesse parte integrante della civiltá greco-romana, hanno accettato senza difficoltà anche il Cristianesimo.

Vantaggi:

*) Riconoscendo senz’altro la superiorità della nuova religione, essi
accettarono con semplicitá, in modo fedele, quasi passivo, le verità che predicava la Chiesa. La Chiesa poté cosí svolgere il suo programma: portare i nuovi popoli alla fede in Gesú Cristo.
*) La dottrina del Dio-Amore, del Regno futuro, della vittoria del Bene sul Male, liberò i Germani dalla paura di essere dominati da un Dio cattivo.
*) La fede nell’immortalitá dell’anima risolse a loro il difficile problema della morte e della fine dell’Uomo. *) L’unica lingua della fede cristiana, la lingua latina e la fratellanza universale predicata dai Cristiani fecero in modo che le molteplici popolazioni e tribú, le molteplici forze germaniche si unissero tra di loro e sotto la guida del Cristianesimo formassero una nuova grande civiltá, la civiltá medievale.
*) Si puó dire che nell’Antichitá la Chiesa era un granello piccolo che si trovó di fronte 3 civiltá diverse, superiori ed evolute.
All’inizio del Medioevo, il granello era diventato un grande albero, non si trovava di fronte una civiltá superiore, ma vari popoli culturalmente e spiritualmente minorenni, disposti ad essere…educati! La Chiesa poté facilmente imporsi e incominció ad essere luce delle nazioni e guida dei popoli.

Svantaggi:

*) I Germani non erano portati alla riflessione, al ragionamento; in essi predominavano la fantasia e il sentimento. Perció sentendo parlare della Trinitá, di Dio Creatore, dell’Incarnazione, della Grazia, dell’Inferno non capivano niente e con la loro fantasia se le immaginavano a modo loro. Per esempio
1) La Chiesa parlava di “Signore” e loro capivano “Duce”, “Condottiero”, a cui bisognava ubbidire ciecamente (come facevano loro con il loro capo!).
2) “Cristo” fu immaginato come un eroe vittorioso, come un re nazionale.
3) Gli “Apostoli” furono immaginati come i valorosi guerrieri del Capo.
4) La “Grazia” fu immaginata come “un favore del Re del Cielo” che egli fa a noi se noi siamo fedeli a lui. Quindi il rapporto noi-Dio diventa un contratto, un servizio reciproco: noi facciamo quello che lui dice e lui ci aiuta quando ci rivolgiamo a lui.
5) I “Sacramenti” diventarono dei riti esterni e basta, non implicavano un nuovo modo di vivere.
6) L’”Eucaristia” diventò la presenza di Cristo nell’Ostia e non l’unione misteriosa ma vera di Gesú Cristo con i suoi fratelli.
7) La “Confessione” fu vista come una riparazione al male fatto (una volta confessati, si poteva ricominciare daccapo fino alla prossima confessione) e non come perdono meritato da Cristo e da Lui donato agli uomini peccatori.
8) Il “Peccato” era visto come una azione esterna e non come una mentalità interiore dello spirito.
9) La “Pietá” e la “Preghiera” furono riempite di abbondanti forme magiche e superstiziose; erano rivolte piú verso i Santi che non verso Dio. Il culto dei Santi fu praticato in maniera puerile ed egoistica; motivo principale era la paura; si aveva una fiducia esagerata nelle ossa del Santo; si diffuse moltissimo la devozione alle reliquie. Il Santo diventa il protettore della Comunitá, il suo Patrono, ed anche il padrone di tutti i beni della Parrocchia, ed egli ha il dovere di proteggere a aiutare tutti i fedeli di quella parrocchia (vedi Sangue di S. Gennaro!). Per questo motivo, frequente era il furto delle ossa e delle reliquie: ci si voleva impadronire di un aiuto tanto efficace. La devozione alle reliquie portava, attraverso i secoli, delle vere maree di gente, in pellegrinaggio, ai grandi Santuari di tutta Europa.
10) I “Vescovi” furono visti come dei sovrani e dei guerrieri; la loro importanza era misurata in base alla loro potenza militare e ai loro possedimenti.
11) La “moralità” subí un duro colpo. I popoli Germani mischiarono la moralità cristiana con le loro vecchie mentalitá tradizionali dure a morire. Per esempio, piuttosto che il diritto e la giustizia era l’uso brutale della forza a risolvere le questioni fondamentali; piuttosto che il perdono e l’amore, era lo spirito di vendetta che dominava. Di qui la crudeltà nei príncipi e nelle loro donne, gli assassini continui di príncipi e re, i duelli, lo sfruttamento immorale della schiavitú, dell’adulterio, della poligamia, ecc. C’era molta disonestá e molta crudeltá: non veniva rispettato il diritto di asilo, diffusa era l’ubriachezza, la depravazione sessuale; la vita dell’uomo valeva poco, il giuramento veniva dimenticato. Non mancavano Vescovi e preti fra i depravati e persino tra gli assassini. I Vescovi erano per lo piú sposati e le loro diocesi servivano da patrimonio familiare. Tuttavia tra i Vescovi che si arricchivano con i beni della Chiesa o con i beni che ereditavano dalle loro famiglie, c’erano parecchi che sostenevano le chiese e i monasteri.
C’è da dire che inconvenienti religiosi e morali se ne trovano spesso nella storia della Chiesa. Tuttavia, tali inconvenienti della Chiesa furono sempre superati: questo dimostra che la Chiesa non dipende dalla debolezza dei suoi membri. Inoltre va osservato che nella Chiesa hanno operato anche uomini di grande valore umano, morale, religioso, spirituale, autentici Santi, forse sconosciuti alla societá di oggi, ma che hanno guidato la societá di allora neutralizzando le forze del male e orientando i popoli verso lo sviluppo spirituale e sociale (per es. S. Martino, S. Patrizio, S. Colombano, S. Gallo, S. Agostino di Canterbury, S. Gregorio Magno, S. Bonifacio, i Santi Cirillo e Metodio, ecc.: tutti patroni principali dei loro popoli). La piú importante opera religiosa, ma anche sociale della Chiesa in questo periodo fu la costruzione di parrocchie rurali; la Chiesa, attraverso il parroco, persona istruita, assicuró l’istruzione cristiana al popolo (per lo piú contadini) che viveva nella piú grande ignoranza. Accanto ai monasteri (grandi centri di cultura), la parrocchia era una scuola importante per la massa dei poveri.
12) I popoli Germanici con la loro mentalitá individualistica tentarono in vari modi di fare del Cristianesimo una religione nazionale, e quindi tentarono in vari modi di organizzarsi in “chiese nazionali”, minacciando l’unitá della Chiesa. Da questa mentalitá nazionalista venne fuori il principio che “il popolo deve seguire la religione del Capo” (cuius regio eius religio”); perciò nella evangelizzazione dei popoli Germani si ebbero, spesso delle conversioni collettive, in seguito alla conversione del re, o del Nobile o del Principe, o del Duca. Queste conversioni collettive erano molto superficiali e in esse non sempre c’era il cambiamento di mentalitá e di animo, come richiede ogni vera conversione cristiana.

Conclusione
Ottenuta la libertá, nell’Impero Romano, dal primo Medioevo in poi, la Chiesa poté organizzare una vita prettamente cristiana:
* Il corso dell’anno viene ora indicato dal Calendario Cristiano, con le sue feste e la sua organizzazione liturgica.
* Il corso della settimana è segnato dalla Domenica Cristiana, giorno di riposo (nella quale i fedeli si recano insieme alla Messa).
*) Piú tardi ogni cittá e ogni villaggio viene caratterizzato dalla sua chiesa e dal suo campanile, o anche da un monastero, situato dentro o fuori dell’abitato, e dagli ospedali.
*) Vengono introdotte le campane che indicano la divisione delle ore nel giorno.
*) Nelle case si mettono decorazioni cristiane.
*) La letteratura tratta di argomenti cristiani.
*) Le leggi contengono nelle loro introduzioni la professione di fede in Dio Trino e Uno.
*) Nei tribunali è obbligatorio il giuramento cristiano.
*) Fu introdotta la Confessione all’inizio della Quaresima e la Comunione praticata 3 volte all’anno (o almeno una volta all’anno)

La Chiesa diventa, per i giovani popoli, la fonte del diritto, della cultura
della scienza, della civiltá. Essa ha “cristianizzato” l’Occidente, cioè ha riempito della sua visione, secondo la volontà di Cristo, ogni aspetto della vita umana: politico, sociale, culturale, scientifico e religioso.

Secondo periodo: predominio del potere politico sul potere religioso
(9°-11° sec.)

Introduzione

Dopo la caduta del grande Impero Romano, si formarono in Occidente, con Carlo Magno, 2 grandi potenze medioevali: il Papato e l’Impero romano cristiano occidentale. Queste 2 potenze erano dipendenti e a servizio l’una dell’altra: l’Imperatore riconosceva al Papa il diritto di conferirgli o rifiutargli la dignitá imperiale e quindi il supremo potere politico: ció avveniva attraverso l’Incoronazione. Il Papa riconosceva all’Imperatore il diritto di confermare o negare la sua elezione al Sommo Pontificato; e ció avveniva attraverso il giuramento di fedeltà all’Imperatore, che il papa eletto doveva prestare prima della sua intronizzazione. L’unione delle 2 forze erano a servizio della fede cristiana e dei popoli in essa formati. L’Imperatore doveva proteggere la Chiesa e il Papa doveva appoggiare e sviluppare gli interessi dell’Impero. Questa unitá e collaborazione è alla base dell’Occidente cristiano e portó lo stesso Occidente alla sua unitá e alla sua grandezza. Le rispettive due competenze (del’Imperatore e del Papa), peró, non furono espresse in nessuna formulazione giuridica. Col passar del tempo esse divennero sempre piú confuse, mediante usurpazioni e tentativi di predominio e di espansione da entrambi le parti, creando le basi della futura lotta tra Imperium e Sacerdotium

Il periodo oscuro della Chiesa (fine del sec. IX – metá del sec. XI)

La lotta, infatti cominció quasi subito. Dalla fine del secolo IX fino alla metá dell’XI, problemi interni ed esterni indebolirono sempre piú la cristianitá occidentale. L’impero della Francia si frantumó e si formarono in occidente numerosi Stati. In ogni Stato dominava il potere di diversi “Signori feudali” che aspiravano alla indipendenza dal governo centrale e a dominare essi stessi uno sull’altro. In tutto l’Occidente non esisteva piú alcuna forza militare rispettabile. I ripetuti attacchi da parte dei musulmani a Sud, un’ondata di nuovi oppressori da Est (i Magiari o Ungari) e l’invasione distruttiva dei Normanni dal Nord, aggravarono il processo di frammentazione e di caos. La fine del mondo sembrava imminente. Molti l’attendevano per l’anno 1000. Per il Papato questa fu un’epoca di disperazione: non poteva piú contare sui protettori francesi; si trovó sempre piú coinvolto nella lotta per il potere scatenata dalle famiglie nobili romane che cercavano di insediare sul soglio di Pietro qualche proprio parente e conquistare il potere sulla cittá e sul “Patrimonio di Pietro”. I papi divennero dipendenti o prigionieri di questo o quel gruppo politico e giocattoli nelle mani della nobiltà. Ció produsse un declino sia spirituale che morale del papato. Ovunque, in Europa c’era anarchia, col crollo totale di suoi ordinamenti civili e della sua cultura. Ovunque le proprietà della Chiesa vennero saccheggiate o caddero nelle mani dei nobili. Essi trattavano gli Episcopati e i monasteri come proprietà private, di cui disponevano a loro piacimento. Il clero divenne sempre piú indifferente ai suoi doveri, mentre aumentava la sua ignoranza e la sua immoralità. Il 9° e il 10° sec. furono per il papato un periodo oscuro. Ma anche se in questo periodo ci furono papi incompetenti e immorali, l’istituzione papale continuó ad operare e ad essere rispettata in tutto l’Occidente.

Chi salvó la Chiesa in questo periodo oscuro fu la forte e indipendente dinastia Sassone, che si era insediata in Germania, ad opera di Enrico I e si Ottone I.

Infatti dei molti Stati sorti dallo smembramento dell’unico Impero, lo Stato tedesco era il piú forte. E fu la “Germania” che guidó l’Occidente e la Chiesa nei secoli X e XI. Ottone sviluppó strettissimi rapporti con la Chiesa di Germania. Vescovi ed abati furono insigniti della stessa dignità e dei medesimi diritti dei príncipi del Regno. La Chiesa ricevette in dono vastissimi territori.
Grazie alla sua alleanza con la Chiesa, Ottone cercó di eliminare dal suo Regno il potere di una nobiltà ereditaria e ribelle. I vescovi tedeschi offrirono denaro e armi ai loro re perché si espandessero in Italia e nei territori che corrispondono oggi alla Germania orientale e alla Polonia.
Ottone il Grande, offrí, quindi, al papato quella assistenza di cui esso aveva disperatamente bisogno per tirarsi fuori dalla politica italiana e romana. Il Papa Giovanni XII lo ricompensó incoronandolo Imperatore nella Basilica di S. Pietro nel 962: era rinato l’Impero d’Occidente.
Dieci anni prima Ottone era diventato anche Re dei Longobardi, dopo aver aiutato e sposato Adelaide di Borgogna. Con Ottone si inauguró un precedente e una tradizione: da allora in poi, ogni sovrano tedesco intraprendeva un viaggio a Roma per essere incoronato Imperatore.
L’ingerenza e il coinvolgimento dei sovrani tedeschi negli affari papali, da un lato salvarono il papato, dall’altro, peró, rappresentarono un fatto carico di conseguenze; significava che gli imperatori avevano il diritto di decidere chi doveva diventare papa e chi doveva essere dimesso: ossia la perdita della libertá da parte della Chiesa.

E la Chiesa ricadde nel caos totale.

Da una parte, controllo assoluto dell’Imperatore tedesco (quando era forte) sulla Chiesa e lotte acerrime tra le famiglie nobili romane (per lo stesso controllo), quando l’Imperatore era debole; dall’altra, incompetenza del clero, simonia (vendita e compera di cariche ecclesiastiche, anche papali), diffuso lassismo sessuale anche nei papi e nei vescovi, investiture dei laici (cioè controllo dei laici sulle nomine alle cariche ecclesiastiche) e alleanza di papi, vescovi e abati con il potere temporale.

Terzo periodo: predominio del potere religioso sul potere politico
(11°-13° sec.)

La riforma gregoriana

Talvolta il momento piú buio della notte è quello che precede l’alba.
Ció si dimostró vero anche nel caso della Chiesa medievale.
Dopo il predominio dell’Impero sul Papato, prima ad opera dei Carolingi (francesi) e poi ad opera dei Sassoni (Tedeschi), si ha ora la supremazia del Papato sull’Impero, conquistata nel secolo XI, da Gregorio VII e difesa nei secoli successivi (seconda metá del XII e XIII) attraverso dure lotte contro l’Impero.
La lotta per la libertá della Chiesa vede protagonisti gli uomini piú rappresentativi dell’epoca: il papa Gregorio VII e l’Imperatore Enrico IV.
Ma essa è preceduta da un radicale rinnovamento spirituale della Chiesa per opera dei monaci e del clero. Il principale centro di riforma che questa volta salvó la Chiesa e l’aiutó a riprendere il suo controllo sull’Europa, fu il monastero di Cluny nella Francia centro-meridionale.

Il movimento riformatore di Cluny
L’ordine religioso di Cluny fu fondato nell’anno 909 dall’abate Bernone, come ramo riformato dell’ordine benedettino. L’anno successivo, il duca Guglielmo d’Aquitania, detto “il Pio”, donava alla Chiesa, nella persona dell’abate, la sua residenza di caccia di Cluny. Si iniziò l’opera della costruzione della Abbazia. Nel suo documento di fondazione c’era una decisione molto importante ed era la seguente: l’Abbazia e il monastero dovevano essere indipendenti dai vescovi e dai signori feudali e soggetti soltanto alla autoritá del papa. Inoltre i monaci avevano il potere e la libertá di eleggere, come Abate o come guida spirituale, qualcuno del loro ordine. Nel giro di qualche anno, essendo abate Oddone, l’Abbazia di Cluny divenne il centro spirituale piú importante d’Europa. A Cluny era praticata una straordinaria rigiditá morale, una rinnovata vita liturgica senza precedenti e una disciplina molto rigida anche nel rapporto gerarchico. Dall’abate dipendevano tutti gli altri monaci, anche quelli che ricoprivano incarichi importanti. Autoritá, ordine, funzionalità, fecero di Cluny un modello di organizzazione e ne permisero la lunga sopravvivenza. Le idee di rinnovamento provenienti da Cluny si diffusero rapidamente.
Altri ordini religiosi (Cistercensi, Certosini…) maschili e femminili, in gran quantità, furono coinvolti in questo movimento. Furono allontanati gli abati disonesti, venne rafforzato l’obbligo del celibato ecclesiastico e fu proibita la vendita delle cariche nei monasteri. I riformatori portarono la riforma anche fuori dei conventi e dei monasteri, in mezzo al clero, nel cuore delle alte gerarchie ecclesiastiche e nel popolo cristiano.
Essi concentrarono la loro propaganda e i loro sforzi su due mali generali e su un grande rimedio. I mali erano la simonia e il nicolaismo; il rimedio era la disciplina nella Chiesa, da parte di un papato libero e potente.
La simonia, in origine, era la ostinata convinzione che i doni soprannaturali e i poteri carismatici potevano essere comprati col denaro. Piú tardi si ricorse alla simonia per l’acquisto o la vendita degli atti sacramentali o delle cariche spirituali ed ecclesiastiche.
La simonia fu considerata eresia, perché si confondeva la grazia con la magia e si negava lo Spirito Santo. Il nicolaismo (termine derivato dai cosiddetti “nicolaiti”, che erano contrari al celibato), invece, designava i vizi sessuali degli ecclesiastici, cioè la violazione del celibato ecclesiastico, stabilito dall’antica disciplina della Chiesa occidentale.
Il matrimonio e il concubinato dei preti era un fenomeno diffuso, con conseguenze anche di ordine sociale ed economico.

La pre-riforma

Il primo papa ad iniziare timidamente la riforma fu S. Leone IX (1049-1054). Egli fu accolto dal popolo con entusiasmo e come un santone. Il nuovo papa, animato da una pia volontá riformista, si circondó degli uomini piú illustri del monastero di Cluny e del mondo ecclesiastico di allora, a cominciare dal monaco Ildebrando. Questi, con la carica di “segretario di Stato”, come si direbbe oggi, fu l’autentico ispiratore della riforma della Chiesa, non solo di questo papa, ma anche dei seguenti. Leone IX, infatti, poche settimane dopo la sua elezione, condannó la simonia, depose parecchi vescovi riconosciuti come simoniaci e richiamó con particolare impegno le leggi contro il concubinato dei preti. Inoltre, con molteplici viaggi attraverso l’Europa, cominció ad esercitare apertamente ed energicamente l’autoritá pontificia, non nei riguardi dell’Imperatore tedesco, ma almeno contro duchi, principi ed ecclesiastici ribelli all’Imperatore. Alla morte di Leone IX ci fu un tentativo da parte dei nobili romani e una pressione verso l’Imperatore tedesco, per far eleggere un papa antiriformista. Ma Ildebrando, di gran fretta, recatosi in Germania, si impose su Enrico III per far eleggere Vittore II, un altro papa riformista. In un patto di ferro con l’Imperatore, Vittore II fu addirittura nominato “Vice-Imperatore”, carica che il Papa esercitó immediatamente alla morte prematura del giovane Enrico III. Infatti mandó immediatamente in Germania il monaco Ildebrando, a risolvere alcuni problemi imperiali, come per es. quello della liberazione di Matilde (la futura duchessa di Canossa) e di sua madre Beatrice di Lorena, fatte prigioniere dal defunto Enrico III e la restituzione delle loro terre confiscate dallo stesso Imperatore. Mandó poi, lo stesso Ildebrando, in Francia, con l’incarico di portare avanti la riforma in quello Stato, dove si erano verificate diverse nomine di vescovi indegni. Con la morte di Vittore II, Ildebrando, approfittando della debolezza dell’Imperatrice Reggente, Agnese, moglie del defunto Enrico III, riuscì a far eleggere Stefano IX, ignorando completamente i diritti imperiali di scelta. Ma questo Pontefice, il cui pontificato duró per fortuna pochi mesi, tradí le aspettative di Ildebrando e della Chiesa tutta. Infatti egli, anziché concentrarsi sul rinnovamento della Chiesa, si dedicava a progetti di carattere temporale.
Quando morì il Pontefice, Ildebrando era assente da Roma. I nobili romani approfittarono per leggere, uno dopo l’altro, due Papi (poi considerati Antipapi) di scarsa personalitá, i quali non furono neppure consacrati. I riformisti attesero che Ildebrando tornasse dalla Germania e a Siena, il 18 Aprile 1058, elessero Papa il Vescovo di Firenze, che prese il nome di Nicoló II. Egli ottenne anche la conferma dell’Imperatrice reggente Agnese. Ció non bastó: i nobili romani resistevano al legittimo Papa e riconoscevano l’Antipapa Benedetto X. Allora Ildebrando suscitó una sommossa popolare a Roma che mise in fuga l’Antipapa e tutta la nobiltá romana ostile al legittimo Papa. E cosí, Nicoló II poté prendere possesso di Roma ed essere consacrato in S. Pietro, il 24 Gennaio 1059. Con Nicoló II si fece un grande passo avanti verso la libertá del papato. Egli promulgó un decreto che conferiva solo ai cardinali (con l’approvazione del popolo e del clero di Roma) il diritto e il dovere di eleggere il Papa, senza intromissione di altre forze imperiali. Naturalmente l’Imperatore di Germania e i Vescovi tedeschi condannarono il Pontefice e il suo decreto. Nicoló II rinnovó di nuovo i decreti contro la simonia e a favore dl celibato ecclesiastico, promosse lo spirito monastico e riformatore e proibì l’assistenza a Messe celebrate da sacerdoti concubinari: tutti atti che diedero un formidabile impulso alla santitá della Chiesa.
Il debrando era l’ispiratore di tutti questi atti.
Ma Nicoló II morí prematuramente. Alla sua morte, una delegazione della nobiltà romana si recó alla corte imperiale per sollecitare la nomina del nuovo pontefice. Contemporaneamente si presentó dall’Imperatore anche una delegazione di vescovi lombardi con un loro candidato. Ma prima che fosse presa una decisione, Ildebrando, a Roma, in aperta sfida imperiale, applicando il decreto di Nicoló II, convocó i cardinali e fece eleggere Papa il vescovo di Lucca, col nome di Alessandro II: era l’anno 1061.
Il nuovo Papa, purtroppo sottopose la sua nomina, nel 1063, al Re tedesco il dodicenne Enrico IV (tutelato dall’Arcivescovo di Köln), che divenne di nuovo arbitro del papato. Per il resto, il nuovo Papa combatté energicamente i preti e i Vescovi immorali e simoniaci, proibì l’accumulo dei Vescovadi e dei benefici e anche l’accettazione dell’investitura laica senza l’autorizzazione dell’autoritá ecclesiastica, rafforzó la centralizzazione dl potere e si oppose al divorzio di Enrico IV. Alessandro II incitó il popolo di Dio a ribellarsi alla gerarchia simoniaca e ai preti sposati. Mancó, peró, di fermezza nella questione importante delle nomine dei Vescovi e degli Abati da parte dell’Imperatore. Col suo successore, scoppió uno storico conflitto tra il Papa e l’Imperatore tedesco, proprio su questo problema: la lotta per la libertá della Chiesa. E il suo successore fu il famoso, battagliero e carismatico Ildebrando, che aveva ispirato con le sue idee riformiste, le piú importanti e storiche mosse politiche e religiose degli ultimi Papi e che aveva giá dato origine, da anni, nella Chiesa, alla famosa e storica riforma che da lui prese nome: la riforma gregoriana.

I protagonisti della riforma


a) Gregorio VII

Morto Alessandro II, durante la cerimonia funebre nella Basilica di S. Giovanni in Laterano, venne acclamato Papa, a furor di popolo, il monaco Ildebrando.

Il decreto di elezione di Nicoló II non venne rispettato, non fu data la precedenza ai Cardinali-Vescovi. Fu quasi una scelta ispirata. Ad essa, il protagonista voleva sottrarsi.

Trascinato a forza, nonostante la sua riluttanza, nella Chiesa di S. Pietro in Vincoli, venne consacrato e intronizzato Papa: si chiamerá Gregorio VII. Era il 30 Giugno 1073. Aveva 53 anni.

Ildebrando era nato in provincia di Grosseto verso il 1020 da una famiglia artigiana.

Grazie ad uno zio materno, abate di S. Maria all’Aventino, a Roma, fu portato nella Capitale fin dall’adolescenza, per maturare nell’educazione religiosa verso la quale mostrava un interesse precoce e straordinario.

Affidato alla cura di Giovanni Graziano, arciprete di S. Giovanni a Porta Latina, Ildebrando fu avviato alla carriera scolastica.

Giovane colto e brillante, ventenne, divenne subito cappellano dello stesso Giovanni Graziano (divenuto Papa col nome di Gregorio VI (1045-1046) in modo simoniaco. Egli, infatti compró dal suo predecessore (Benedetto IX), nel 1045, il trono di S. Pietro, per liberarlo da un Papa ladro, indegno e assassino e per riportarlo in una posizione di prestigio e di onorabilità).

Dopo la morte di Gregorio VI, Ildebrando si fece monaco nel monastero di Cluny. Nella vita monastica rimase circa 3 anni, fino alla elezione di Papa S. Leone IX, che lo volle al suo fianco giá nel viaggio verso Roma. Fu ordinato suddiacono e diventó amministratore dell’abazia di S. Paolo.

Appena eletto Papa, i primi atti del suo pontificato sono rappresentate dalle molte lettere che invió ad amici, quasi a trovare il loro appoggio per il grande incarico che gli era stato affidato.

Scrisse all’abate di Montecassino, all’abate di Cluny, a Beatrice di Lorena (madre di Matilde), al re di Danimarca, a vescovi e principi, a tutti manifestando la sua ferma intenzione di lottare per la libertá della Chiesa.

A Enrico IV, ormai ventitreenne, non è sicuro se gli abbia scritto. In ogni caso se gli scrisse, fu per notificare (non per sollecitare o confermare) la sua elezione, chiarendogli subito che non sarebbe stato un papa malleabile, deciso com’era a mettere ordine nella Chiesa, scomunicando i simoniaci e i preti concubini.

Di questo, ne dá conferma indiretta, scrivendo al marito di Matilde di Canossa, Goffredo il Gobbo, augurandosi la collaborazione del Re di Germania, per regolare le proprietà della Chiesa e le investiture ecclesiastiche. “Se lui opererá con giustizia, onorando il suo trono, tanto meglio, altrimenti la maledizione del Signore ricadrá su di lui”.

Enrico IV, comunque, ratifica l’elezione di Gregorio VII, ma è convinto della supremazia imperiale, di cui si sente giá investito.

Il nuovo Papa subito convoca un Concilio a Roma, nel marzo del 1074. In esso venne deciso, senza mezzi termini, che tutti i chierici ordinati per simonia venivano scomunicati e tutti i vescovi che avevano ottenuto i vescovadi per simonia, dovevano lasciarli, pena la scomunica. Ai principi si imponeva di restituire i beni della Chiesa usurpati, pena la scomunica.

Enrico IV, al quale vengono inviate le decisioni conciliari, si impegna a restituire i beni della Chiesa usurpati.

Intanto gran parte della Germania ecclesiastica si ribella alle decisioni venute da Roma e fa circolare calunnie sul Papa.

Gregorio VII risponde con fermezza con un altro Concilio nel 1075. In esso sospende 5 Vescovi tedeschi, consiglieri di Enrico IV, i quali avevano apertamente ostacolato l’applicazione delle norme di Roma. Inoltre emana una precisa disposizione riguardante il divieto di investitura da parte di chiunque. Il Papa sottrae, quindi, anche ad Enrico IV ogni diritto a concedere episcopati, come finora aveva fatto, minacciandolo di scomunica.

E’ l’inizio della lotta tra Papa e Imperatore, con una rottura tra i due poteri: la cosiddetta “lotta per le investiture” (o “lotta per la libertá della Chiesa”. Le condizioni per ristabilire la pace furono categoricamente espresse da Gregorio VII in una serie di canoni, raccolti nel famoso DICTATUS PAPAE, emanato nel 1075.

Ecco il documento
1) La Chiesa Romana è fondata da Dio solo.
2) Soltanto il Pontefice Romano è a buon diritto chiamato universale.
3) Egli solo può deporre o ristabilire i Vescovi.
4) Un suo rappresentante, anche se inferiore di grado, in Concilio è al di sopra di tutti i vescovi, e può pronunziare sentenza di deposizione contro di loro.
5) Il Papa può deporre gli assenti.
6) Nessuno deve aver comunione o rimanere nella stessa casa con coloro che sono stati scomunicati dal Papa.
7) Soltanto al Papa è lecito promulgare nuove leggi in rapporto alle necessità del tempo, fare nuove congregazioni rendere abbazia una canonica e viceversa, dividere un episcopato ricco e unire quelli poveri.
8) Solo il Papa può usare le insegne imperiali.
9) Tutti i principi devono baciare i piedi soltanto al Papa.
10) Il nome del papa deve esser recitato in chiesa, durante la Messa.
11) Il titolo di “Papa” è unico al mondo.
12) Il Papa puó deporre l’imperatore.
13) Al Papa è lecito, secondo la necessità, spostare i vescovi di sede in sede.
14) Il Papa ha il potere di spostare un chierico da qualsiasi chiesa, per il luogo che voglia.
15) Colui che è stato ordinato dal Papa può essere a capo di un’altra chiesa, ma non sottoposto, e che da nessun vescovo può ottenere un grado superiore.
16) Nessun sinodo può esser chiamato generale, se non comandato dal Papa.
17) Nessun articolo o libro può esser chiamato canonico senza la autorizzazione del Papa.
18) Nessuno deve revocare la parola del Papa e che egli solo lo può fare.
19) Nessuno può giudicare il Papa.
20) Nessuno osi condannare chi si appella alla Santa Sede.
21) Le cause di maggior importanza di qualsiasi chiesa, debbono esser rimesse al giudizio del Papa.
22) La Chiesa Romana non sbaglió e non sbaglierá mai e ciò secondo la testimonianza delle Sacre Scritture.
23) Il Pontefice Romano, se ordinato dopo elezione canonica, è indubitabilmente santificato dai meriti del beato Pietro; ce lo testimonia sant’Ennodio, vescovo di Pavia, col consenso di molti Santi Padri, come è scritto nei decreti del beato Simmaco papa.
24) Ai subordinati è lecito fare accuse dietro ordine e permesso del Papa.
25) Il Papa può deporre e ristabilire i vescovi anche senza riunione sinodale.
26) Non dev’essere considerato cattolico chi non è d’accordo con la Chiesa Romana.
27) Il Pontefice può sciogliere i sudditi dalla fedeltà verso i Principi, i Duchi, i Baroni, i Re, gli Imperatori iniqui.
Il concetto fondamentale del “Dictatus Papae” è la supremazia della Chiesa di Roma e del suo Vescovo sulle altre Chiese e sull’Impero, una affermazione di carattere politico-ecclesiastico che si trova in pratica sulla falsa “Donazione di Costantino”.
Infatti solo il Papa puó conferire le insegne imperiali, come pure a lui spetta il diritto di deporre gli Imperatori e di sciogliere i sudditi dal giuramento di infedeltà agli ingiusti. E naturalmente solo il Papa ha il diritto di conferire le cariche ecclesiastiche, come pure di condannare i Vescovi indegni, in qualitá di rappresentante di Cristo in terra e successore di S. Pietro, nella illimitata potestá di “sciogliere e legare”, concessa all’Apostolo, appunto da Cristo.
Col “Dictatus…” il rapporto tra Stato e Chiesa é in pratica completamente invertito: non è piú l’Imperatore ad eleggere il Papa, ma é il Papa a nominare e deporre l’Imperatore.
Il “Dictatus, se da un lato costituiva la definitiva teorizzazione del Vescovo di Roma a primate infallibile ed unico del mondo ecclesiastico cristiano, dall’altro rappresentava una sfida per l’affermazione del potere della Chiesa sul potere dello Stato.
E il re Enrico IV accetta la sfida.

b) Enrico IV
Enrico IV fu uno dei piú prestigiosi sovrani della storia medioevale.
Figlio di Enrico III e di Agnese di Poitiers, nacque nel 1050 ad Augsburg. Nel 1056 successe al trono, per la immatura morte del padre trentanovenne. Essendo minorenne, la reggenza fu assunta dalla madre Agnese, donna inesperta politicamente. La mancanza di esperienza della regina vedova finí per indebolire la dinastia. Infatti suo cognato, Rodolfo di Rheinfelden e Annone, Vescovo di Köln organizzarono una congiura, rapirono l’erede al trono e lo trasferirono nell’episcopato di Köln. Entrambi scelsero come tutore del bambino il Vescovo di Bremen e tutti e tre presero le redini del governo, relegando la regina-madre in un convento piemontese. Divenuto maggiorenne, nel 1065 Enrico IV fu intronizzato e sposó Berta, la figlia del conte Ottone di Savoia. Furono nozze infelici, e poco tempo dopo egli chiese il divorzio che non gli fu concesso. Seguendo il consiglio di S. Pier Damiani, Enrico IV si diede al rafforzamento della monarchia tedesca. Combatté gli irrequieti duchi-vassalli della Baviera e della Sassonia, li vinse, ottenne la totale sottomissione delle due regioni e amplió i suoi confini. Anche se giovane, Enrico voleva imitare l’autorevolezza paterna, ma incontró sulla sua strada l’irrequieto e “indemoniato” monaco Ildebrando, intenzionato a delegittimare la linea politica di suo padre Enrico III che aveva messo in ginocchio il papato, e a ricuperare i privilegi che egli aveva sottratto alla Chiesa. Perciò, forte dei risultati conseguiti nelle guerre interne al Regno di Germania, Enrico IV, disprezzó i decreti conciliari e papali di Gregorio VII e, in difesa delle tradizioni paterne, continuó, deciso, a intervenire nella vita ecclesiastica tedesca e italiana. Incurante delle riforme avviate da Roma, continuó a nominare vescovi e a denunziare l’illegittimitá dei provvedimenti del Papa. Nel frattempo seguí con favore, o forse appoggió, una congiura contro il Papa.  Gregorio VII, la notte di Natale del 1075, mentre celebrava la Messa in S. Maria Maggiore, venne assalito, ferito e sequestrato dai congiurati e rinchiuso in una torre. Ma il popolo, indignato, reagí e liberó il suo Vescovo, il giorno dopo. Uscendo dalla torre, Gregorio calmó la folla che voleva uccidere i congiurati e invitó al perdono. I congiurati, deposti e scomunicati, si rifugiarono presso Enrico IV. Ai primi di Gennaio 1076, il Papa invita Enrico IV a comparire a Roma, per discolparsi, sotto pena di scomunica. Il re risponde convocando una assemblea di principi e di Vescovi a Worms il 24 Gennaio 1076. Gregorio VII fu messo sotto accusa soprattutto dal Card. Ugo Candido (ex-amico che aveva contribuito alla sua elezione a Papa). Il Papa fu accusato di essere un ambizioso che voleva togliere l’Italia ad Enrico, congiurando insieme alla contessa Matilde di Canossa, in una intesa fatta di stregoneria e di rapporti peccaminosi. L’accusa era sfacciatamente e chiaramente calunniosa che molti Vescovi presenti la ritennero falsa, inverosimile ed incredibile. Tuttavia Enrico si sentí autorizzato a ritenere Gregorio indegno del soglio pontificio e gli invió una dichiarazione di disubbidienza, sottoscritta dai vescovi tedeschi e approvata anche dai vescovi lombardi.
Ecco il testo del terribile documento:

“Enrico, Re non per usurpazione, ma per volontà di Dio, ad Ildebrando, falso monaco e non papa. Tu hai meritato questo saluto per la tua condotta poiché non vi è ordine nella chiesa che tu non abbia colmato non d’onore ma di confusione, non di benedizioni ma di maledizioni.
Per non accennare che alle cose più importanti, tu non hai disdegnato di infierire contro i capi della Chiesa, contro gli Unti del Signore, quali gli Arcivescovi, i Vescovi e i preti; li hai calpestati come schiavi per non far sapere quello che fa il loro padrone. Con questa tua condotta verso di loro ti sei procacciato il favore della moltitudine e da allora hai creduto che tu sapessi tutto e che gli altri nulla sapessero. Tu hai cercato d’impiegare questa pretesa scienza non per edificare ma per distruggere; per questo noi possiamo pensare che S. Gregorio di cui usurpasti il nome – profetasse di te quando disse: Spesso il numero di quelli che sono sottomessi riempie d’orgoglio l’animo di chi comanda; egli crede di sapere più di tutti vedendo che può più di tutti” .

Noi abbiamo sopportato tutto ciò perché ci preme di serbare intatta la Santa Sede; ma tu hai scambiata per paura la nostra umiltà e perciò non hai temuto di erigerti contro la potestà regia che Dio ci ha commesso ed hai osato minacciare di togliercela come se avessimo ricevuto da te la corona, come se in tuo potere e non in potere di Dio fossero il regno o l’impero.

Pertanto Nostro Signore Gesù Cristo ha chiamato noi al trono e non ha chiamato te al sacerdozio. Con l’astuzia, con la frode, con tutti i mezzi che la religione condanna, tu sei giunto al sommo pontificato; con l’oro hai guadagnato il favore del popolo e per questo favore hai acquistato una potenza di ferro, per questa potenza sei salito al seggio della pace e da questo seggio hai turbato la pace, armando i soggetti contro i loro capi ed insegnando che i nostri vescovi, da Dio chiamati al sacerdozio, dovevano essere disprezzati, come se Dio non li avesse chiamati; eccitando i laici ad usurpar l’autorità dei vescovi sui preti, per far deporre o disprezzare coloro che essi avevano ricevuto, dalla mano di Dio, come pastori per l’imposizione delle mani.
Io che, sebbene indegno sono consacrato re e come tale, seguendo la tradizione dei Padri, non posso essere giudicato che da Dio e non posso esser deposto se non per l’abbandono della fede, poiché i Santi Padri hanno consegnato Giuliano l’Apostato al medesimo giudizio di Dio, io sono stato attaccato da te. Un vero papa, S. Leone, scrive
“Temete Dio! Onorate il re!”. Ma siccome tu non temi Dio così non onori me, che Egli ha voluto re.
Poiché tu sei colpito da anatema e condannato per sentenza di tutti i nostri vescovi e della nostra, discendi! Lascia il trono che hai usurpato! Cha la sedia di S Pietro sia occupata da un altro che non cerchi di coprire la violenza con il manto della religione e insegni la santa dottrina dell’Apostolo. Io, Enrico, re per grazia di Dio, con tutti i nostri vescovi ti dico: Discendi ! Discendi !”

Il Papa, in un sinodo convocato in Laterano, il 22 Febbraio 1076 risponde con la solenne scomunica di Enrico, alla presenza dell’Imperatrice Agnese (madre di Enrico IV) e di Matilde di Canossa. La scomunica colpisce oltre al re, anche i Vescovi ribelli di Germania e Italia e scioglie i sudditi dal giuramento di fedeltà.

Ecco la sua risposta:

“O Pietro, in qualità di tuo rappresentante, ho ricevuto da Dio la potestà di legare e sciogliere nel cielo e sulla terra. Investito di tal potere, per l’onore e per la difesa della tua Chiesa, nel nome del Dio Onnipotente, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, con il tuo potere e la tua autorità, io dichiaro deposto dal trono, e tolgo di mano il governo dell’Italia e della Germania a Enrico IV, che con inaudita superbia si levò contro la tua Chiesa; io sciolgo tutti i sudditi dal vincolo di giuramento di fedeltà che gli hanno prestato o gli presteranno; vieto ad ogni uomo di servirlo come re perché chi si è eretto contro l’autorità della Chiesa non è più degno di rivestire autorità alcuna.
E’ conveniente che perda il suo onore colui che si sforza di sminuire quello della Chiesa. Io in tuo nome, Pietro, lo avvinco con il laccio dell’anatema e, fiducioso in te, lo avvinco in modo che tutti i popoli conoscano e tocchino con mano che tu sei Pietro, e sopra questa pietra, il figlio di Dio vivo edificò la sua Chiesa e le porte dell’inferno non prevarranno sopra di essa”.

La sentenza irrita Enrico.
L’opinione pubblica si schiera dalla parte del Papa.
Una specie di ira divina sembra colpire i colpevoli, molti dei quali muoiono uno dopo l’altro. I principi avversari di Enrico ne approfittano per ribellarsi: c’è il pericolo di una guerra civile. L’unica salvezza è il perdono del Papa. I principi pongono al Re una alternativa: lo riconosceranno ancora come loro Re, se otterrá la revoca del Papa. Gli danno appuntamento ad Augsburg per una conferma o per una deposizione, il 2 Febbraio 1077.
Enrico non sa decidersi. Non vuole piegarsi! Quando viene a sapere che il Papa in Dicembre del 1076 è giá in viaggio verso Augsburg, si decide ad andare in Italia con un esercito e ad avviarsi verso Roma.
Il Re voleva ritrovare proprio in Italia, e in particolare da parte dei Vescovi lombardi, avversi a Gregorio VII, quel sostegno che gli era venuto a mancare in Germania Non era quindi per mostrarsi penitente di fronte al Papa, che Enrico scendeva in Italia, ma per rilanciare la lotta. Con questa mossa Enrico IV prendeva l’iniziativa e sconvolgeva i piani del Papa.
C’è un momento di smarrimento. Gregorio VII si trova a Mantova. Lascia Mantova e si rifugia presso Matilde, nella fortezza di Canossa, meglio protetta e difendibile.

c) Matilde di Canossa

Matilde di Canossa è un personaggio importante nella storia del Medioevo europeo e forse la figura femminile piú interessante dell’epoca. Probabilmente nacque a Mantova nel 1046, dove il padre aveva una reggia. Poi fu costretta a fuggire con la madre Beatrice di Lorena, perché suo padre Bonifacio di Canossa fu assassinato e morirono misteriosamente anche un suo fratello e una sua sorella.
La madre Beatrice si risposó con un vedovo, Goffredo il Barbuto. Il quale, a sua volta, aveva un figlio, Goffredo il Gobbo. Alla morte del patrigno, Matilde sposó il suo “fratellastro” ed ebbe una figlia, che morí in fasce. Infelice nel matrimonio, Matilde, dopo la morte della sua neonata, fuggí dal marito e si rifugió presso la madre a Mantova e poi a Pisa. Qui morí la madre nel 1076. Matilde ereditó dal padre Bonifacio e poi dal secondo marito della madre, Goffredo, e poi dalla madre stessa, le ricchezze e i feudi che comprendevano l’Italia centro-settentrionale e la Lorena. Essa aveva piena consapevolezza dei suoi diritti e della sua potenza. Sola, libera dai legami familiari, entró in pieno nella lotta tra Impero e Papato. Essendo cugina di Enrico IV (da parte della madre) Matilde tentó la strada della rappacificazione; poi, davanti alla ipocrisia del Re, e seguendo la sua profonda religiositá (ereditata dalla madre e dal precettore S. Anselmo di Lucca) diventó aperta sostenitrice del Papato e della riforma della Chiesa. Intanto nei suoi territori e attorno al suo castello, fervevano dall’una e dall’altra parte sia i preparativi militari sia le trattative di pace. Fino all’ultimo, Enrico IV voleva usare l’esercito come mezzo di pressione per far cedere Gregorio VII. Intanto si incontró con sua cugina Matilde, con Ugo (l’abate di Cluny, che era anche suo padrino) e con sua suocera Adelaide di Torino. Grazie alla loro mediazione, il Re si convinse che condurre una guerra sarebbe stato difficile, lungo e rischioso. E accettó di “umiliarsi”. Il 25 Gennaio 1077 chiese di essere ricevuto dal Papa, ma il Papa non lo fece entrare. Fu ricevuto dopo 3 giorni e 3 notti passate sotto la neve e la gelida tramontana, scalzo e vestito di sola lana e con la rabbia nel cuore per aver accettato di fare la parte del penitente. Ma era sicuro del buon esito! Gregorio al terzo giorno lo ricevette nella cappella del castello, ascoltó la sua richiesta di perdono, lo riammise nella comunione dei fedeli e gli somministró la Comunione. Il Re, umiliato giuró di accettare le condizioni del papa senza discutere, di discolparsi alla dieta di Augsburg e la sottomissione dell’autoritá imperiale a quella papale.

Ma in cuor suo meditava la vendetta.

4) Gli sviluppi della situazione
Intanto in Germania, nonostante la revoca della scomunica, il popolo e la maggior parte dei principi, non volevano piú Enrico come Re. Una volta saltata la dieta di Augsburg (boicottata dallo stesso Re), essi si riunirono a Forchheim ed elessero Re suo cognato Rodolfo di Svezia, che venne incoronato a Mainz.
Al suo ritorno in Germania, Enrico cercó di riguadagnare il trono. La Germania era divisa in due, e il Papa Gregorio cercó di riunirla. Ma la sue trattative fallirono. Enrico sconfisse Rodolfo e rinnegó tutti i giuramenti fatti a Canossa. Il Papa in un concilio romano, il 7 Marzo 1080 scomunicó di nuovo Enrico IV e confermó Re della Germania Rodolfo di Svezia. Ma questa seconda scomunica non ebbe l’effetto della prima. Enrico IV reagí immediatamente e a Brixien, il 25 Giugno 1080 convocó un concilio dei Vescovi tedeschi e depose il Papa, accusandolo di assassinio, di simonia e di eresia. Il Papa venne deposto e al suo posto fu eletto l’arcivescovo di Ravenna, Guiberto, con il nome di Clemente III, chiaramente un antipapa. La situazione si fece drammatica per Gregorio. Al nord poteva contare solo su Matilde. Al sud cercó di riagganciare i rapporti con i Normanni, ai quali chiese aiuto e intervento. Ma la posizione di Enrico IV si rafforzava. Nonostante il popolo e i principi gli fossero contro, egli sconfisse definitivamente Rodolfo, scese in Italia, ignoró completamente il Papa, asserragliato in Castel S. Angelo e consacró Papa, il 24 Marzo 1083 in Laterano, Clemente III. Dieci giorni dopo si fece incoronare da lui Imperatore. Due mesi dopo, arrivava dal Sud il tanto atteso aiuto dei Normanni, da parte di Roberto il Guiscardo. Enrico IV e l’Antipapa Clemente III fuggono verso il Nord. I Normanni prendono possesso di Roma, liberano Gregorio VII, ma mettono a ferro e fuoco la cittá, che viene quasi completamente distrutta. Gregorio scongiuró Roberto di porre fine al massacro ed egli ubbidí. Fece ritirare le truppe verso il Sud e si portó dietro anche Papa Gregorio, per proteggerlo dai romani, ormai inferociti contro i Normanni e contro lo stesso loro Papa. Gregorio VII non aveva piú seguaci; Matilde era lontano… I romani accolsero, allora, Clemente III da Tivoli. Il grande Papa Gregorio VII aveva perso, in pratica, la sua battaglia in nome della “giustizia” divina (ossia del “diritto di Dio”). Morí il 25 Maggio 1085 a Salerno, dopo aver pronunciato le seguenti parole, divenute celebri: “Ho amato la giustizia (cioè, i diritti di Dio) e odiato l’iniquitá, per questo muoio in esilio”. Queste parole rivelano, da un lato, la sua altissima concezione del programma riformatore, al quale aveva consacrato tutta la sua vita, e dall’altro, la coscienza del suo fallimento, almeno nell’immediato.

Conclusione

Gregorio VII troppo spesso volle l’impossibile. E il possibile lo volle con troppa veemenza. Ma fu un Santo. Egli, robusto di carattere, di pensiero e di azione, anche nelle cose dello spirito, riuscì a dare alla Chiesa la sua libertá di pensiero e di azione. Con la sua santa impazienza voleva anticipare il Regno di Dio su questa terra.
Gregorio miró troppo in alto: voleva ridurre l’Europa a uno Stato ecclesiastico romano, nel quale i singoli Paesi dovevano considerarsi feudi della Chiesa, al servizio del Papato, e tutti i sovrani della terra, sudditi del Pontefice.
Egli non poté realizzare il suo programma, ma pose le fondamenta. Infatti giá circa 40 anni dopo, nel Concordato di Worms (1122) l’Imperatore rinunciava definitivamente alla tradizionale investitura e al conferimento del potere ecclesiastico. Il vero trionfo di Gregorio VII è costituito, quindi, dai secoli seguenti. Con lui la Chiesa cominció a vincere le battaglie per l’elezione dei Vescovi e degli abati e ad estromettere l’Imperatore negli affari della Chiesa. Era giá qualcosa, in una lotta tragica, in cui entrambe le parti, probabilmente, avevano ragione. E con Papa Innocenzo III (1198-1216) il programma di Gregorio VII fu pienamente realizzato: la Chiesa come Impero e il Papa come Imperatore, nel possesso illimitato del suo potere.

Quarto periodo: la nascita delle nazioni (13°-15° sec.)
Ma proprio quando la Chiesa ha raggiunto il massimo del suo potere, comincia la decadenza.
Era esagerata la pretesa della Chiesa di governare l’Occidente.
I successori di Innocenzo III non avevano la sua personalità forte, non avevano le sue capacitá di tenere a bada i sovrani dell’Occidente nella loro assurda ed esagerata pretesa di comandare anche sulla Chiesa e lentamente le controversie ripresero, ma questa volta con un  papato sempre piú debole.
Cominciarono con Federico II il quale, pur religioso e fedele al Papa,  mal sopportava lo strapotere di Roma; egli diventó il simbolo di tutte le critiche contro la Chiesa di questo periodo: aveva dalla sua parte i vescovi tedeschi e una parte dei cardinali, oltre che vari nobili dell’Italia.
Federico aveva il proposito di sottomettere l’Italia all’impero germanico, favorendo l’instaurarsi di signorotti ostili al Papa.  Nel novembre 1237 Federico colse una notevole vittoria sulla Lega Lombarda, conquistando il Carroccio che inviò in omaggio al papa. L’anno successivo il figlio Enzo sposò una Nobildonna di Torres e Gallura  (Sardegna) e Federico lo nominò Re di Sardegna. Ciò non poteva essere accettato dal papa, visto che la Sardegna era stata promessa in successione al papa dalla stessa Nobildonna. Alle proteste del Papa, Federico rispose tentando di sollevargli contro la curia romana, e il papa lo scomunicò, indicendo anche un concilio a Roma per la Pasqua del 1241. Federico, per impedire lo svolgimento del Concilio che avrebbe confermato solennemente la sua scomunica, bloccò le vie di terra per Roma e fece catturare i cardinali stranieri in viaggio per mare dalla flotta comandata dal figlio Enzo con una battaglia navale avvenuta presso l’isola del Giglio. Le truppe imperiali giunsero alle porte di Roma, ma il 22 agosto 1241 l’anziano papa Gregorio IX morì[16] e Federico, dichiarando diplomaticamente che lui combatteva il papa ma non la Chiesa (egli era sempre sotto scomunica), si ritirò in Sicilia.
Con Innocenzo IV, il 31 marzo 1244 fu preparata in Laterano una bozza di accordo fra Federico lo stesso Papa che prevedeva, in cambio del ritiro della scomunica, la restituzione di tutte le terre pontificie occupate dall’imperatore, ma nulla diceva sulle conquiste in Lombardia. L’accordo non fu mai firmato.
Papa Innocenzo IV, peró, decise che la conquista della Lombardia da parte dell’Imperatore, non poteva essere accettato. Attraverso un Concilio confermò la scomunica a Federico, lo depose, sciogliendo sudditi e vassalli dall’obbligo di fedeltà, ed invitò i nobili elettori tedeschi a proclamare un altro imperatore.
Papa Bonifacio VIII (1294-1303), poi,  perseguì una decisa riaffermazione dei privilegi e del potere pontificio, sia all’interno degli Stati della Chiesa che in ambito europeo. Tale politica lo mise in contrasto da un lato con le potenti famiglie feudatarie romane (in particolare i Colonna), dall’altro con i monarchi europei e principalmente con il re di Francia Filippo il Bello. Lo scontro fu durissimo su entrambi i fronti. Bonifacio VIII morí, ma gli scontri continuarono. Da una parte Filippo il Bello voleva proclamare l’autonomia della chiesa francese da Roma; dall’altra parte, i nobili romani iniziarono di nuovo a combattersi tra di loro, in modo tale che rendevano malsicura non solo Roma, ma anche l’incolumità del Pontefice.
L’insicurezza di Roma suggerì ai Cardinali di tenere il conclave a Perugia, per l’elezione del nuovo Papa: durò ben undici mesi. Alla fine raggiunsero un compromesso. Fu eletto un Vescovo francese (l’Arcivescovo di Bordeaux) che non era nemmeno presente al Conclave. Prese il nome di Clemente V. Il nuovo Papa chiese ai cardinali di raggiungerlo a Lione per l’incoronazione. Essi acconsentirono e, dopo la cerimonia, Clemente V fece ritorno a Bordeaux, ma poi si trasferí ad Avignone, che era un territorio che apparteneva al Re di Napoli (da cui lo comprò per la somma di 80.000 fiorini), ma che si trovava vicino ad un territorio di proprietá pontificia.
Come previsto dai cardinali, Filippo il Bello si mostrò accomodante col Pontefice. Il Papa, in Francia, poteva sentirsi a casa propria e allo stesso tempo era vicino ai luoghi ed ai personaggi intorno a cui si giocavano i destini della Chiesa. Oltre a ció, le notizie che arrivavano da Roma circa l’ordine pubblico, sconsigliavano il ritorno del Pontefice nella sua sede storica. Il papa considerava provvisoria questa sede.
Lui e i suoi successori organizzarono varie spedizioni militari nello Stato Pontificio per creare le situazioni favorevoli al ritorno del papa a Roma, ma senza successo. Il papa Gregorio XI (1370-1378) venne sollecitato da molte parti a tornare a Roma: in questa opera di convincimento fu molto attiva Caterina da Siena. Il Pontefice si rendeva conto che la situazione di Roma sembrava volgere al meglio. Non si poteva ancora rimandare, senza correre il rischio di vedere la fine del concetto stesso di Santa “Romana” Chiesa. Il 27 gennaio 1377 il Papa fece solenne rientro a Roma: da allora e sino ai giorni nostri, questa città sarebbe rimasta la sede del Sommo Pontefice e della Curia romana.
La cattività (captivus = prigioniero) avignonese rappresenta certamente un periodo difficile per la Chiesa; la indebolì molto, non tanto per la scelta del trasferimento in sé quanto per le conseguenze che esso portò:

1) confinante con la Francia e guidata da Pontefici di nazionalità francese, la Chiesa venne vista come serva degli interessi della monarchia francese.
2) Avignone venne presa d’assalto da banchieri, artigiani ed artisti che da sempre gravitavano intorno alla Corte pontificia: ma, se costoro erano di casa a Roma e nessuno se ne scandalizzava, tutti stipati nella piccola Avignone essi davano l’impressione ai visitatori di trovarsi in un perpetuo mercato. Infatti aumentavano le compravendita di cose sacre e di cariche sacre (simonia); ci fu una corsa sfrenata e ingiustificata a chi poteva fare piú favori e dare piú cariche ai parenti del Papa (nepotismo), ecc. E ció procurò un grave danno alla Chiesa.
3) Le enormi spese dovute alla creazione di nuove strutture per la Corte pontificia (ad esempio il Palazzo dei Papi) causarono il crollo delle entrate pontificie: per ovviare a questi problemi economici, i Pontefici appesantirono le tasse sino a portarla ai limiti del sopportabile e tutto divenne motivo per ricuperare fondi (vendite di indulgenze, vendita degli annullamenti di matrimoni, ecc). Le eccessive tasse diede l’impressione che la Chiesa fosse diventata più un centro finanziario che spirituale.
Il ritorno del papa Gregorio XI a Roma non piacque ai cardinali francesi.
Dopo la sua morte elessero un italiano, Urbano VI (1378-1389), rigido di costumi, contrario allo spirito di Avignone, contro la simonia, ma ancora dell’idea che il papa avesse un potere illimitato, compreso il diritto di deporre i re e tutti i principi.
Dopo 3 mesi, si pentirono di averlo eletto e gran parte dei cardinali che lo avevano eletto e riconosciuto come legittimo Papa, dichiararono invalida la sua elezione e nello stesso anno 1378 elessero un altro papa (Clemente VII (1378-1394) parente del Re della Francia. Era chiaramente un anti-Papa. Scortato dai militari si recó ad Avignone, creó altri cardinali e formó una nuova Curia, opposta alla Curia di Roma. In Occidente era nato uno scisma.
La cristianità, a livello di Sovrani e a livello di popolo, si divise in 2 obbedienze papali quasi uguali, una romana, una avignonese. Alla loro morte, i 2 Papi ebbero ciascuno il suo successore. Dappertutto si trovavano di fronte i sostenitori dei due papi, non solo tra le Nazioni, ma anche nei singoli vescovadi, nei monasteri, nelle parrocchie e perfino nelle famiglie. Sorse un caos indescrivibile. I 2 Papi si scomunicavano vicendevolmente. La Chiesa sembrava sgretolarsi. Mai aveva dovuto sostenere una simile prova. Cresceva sempre piú un ardente desiderio di unitá.
Quando la situazione si fece insopportabile e la rivalitá tra i 2 Papi si manifestó in maniera scandalosa, i 2 partiti di cardinali organizzarono un Concilio a Pisa (nel 1409). Volevano risolvere il problema dell’unità della Chiesa. Infatti, il Concilio depose i 2 Papi in carica, Gregorio XII (Papa legittimo) e Benedetto XIII (anti-Papa) li dichiaró entrambi eretici e scismatici ed elesse un nuovo papa, Alessandro V (1409-1410), il quale mise la sua sede papale a Bologna. Era successo un fatto di enorme scandalo: un Concilio generale che depone un Papa legittimamente eletto e un Antipapa, e contro ciascuno di loro muove l’accusa di essere eretico e scismatico! Era il colmo! Il male aveva messo profonde radici nella Chiesa. Nessuno dei 2 papi deposti, cedette: ora, invece di 2 Papi se ne ebbero 3 (con 3 residenze: Roma, Avignone, Bologna!). Quando un anno dopo Alessandro V (chiaramente anti-Papa) morí, fu eletto Giovanni XXIII, anch’esso anti-Papa. Ma questo nuovo papa non era per niente degno. Ció fece sentire piú forte il bisogno di convocare un nuovo Concilio, questa volta a Konstanz .
Il Concilio di Konstanz fu uno dei concili piú splendidi della storia della Chiesa.  Questo Concilio depose i 2 Antipapa (Benedetto XIII che aveva sede il Avignone, e Giovanni XXIII che aveva sede a Bologna), riconobbe il vero papa Gregorio XII, che aveva sede in Roma) e poi si chiuse. Il Papa Gregorio XII, che si comportò con grande dignitá, lo convocò di nuovo subito (perché un Concilio, per essere valido, deve essere convocato dal Papa) e, dopo averlo convocato, proprio per il bene dell’unitá della Chiesa, si dimise volontariamente (aveva 90 anni!). In questo modo diede la possibilità al Concilio di eleggere un nuovo Papa legittimo, che fu Martino V (1417-1431): la Chiesa era di nuovo unita, finí la Scisma d’Occidente e con esso il piú grande scandalo della storia.
Coloro che ci guadagnarono dallo Scisma d’Occidente furono le potenze politiche. Certo non si poteva piú parlare di supremazia del papa nei confronti della Germania, della Francia, dell’Inghilterra, le quali potenze avevano ormai una legislazione propria, sganciata dalla Chiesa.
Col Papa Niccoló V (1447-1455) finisce il Medioevo ed entriamo definitivamente nel periodo dell’etá Moderna. Che il Medioevo sia finito sta a testimoniarlo anche la caduta di Costantinopoli, ossia la caduta dell’Impero Romano d’Oriente (chiamato anche Impero Bizantino, dalla capitale che si chiamava Bisanzio, l’antica Costantinopoli).

Appendice: La Chiesa in Oriente

L’impero Bizantino, dopo una lunga crisi, cessò di esistere nel 1453 (conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi guidati da Maometto II). Nato il 17 gennaio 395 e caduto il 29 maggio 1453, quello bizantino è l’impero che è durato più a lungo nella storia, con 1058 anni da stato sovrano.
Cosa è successo alla Chiesa d’Oriente in questo periodo?
Anticamente la Chiesa era divisa in PATRIARCATI.
I più importanti patriarcati della chiesa antica erano cinque:
Patriarcato di Roma (corrisponde alla Chiesa latina, il cui patriarca è il Papa)

Patriarcato di Alessandria

Patriarcato di Costantinopoli

Patriarcato di Gerusalemme

Patriarcato di Antiochia

Nessuno dei 5 prevaleva sull’altro; erano tutti in Comunione tra di loro, ma c’era una indipendenza reciproca. Il Patriarca di Roma (che all’inizio non si chiamava Papa, ma Patriarca) aveva un Primato di amore (e di onore, non di giurisdizione) sugli altri patriarchi. Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476, ci fu il tentativo non riuscito degli Imperatori d’Oriente di spostare il Primato nella Chiesa cristiana, dal Patriarcato di Roma al Patriarcato di Costantinopoli.  Per la Chiesa Cristiana inizia il lento processo di allontanamento tra le sue due anime, quella Latina e quella Greca, che condurrà al grande Scisma del 1054.
Mentre in Oriente l’Impero regge agli urti degli invasori e, seppur tra alti e bassi, riesce a mantenere la sua autorità, nell’Europa Occidentale, invece, come abbiamo visto, sotto la spinta delle invasioni barbariche, cade il vecchio sistema Imperiale; fenomeno, questo, che condurrà la Chiesa Occidentale a sostituirsi al vecchio potere assumendo anche un’autorità temporale, a differenza della Chiesa Orientale che, sotto la protezione dell’Imperatore, si limiterà per secoli quasi esclusivamente alle questioni teologiche e dottrinali.
Il VI e il VII secolo sono quindi caratterizzati da una serie di concili che mirano a combattere i movimenti eretici che ancora attraversano il mondo cristiano, e mentre la Chiesa di Roma pone le basi per quello che sarà il suo futuro potere temporale, a Oriente la Chiesa si specializza in problemi e discussioni teologiche.

CONCLUSIONE
La storia della Chiesa non è fatta solo di lotte, di guerre, di potere, di liti, di controversie.
Nella storia della Chiesa ci sono movimenti che veramente aspiravano alla santitá, a diffondere nel mondo il Regno di Dio, a seguire Cristo e il suo stile di vita.
Il piú importante movimento di questo tipo è il MONACHESIMO.
Il Monachesimo è un modo di vivere la propria religiosità, caratterizzata da rinunce agli interessi terreni, per dedicarsi in modo più completo all’aspetto spirituale, coinvolgendo la propria esistenza
Chi sono i Monaci?
I Monaci sono cristiani che per vivere in modo piú perfetto gli insegnamenti di Cristo, si allontanano dalla normale vita sociale. Finite le persecuzioni, esplose dappertutto il bisogno di seguire Cristo povero, obbediente al Padre, che si ritira sulla montagna a pregare. Nelle città, donne e uomini si allontanavano dalla società e vivevano nel silenzio e nella preghiera nelle loro case, nei deserti, sulle isole, lungo le coste del mare, sulle cime dei monti.
Nel IV secolo i monaci erano ormai dappertutto.
Il Monachesimo (dal greco “monos” = solo, unico), in questo periodo, sará una grande forza religiosa e sociale nella Chiesa, destinata ad essere la guida del mondo cristiano: il cristianesimo medioevale infatti sará un cristianesimo monastico.
Il Monachesimo iniziò in Oriente giá nel 3° secolo.



      


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