PAPA’…

Mio padre usciva di casa ogni mattina! E ogni sera, quando tornava, era felice di rivederci. Lui solo era capace di aprire il vasetto dei sottaceti, quando gli altri non riuscivano. Era l’unico che non aveva paura di andare in cantina da solo. Si tagliava facendosi la barba, ma nessuno gli dava il bacino o si impressionava per questo. Quando pioveva, ovviamente, era lui che andava a prendere la macchina e la portava davanti all’ingresso di casa. Se qualcuno era ammalato, lui usciva a comperare le medicine. Aggiustava il rubinetto quando perdeva acqua. Quando io o mio fratello avevamo la febbre all’asilo, era lui, che lasciato il lavoro, correva a prenderci. Metteva le trappole per i topi, potava le rose in modo che ci si potesse affacciare alla porta d’ingresso senza rischiare di pungersi. Quando mi regalarono la mia prima bicicletta, pedalò per chilometri accanto a me, finché non fui in grado di cavarmela da sola. Una volta gli preparai il tè. Era solo acqua zuccherata, ma lui era seduto su una seggiola e lo bevette piano piano dicendo che era squisito. Ogni volta che giocavo con le bambole, la bambola mamma aveva un sacco di cose da fare. Non sapevo invece che cosa far fare alla bambola papà, così gli facevo dire: “Bene, adesso esco e vado a lavorare”, poi la buttavo sotto il letto. Quando avevo nove anni, un mattino mio padre non si alzò per andare a lavorare. Andò all’ospedale e morì il giorno dopo. Allora andai in camera mia e cercai la bambola papà sotto il letto. La trovai, la spolverai e la misi sul mio letto. Non immaginavo che la sua scomparsa mi avrebbe fatto tanto male. Ancora oggi che sono grande, non so perché. O forse, sí! E’ da molti anni che è morto mio padre e ancora oggi sento fortemente il rimorso di non avergli mai detto: Papà, ti voglio bene!

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