LA SFERA MAGICA

In un piccolo villaggio, su un cocuzzolo di montagna, gli abitanti vivevano felici e soddisfatti. I bambini giocavano nei cortili ombreggiati o correvano per le stradine. Gli adulti, invece, lavoravano cantando o chiacchierando allegramente tra di loro. Ogni anno una cicogna tornava al suo nido, sul tetto più alto del villaggio. «Porta fortuna», dicevano gli abitanti ogni anno che la vedevano arrivare. In una casetta, non lontana dal villaggio, abitava con i genitori e la nonna il pastorello Gennaro. Ogni mattina, all’alba, partiva con il suo gregge verso le colline piene di sole, ma pietrose, alla ricerca di un po’ di pascolo per le sue capre. Nelle lunghe ore di attesa suonava dolcemente il suo flauto di canna. Tornava solo a sera, sempre allegro. Salutava gli amici del villaggio, quindi rientrava a casa. Dopo aver cenato con pane, latte e formaggio di capra, la nonna gli raccontava le antiche leggende della loro terra. Ben presto Gennaro si addormentava, sognando di volare libero come un uccello tra le stelle.
Un giorno, mentre pascolava come sempre le capre tra gli alberi degli ulivi, Gennaro notò una strana luce dietro un cespuglio. Avvicinatosi, scostó i rami, e vide una meravigliosa sfera di cristallo da cui usciva una luce bianco-azzurra. Con molta attenzione il pastorello la prese e la guardó a lungo. «Che cosa può mai essere?», si chiese meravigliato, mentre la girava e la rigirava tra le mani. «Esprimi un desiderio», gli disse improvvisamente una dolcissima voce che usciva dalla sfera di cristallo. «Qualunque cosa tu desideri, io te la darò». Gennaro non credeva alle proprie orecchie. Si sedette sulla riva di un ruscelletto, mise la sfera di cristallo sull’erba e cominciò a pensare. Quante, quante cose avrebbe voluto! «Bisogna che scelga qualcosa di veramente straordinario», pensò. «Forse di saper volare, o di fare un lungo viaggio su una barca attraverso i mari. Aspetterò fino a domani, così avrò più tempo per pensare», decise alla fine. Quindi mise la sfera di cristallo nella bisaccia, radunò il gregge e si avviò verso casa, dicendo a se stesso che non avrebbe parlato con nessuno della favolosa scoperta. Il giorno dopo Gennaro non era ancora riuscito a decidere quale desiderio esprimere. Nulla, assolutamente nulla gli sembrava così prezioso, importante e indispensabile da dover essere desiderato. Le giornate continuarono così a trascorrere come sempre. Spesso si sedeva all’ombra di un albero, tirava fuori dalla bisaccia la sfera magica e ascoltava la piccola dolcissima voce che gli diceva sempre: «Esprimi un desiderio, qualunque desiderio…». Gennaro sorrideva, ma non sapeva che cosa rispondere. Ogni sera la nonna gli raccontava sempre leggende e storie fantastiche, e Gennaro, sognando di visitare ad una ad una tutte le stelle del cielo, si addormentava felice quanto mai. Gli abitanti del villaggio cominciarono a meravigliarsi. Da qualche tempo Gennaro appariva molto piú felice del solito. «Suona persino più dolcemente il flauto», dicevano tra loro incuriositi; e decisero di spiarlo giorno e notte. Era estate, e il pastorello spesso dormiva sulle colline. Così un bambino del villaggio seguì Gennaro al pascolo, senza farsi vedere. Verso sera, si nascose dietro un albero di ulivo per poterlo vedere da vicino. Poco dopo, lo vide tirare fuori dalla bisaccia un palla luminosa e, tenendola fra le mani, lo vide pensare a lungo, con gli occhi chiusi. Il bambino aspettó che Gennaro si addormentasse, quindi gli si avvicinò in punta di piedi, gli rubò la sfera di cristallo e corse al villaggio desideroso di far vedere a tutti che cosa avesse scoperto di meraviglioso. Subito gli abitanti si riunirono pieni di curiosità attorno alla misteriosa sfera. Uno di loro la prese in mano chiedendosi da dove potesse mai essere arrivata. Nello stesso momento udì la piccola dolcissima voce che lo invitava a esprimere un desiderio. «Voglio un sacco pieno d’oro!» disse subito, senza incertezza. Immediatamente, chi gli stava accanto gli strappò la sfera di mano e gridò: «Io, invece, voglio due casse stracolme di pietre preziose!». In breve tutti si scatenarono. Chiesero castelli al posto delle vecchie case, stanze piene di diamanti, mobili d’oro massiccio e sacchi di perle. Tutti i desideri furono immediatamente esauditi. Le vecchie case si trasformarono in castelli con portoni d’oro, e ognuno ebbe i tesori che aveva chiesto. Ma poiché nessuno aveva pensato di desiderare anche un bel parco, ogni giardino, ogni fiore e ogni albero erano spariti e tutto il villaggio era diventato di pietra. Tuttavia nessuno aveva tempo per badare a questo. Tutti erano occupatissimi a contare le proprie ricchezze e a invidiare quelle degli altri. Chi aveva chiesto mucchi di monete d’oro invidiava le pietre preziose del vicino. Chi aveva un lussuoso castello invidiava i sacchi di perle di quelli della via accanto. Chi aveva scrigni di gioielli si lamentava: «Oh, avessi pure io un grande castello come quelli che hanno gli altri!». Quando giunse in volo la cicogna, si spaventò. Del suo nido non c’era infatti più nessuna traccia. E nessuno tra gli abitanti del villaggio le gridò: «Bentornata tra noi!». La gente divenne chiusa e cattiva. Nessuno parlava più con gli altri. Poiché non c’erano più giardini, i bambini non sapevano più dove giocare. Si annoiavano e divennero tristi. Litigavano tra di loro. Solo Gennaro e la sua famiglia erano ancora felici. Gli altri, invidiosi, si chiedevano che cosa avesse mai desiderato Gennaro per essere sempre così di buon umore e per continuare serenamente a suonare il flauto e a portare le capre a pascolare su colline tanto sassose. Gennaro non entrava più nel villaggio. Lì nessuno voleva più essere amico degli altri. Tutti preferivano starsene chiusi nei loro castelli a contare le monete d’oro e le altre ricchezze. Ma ogni sera arrivava di lontano, fino al villaggio, il dolce suono del flauto del pastorello, e questo cominciò a toccare i cuori di alcuni tra gli abitanti. I primi a fare qualcosa furono i bambini. Decisero di andare da Gennaro per restituirgli la sfera magica e confidargli come fosse diventata insopportabile la vita nel villaggio. «Quando c’era il nostro vecchio villaggio, potevamo giocare tutto il giorno» spiegarono a Gennaro i bambini. «E perché non è più così?», chiese Gennaro. «Abbiamo case nuove e non ci manca nulla: come mai non riusciamo a essere felici?» si lamentarono con lui alcuni genitori che avevano seguito i bambini. «Inoltre, la cicogna se n’è andata via: ci pare un segno di malaugurio». «Ma tu, che cosa hai chiesto alla sfera magica per essere tanto pieno di gioia?» chiesero tutti insieme a Gennaro che era rimasto ad ascoltarli sorridendo. «Oh, io non ho ancora espresso il mio desiderio» spiegò il pastorello. «Ma se davvero volete che ogni cosa torni come era prima, posso chiedere questo…». «Oh! Magari fosse così!» esclamarono tutti. Gennaro prese la sfera e la giró e rigirò tra le mani. Poi chiuse gli occhi e, con tutto il cuore, desiderò che il villaggio e la vita in esso tornassero come erano sempre stati. Bambini e genitori corsero subito verso il villaggio e lo trovarono in agitazione. Castelli, oro e ricchezze erano spariti. Erano ricomparse le vecchie case e i verdi giardini. La gente tutta contenta, parlava per le strade di ció che era capitato. Sul tetto più alto era tornata al suo nido la cicogna. Da quel giorno tutti ripresero a ridere e ad andare a lavorare nei campi, contenti e amichevoli. E ogni sera le melodie del flauto di Gennaro li facevano sognare di volare liberi come uccelli tra le stelle.

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Gennaro non sapeva esprimere un desiderio, perché in realtà già possedeva la felicità e, pur essendo così piccolo, aveva capito che la felicitá non si trova nelle cose, come invece pensavano i suoi compaesani. E sarà proprio il suono del flauto di Gennaro a risvegliare nel cuore degli abitanti del villaggio il senso di ciò che veramente “conta di più” nella vita: cioè la bellezza di stare insieme, la sincera solidarietà, l’aiuto reciproco, la cordialità, la bontá, l’amore, le tante altre belle virtù dell’anima che ciascuno ha in sé. Stranamente nessuno aveva desiderato tutto questo. Gli abitanti del villaggio non si erano accorti di essere già circondati da persone e cose veramente preziose: non li sapevano riconoscere e andavano dietro a desideri disastrosi. Cerchiamo almeno noi di riconoscere le cose belle che ci circondano e che giá abbiamo: la famiglia, i fratelli, le sorelle, gli amici, l’amore, il lavoro, l’aiuto reciproco, la casa, la solidarietá, la collaborazione, la bontá. Purtroppo la nostra societá, in generale, non sa riconoscere le cose belle che giá ha, e va in cerca di cose nuove che li rende sempre piú egoisti, superbi, invidiosi, opportunisti, insoddisfatti, gelosi, cattivi. Bisogna saper ritrovare la vera felicità he riempie il cuore dell’uomo.

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